Magazine Cultura
Avevo molto amato il lavoro precedente di Alessandro Tota, Yeti, la storia di un diverso e della sua difficile integrazione in un mondo estraneo, al punto che la sua unica espressione “gnu” è diventata parte integrante del mio vocabolario.
Con queste premesse, quando ho visto in libreria il suo nuovo lavoro Fratelli, ricordo di adolescenza ambientato nella Bari degli anni ’90, non ho potuto fare a meno di comprarlo. Questo lavoro ha il merito di ricostruire e comunicare perfettamente il senso di sbandamento che attraversava quella generazione di giovani. Spesso senza una prospettiva, senza un’ideologia di riferimento, strafatti di canne e spesso trascinati nel tunnel dell'eroina.
Tutto questo in una Bari fortemente degradata, attraversata da sbandati di ogni tipo, a volte anche teneri, altre volte pericolosi per se stessi e per gli altri.
Tale affresco della generazione dei giovani degli anni ’90 si compone principalmente di due parti, una prima che dà il titolo all’albo, ossia quella che racconta un frammento di storia di questi due fratelli, Nerone e Cosimo, il primo traffichino e con l’unico obiettivo nella vita di riuscire a “campare” senza lavorare, il secondo dotato di una vena intellettuale, ma un po’ ritardato nella dinamica relazionale, e del loro rapporto con due genitori preoccupati e rassegnati allo stesso tempo. Storia tenera, amara, divertente e tragica allo stesso tempo.
La seconda parte si allontana dalla vicenda particolare dei due fratelli per allargare lo sguardo al gruppo dei loro amici, e in particolare al difficile rapporto con la vita di Claudio e Nicola, il primo studente deluso, incuriosito da poesia e letteratura, ma alla ricerca di esperienze forti che in quegli anni trova solo nella droga, il secondo senz’altra motivazione e spinta emotiva che farsi di cocaina e di eroina. Entrambi di buona famiglia, ma senza che questo riesca realmente a sottrarli a un’atmosfera complessiva priva di stimoli positivi.
Un lavoro complessivamente interessante questo di Alessandro Tota, anche se a mio avviso un po’ discontinuo e frammentato dal punto di vista narrativo e dei contenuti, nonché della cifra emotiva. Un lavoro che, se nella prima parte riesce a toccare corde in qualche modo universali, nella seconda resta un po’ freddamente documentaristico e, girata l’ultima pagina, lascia un po’ di amaro in bocca perché ci si sarebbe aspettati qualcosina di più.
Voto: 2,5/5
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