News: il 24 novembre è una data triste per tutti gli appassionati di musica. Ventitré anni fa se ne andava uno dei più grandi front man della storia del rock, forse la voce più bella che la musica definita “leggera” abbia mai conosciuto. Art rock, Glam rock o più semplicemente “Queen” sono solo alcuni dei nomi che abbiamo imparato a dare all’arte sublime di Freddie Mercury. Farrouck Bulsara, questo il suo vero nome, nacque a Stone Town, in quel tempo capitale di Zanzibar, il 5 settembre 1946.
Emigrato in India all’età di otto anni, poco più che adolescente fece ritorno nella sua città natale, dalla quale fuggì a causa del dissesto politico che avrebbe portato alla formazione dello Stato di Tanzania. Direzione Inghilterra.
Già, forse non tutti sanno che Freddie Mercury è stato uno dei tanti immigrati accolti dalla Gran Bretagna durante i meravigliosi anni ’60. Nel 1970 decise di mettere su una piccola band, i Queen, destinata a cambiare per sempre il destino stesso della musica. Il resto è storia nota. Il successo, il talento, la drammatica lotta contro l’AIDS e la prematura scomparsa lontano dai riflettori. Eppure, ancora oggi, c’è chi si vergogna di Freddie Mercury. C’è un’intera comunità che ha rinnegato ed emarginato questo illustre figlio per la sua omosessualità e la “disonorevole” morte per AIDS. A Zanzibar è quasi impossibile trovare qualcosa che ricordi l’esistenza stessa del leader dei Queen: non una statua, non una sola strada che porti il suo nome o un teatro a lui dedicato. Al massimo qualche piccolo locale notturno con alcuni poster all’ingresso. Nient’altro. Ma forse in questo preciso giorno dell’anno è meglio mettere da parte le polemiche e le lacrime, far partire un polveroso vinile e lasciare che siano le note a ripeterci ancora una volta: “Potete essere tutto ciò che volete, basta diventare ciò che pensate di poter essere. Siate liberi secondo il vostro ritmo. Siate liberi, siate liberi, abbandonate il vostro ego. Siate liberi nei confronti di voi stessi” (Innuendo)