In ritardo di un giorno, pardon. In questo periodo casa la vedo con il binocolo. Mai andata in giro così tanto in vita mia; per compensare, appena tornerò a Novara mi chiuderò nel mio loculo e non ne uscirò fino al 2013 :)
Ho scoperto La porta dell'infinito grazie a questo commento e, complice il fatto che il fantasy, ormai, non mi interessa più come una volta, mi ci sono buttata su come un'affamata. Così ho scoperto: a) un signor romanzo e b) che la fantascienza potrebbe piacermi. Indi per cui, ho trovato qualcosa di nuovo a cui appassionarmi :)
Di Frederik Pohl avevo letto La spiaggia dei pitoni, tempo fa, e Il lungo ritorno, di recente. Nessuno dei due mi era piaciuto particolarmente. Poi è arrivato La porta dell'infinito, ed è stato amore istantaneo!
Il romanzo è la storia di Robinette Brodhead: nel passato, cacciatore spiantato, alla ricerca del colpo grosso che lo sistemi per tutta la vita; nel presente, uomo ricchissimo con ben pochi interessi, al di là di qualche speculazione finanziaria e parecchie avventure sessuali. Nel passato, cacciatore talmente terrorizzato al solo pensiero di intraprendere il viaggio che potrebbe fare la sua fortuna - troppo alte le probabilità di rimediare una brutta, bruttissima fine - da scegliere di fare qualunque altro lavoro, piuttosto, in attesa della "missione giusta". Nel presente, un uomo che non riesce a vivere, in cura presso un computer psichiatra.
Tutta la storia di Robinette si svolge su questi due piani, che si alternano capitolo dopo capitolo. Un espediente che mi ha tenuta incollata alle pagine, desiderosa di sapere cosa sarebbe successo nell'una e nell'altra linea temporale.
La vicenda si apre con la vincita di una lotteria e si chiude con la vincita di un'altra.
Il primo colpo di fortuna consente a Robinette di lasciare la Terra per recarsi su Gateway, l'asteroide-base spaziale degli Heechee - antica razza aliena scomparsa da centinaia di anni, che in Gateway ha lasciato delle navi (da uno, tre e cinque posti) programmate per determinate mete. Non è possibile modificare la destinazione. Solo che, dalla scomparsa degli Heechee, l'universo è andato avanti, è cambiato, così quella che prima era una meta sicura adesso può rivelarsi letale.
Il secondo colpo di fortuna, viceversa, gli permette la fuga da Gateway e da quello che si è lasciato dietro - e che lo perseguita.
In mezzo c'è tanta roba. Davvero tanta e non nel senso della quantità, quanto in quello della qualità. Il romanzo, in sé, è un continuo inseguire il protagonista nella sua fuga da tutto: dalla povertà, dalla paura, dalla solitudine, dal rimorso... Ma i conflitti di Robinette, il modo in cui il computer cerca di farglieli risolvere, le ritorsioni infantili del protagonista, le sue relazioni complicate e, più in generale, la storia delle misteriose navi degli Heechee e della ricerca dei manufatti che hanno abbandonato, sparsi qui e là per l'universo: tutto questo dà vita a un romanzo che ho trovato tanto avvincente da divorarlo in un giorno e mezzo.
Robinette non mi è piciuto, ma non mi ha mai lasciata indifferente. L'ho trovato fin troppo "familiare" nel suo chiudersi a riccio per tenere fuori chiunque possa fargli male, nel suo essere aggressivo nei confronti di Sigfrid (il computer psichiatra: lo ha chiamato così), nel suo intestardirsi a non voler ammettere le sue pulsioni e nel non voler affrontare la causa della sua infelicità.
È un personaggio complicato, pieno di contraddizioni e complessi.
La sua interazione con Sigfrid è fantastica. Il computer è fantastico. Ho adorato il suo chiamare Robinette Bob, Rob o Robbie a seconda dello stato d'animo del suo paziente e del suo bisogno inespresso - e anche ostacolato - di tirare fuori i traumi della maturità, della giovinezza e dell'infanzia. Bellissima - forse l'unico momento LOL, sicuramente EPIC MOMENT, ma anche "terrificante" - la seduta in cui Sigfrid si mostra in forma di orsacchiotto e Robinette, pur protestando, se lo abbraccia e arriva ad ammettere di trovarlo confortevole in quelle sembianze.
Insomma, per non farla troppo luna: La porta dell'inifinito è un romanzo davvero bello - imho. Mi ha sorpresa parecchio, perché gli altri due di Pohl che ho letto sembrano storielle, in confronto - e questo anche se pure in Il lungo ritorno non mancano i cazzotti sotto la cintola.
Prima di chiudere: un'altra cosa che mi è piaciuta molto, e che non mancherò di sfruttare, è l'uso delle side - avvisi, messaggi radiofonici, annunci in bacheca, rapporti di altri cercatori tornati da missioni sicure, estratti di conferenze che Pohl inserisce nel mezzo della narrazione e che rendono più vivida l'ambientazione.
Posto d'onore nel mio (pressoché deserto) scaffale dedicato alla fantascienza! :)