ROMA - Iona del femminismo e del comunismo, emblema del surrealismo indipendente e della forza di volontà: è Frida Kahlo, genio messicano della pittura, che sbarca a Roma, con una mostra alle Scuderie del Quirinale allestita dal 20 marzo al 31 agosto.
Oltre 160 le opere esposte, tra cui due mai esibite prima in Italia. Ben 42 gli oli (la metà di quelli esistenti) della pittrice messicana, che fu capace di armonizzare genialmente i temi della cultura del suo paese e le molte suggestioni delle avanguardie europee.
La selezione messa a punto dalla curatrice Helga Prignitz-Poda, tra le massime esperte mondiali della Kalho, ha puntato a offrire una retrospettiva articolata e complessa della sua produzione dagli esordi agli ultimi lavori trasudanti dolore e rimpianto. E inserendola nell’ampio panorama dei movimenti pittorici con cui si confrontò, sia messicani (soprattutto il celebrato e ingombrante marito Diego Rivera) sia europei.
”L’opera di Frida Kalho è un precipitato di linguaggi, di iconografie straordinarie”, spiega Achille Bonito Oliva, in passato curatore di diverse mostre dedicate alla pittrice messicana, sottolineando come le sue opere siano state influenzate anche dalle avanguardie italiane, come il realismo magico di Bontempelli, e non solo dal Surrealismo, etichetta sempre rifiutata dalla Kalho. Mentre Breton sosteneva che fosse addirittura una ”surrealista naturale”.
”Frida era impegnata in ogni singola opera”, prosegue il critico a dimostrazione del suo coinvolgimento costante nel momento creativo. Lo testimoniano i numerosi e bellissimi disegni, gli studi che l’artista elaborava in continuazione, fondamentali per comprenderne l’approccio.
A dominare è ovviamente il tema della auto-rappresentazione, che in Frida Kalho coincide esattamente con la sua arte. Sfilano, fin dalla prima sala, i celeberrimi autoritratti, a partire da ‘Diego nei miei pensieri’ (1943), affiancato dal ‘Paesaggio con Cactus’ dipinto dal marito nel 1931. Ecco l’Autoritratto con vestito di velluto, quello con collana di spine, il ‘very ugly’, con il cane Itzcuintli, con la treccia (affiancato a un de Chirico), con scimmia e infine l’ultimo, come girasole. Perché anche quando dipinge straordinarie nature morte, Frida raffigura se stessa, la sua vita rigogliosa o appassita (la noce di cocco con gli occhi), verdeggiante o consumata dal fuoco dell’amore che sempre più divora ogni risorsa.
Nonostante il passaggio dall’amore cosmico e la ricerca, vana, di un equilibrio nel dualismo uomo-donna, vita-morte, sole-luna saldamene radicato in lei e nella cultura del suo Messico, all’origine di capolavori quali ‘L’abbraccio amorevole dell’Universo’ e ‘Mosè o Nucleo Solare’, sorta di rito magico a protezione di un figlio mai nato.
(Foto Lapresse)