Dunque, da dove cominciare?
In questo caso specifico, forse è meglio iniziare dalla fine: Fright Night (2011), remake dell’omonimo di Tom Holland del 1985, non fa schifo.
Lo so, lo so, la cosa lascia sorpreso me per primo, che mi sono messo a guardarlo tutto incazzato, con l’occhio del nerd furente.
Eppure la realtà è un’altra, chiara ed essenziale, per quanto patetica. La realtà è che questo film è stato ammazzato da quelli del marketing che hanno inteso presentarlo in salsa emo-gothic quando in verità non lo è affatto. Che poi, non stiamocela a raccontare, ma tutti noi, dopo aver visto il trailer lo abbiamo pensato, c’è chi l’ha gridato a squarciagola (Poggy, ci sei?), c’è chi l’ha solo sussurrato, chi si è guardato intorno con disperazione… perché era quello che il fottuto trailer, con rock melodico in sottofondo, lasciava presagire. Sensazione sgradevole incrementata a dismisura dal pessimo sottotitolo italiano. Anzi, non solo pessimo, ma proprio ridicolo: Fright Night – Il Vampiro della Porta Accanto. Ecco, uno legge un titolo così, e gli scappa una scoreggia dal ridere. Voglio dire, erano già pronti negli anni ’80 a leggere “L’Ammazzavampiri”. “Ammazza”, capite? Non “la porta accanto”, che fa pensare a un teenage-horror con tanto di adolescente che si accoppia con la torta di mele. E invece no. Niente vampiri romantici e/o innamorati e/o fricchettoni. Piantatela. Se il film è bello, di sicuro non lo è grazie a queste porcate, che servono solo a portare più ragazzette al cinema.
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Sfogo finito, pensate? No. Non ancora. Voglio anche dire una cosa a quelli del partito “non lo vedrò mai”. Così, per puntiglio. Be’, sbagliate.
Ecco, ora siamo pronti. Trattasi di remake. A distanza di ventisei anni, che sarà capitato? Be’, questo Fright Night è meno fumettoso, meno morboso, con personaggi meno memorabili. Ecco, ma è bene ricordare che, per fortuna, Craig Gillespie non vuole fare il verso a Tom Holland, ma differenziarsi pur riuscendo, quando deve, a omaggiare il lavoro del predecessore; non è cosa da tutti. Concentrato sull’azione, si permette personaggi più attuali, anche e soprattutto in virtù dell’assenza di quelle frustrazioni tipiche del decennio che ha visto l’esordio dell’originale. La “finestra sul cortile”, tenuta sotto controllo con un binocolo “da guardone”, diviene occhiata svogliata verso la villetta accanto, immediata consapevolezza e pericolo imminente.
Charley Brewster (Anton Yelchin) apprende dell’esistenza di un potenziale vampiro da un suo amico che ha pedinato per un periodo di tempo un certo Jerry (Colin Farrell), inquilino, come lui e come Charley, di un complesso di villette a schiera nel deserto del Nevada, vicino Las Vegas. La sparizione dell’amico induce Charley a indagare…
E fin qui la trama è arcinota.
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Ci interessa Jerry, il vampiro. Colin Farrell truzzo con canotta bianca e magliette aderenti che fa il bel tenebroso. Be’, perché è inutile girarci intorno, è questo che fa. Solo che… ecco, non so di chi sia il merito, però si sente stavolta tutta l’alienazione dell’essere immortale, vecchio a suo dire di quattrocento anni, che finge soltanto sentimenti mortali, e per esigenza pratica, tenta di rapportarsi con gli esseri umani fallendo nel tentativo. Il suo continuo muoversi/guardarsi intorno mentre è impegnato in una conversazione, insieme a certe uscite inopportune impreziosiscono una caratterizzazione piacevole. Forse non la scelta migliore, Farrell, ma comunque ottimo. Anche se, inutile dirlo, ha poco, pochissimo del carisma vanesio di Chris Sarandon (che qui firma un cameo), quel Jerry Dandrige. Il suo Jerry, però, è disturbante al punto giusto, senza riuscire mai odioso o troppo sopre le righe.
Tra l’altro, vampiro costretto a uccidere le sue vittime, non risparmiando loro una fine sadica, chiuse un altrettante stanzette con isolamento acustico della sua villetta; e perpetratore della specie, dal momento che tende a trasformare la gran parte di esse.
Aderenza con l’originale per ciò che concerne il look della creatura. E punto a favore dell’intera operazione. In apparenza un bell’uomo, il vampiro tende a sfigurarsi, mettendo in evidenza tratti bestiali dal momento in cui inizia a combattere. Fino al capolavoro, quando la fanciulla vampirizzata esibisce un sorriso zannuto, modello evil-joker, a sessantaquattro denti. Tutto fuorché glitter…
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Charley e Amy (Imogen Poots) stanno al loro posto. Non strafanno nel ruolo della coppietta di adolescenti, e così si risparmiano antipatie gratuite. Tra l’altro, la saggia scelta di aver eliminato la vena citazionistica che voleva l’originale ispirarsi a Dracula, allorché Dandrige ravvisava in Amy una somiglianza con la sua antica amata, fa dell’interazione vampiro-fanciulla una semplice questione di attrazione, univoca, non reciproca, verso una preda attraente, liberando immediatamente il personaggio Amy da predestinazione, odori eccitanti e tutta una serie di puttanate neo-romantiche che non hanno ragion d’essere. Il vampiro è predatore. Questo è ciò che è, in termini ridottissimi.
Nota dolente sul Peter Vincent attuale, David Tennant. Non che ci fossero possibilità di replicare Roddy MacDowall, si è optato per una rivoluzione (a mio avviso opportuna) del personaggio, che parte come icona televisiva di show macabri (il Fright Night), aspetto da seguace di death metal, se avete intravisto le orride foto sparse nel web, ma che poi rivela un inatteso humour, non macchiettistico. Certo, vederlo andare in giro con un look a metà tra Armando de Razza e il marito di Katy Perry, be’, può risultare spiazzante. Ma ancora una volta, l’apparenza inganna…
Figura del vampiro riportata al più netto classicismo, ovvero vulnerabilità alla luce solare, all’aglio (?), all’acqua santa e ai simboli religiosi, ho particolarmente apprezzato l’inside-joke che vede Jerry, colpito da pallottole d’argento, affermare sardonico che è roba per licantropi. Sono tutte cose che fanno piacere.
Tra l’altro, colonna sonora mai invadente e mai emo-rock, a dispetto del trailer.
Unica mancanza è il pathos nelle scene di morte, qualità dell’originale che non s’è nemmeno tentato di emulare. E qualche leggerezza della trama in riferimento alla portata catastrofica di certi eventi di contro alla totale assenza di reazioni delle autorità. Si tratta pur sempre di un mondo realistico, quindi in certe circostanze ci si aspetta l’intervento della polizia che, invece, non arriva mai.
In breve, per partire già con un piede nella fossa, questo Fright Night sa solo sorprendere in positivo. Davvero un buon tentativo.
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