Atamante, quando venne a conoscere quella che credeva essere la risposta dell'oracolo, si rifiutò di seguirla, perchè voleva molto bene ai figli della sua prima sposa. Ma Ino, più che mai decisa ad andare fino in fondo, riprese ad andare in giro per il paese dicendo che tutti sarebbero morti di fame mentre, con il sacrificio dei due ragazzi, sarebbe preso tornata la prosperità. E tanto fece che il popolo, atterrito, insorse, circondò minaccioso la reggia, e Atamante dovette promettere che avrebbe obbedito a quello che l'oracolo di Apollo imponeva.
Così Frisso ed Elle, incoronati di fiori come vittime sacre, furono portati davanti all'altare, e già il sacerdote stava per compiere il sacrificio quando avvenne un miracolo. Improvvisamente un ariete enorme, dal vello d'oro, comparve, prese sul dorso i due ragazzi e, prima che tutti potessero riaversi dallo sbigottimento, si levò a volo nell'aria portando con sé le due vittime innocenti.
Quell'ariete era stato inviato da Nefele, la quale lo aveva ottenuto da Ermes per salvare così i suoi figli. A lungo l'ariete sacro volò sopra le nubi; sorvolò la Grecia orientale e il mare Egeo puntando sulle coste dell'Asia Minore, e in breve si trovò su quella striscia di mare che divide il Chersoneso dall'Asia e che si chiama oggi stretto dei Dardanelli. E qui avvenne un dramma: Elle volle guardare in basso e, presa da un'improvvisa vertigine, precipitò nello stretto, al quale, per questo, i Greci diedero il nome di Ellesponto, ossia mare di Elle.
Frisso , invece, aggrappato all'aurea pelliccia dell'ariete, proseguì il suo viaggio, sorvolò la Propontide, oggi Mar di Marmara, attraversò il Ponto Eusino, o Mar Nero, e infine toccò terra nella Colchide, sulla sponda orientale di quel mare.
Il vello d'oro
Appena giunti, l'ariete si inchinò davanti a Frisso come per dirgli che la sua missione era finita, e poi, spontaneamente, si avvicinò a un rozzo altare che sorgeva nelle vicinanze. Il giovane capì che l'animale sacro chiedeva di essere sacrificato, e si affrettò a compiere il rito dedicando l'ariete a Zeus. Poi gli tolse la pelle, che voleva tenere per ricordo.
Regnava in quel luogo il re Eeta, figlio di Elios, il Sole. A lui si rivolse il giovane narrandogli la sua storia e mostrandogli il vello d'oro a conferma di quello che aveva detto. Eeta accolse molto benevolmente quello straniero protetto dagli dei, e, avuto da lui in dono il prezioso vello, lo fece appendere a una quercia, in un bosco sacro al dio Ares, comandando che venisse sorvegliato da un feroce drago.
Più tardi Frisso sposò una figlia del re, dalla quale ebbe vari figli, e la leggenda non dice altro di lui. Il vello d'oro rimase nel bosco sacro a ricordare uno dei più imponenti prodigi avvenuti sulla terra greca. E qui termina il prologo della leggenda degli Argonauti.
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