per ovvi motivi queste recensioni contengono SPOILER
Norvegia – 2006
cast: Ingrid Bolsø Berdal - Rolf Kristian Larsen - Viktoria Winge - Tomas Alf Larsen - Endre Martin Midtstigen - Rune Melby
regia: Roar Uthaug
soggetto: Jan Eirik Langoen - Magne Lyngner
sceneggiatura: Roar Uthaug - Thomas Moldestad - Martin Sundland
musica: Magnus Beite
durata: 95 min.
INEDITO
Apertura: un ragazzo corre sulla neve, cercando di sfuggire a qualcosa che lo insegue, inciampa e cade in una sorta di fossa, la figura lo raggiunge e comincia a seppellirlo – Chiusura.
Jannicke ed i suoi amici sono cinque simpatici scavezzacollo che adorano lo snowboard e che, spinti da questa passione e dalla voglia di mettersi alla prova, decidono di passare una giornata di acrobazie arrampicandosi in una zona poco frequentata dello Jotunheimen (famosa catena montuosa norvegese). Tutto va per il meglio, finché uno di loro (il ca@@one del gruppo) non si rompe una gamba.
Con un tale peso morto è inutile cercare di tornare alla macchina prima che faccia scuro, ma i ragazzi scorgono in lontananza quello che sembra un albergo e lo raggiungono solo per scoprire che la costruzione è ormai abbandonata da anni.
Ma necessità fa virtù ed i giovani decidono di passare la notte nell’hotel per poi cercare di tornare verso la civiltà il mattino dopo, così sfondano una finestra e si “accomodano” all’interno, ignari della presenza di una figura che li osserva da lontano. Medicata alla meglio la gamba di Morten Tobias (il ca@@one), il gruppo smorza la tensione accumulata dandoci sotto con alcool e fumo, poi si separano per perlustrare il luogo. Mentre un paio salgono ad ispezionare le camere Jannicke si mette a sfogliare il registro dell’albergo per scoprire che il posto era stato frequentato sino a metà degli anni ’70, periodo in cui era scomparso Geir Olav Brath, il figlio dei proprietari. Contemporaneamente Ingunn ed il boyfriend Mikail trovano una stanza dell’hotel particolarmente rovinata, con tracce di un incendio, vetri rotti e sangue rappreso. Preoccupati tornano verso la hall solo per sentire dei pesanti rumori provenire dalla cantina.
Il massacro sta per avere inizio…
E così, dopo due anni di riprese e correzioni in corsa sulla sceneggiatura, i norvegesi si sono creati il loro Uomo Nero personale, dandolo furbescamente in pasto al pubblico di Venerdì 13. In patria il film ebbe un grande successo, vincendo anche un paio di premi, ed all’estero venne accolto con un tiepido, benevolo, entusiasmo. Nonostante la mancanza totale di un minimo di originalità nella storia e nella costruzione del badboy Geir Olav Brath (ribattezzato Mountain man) che risulta un’ingenua commistione tra Jason Woorhees e Michael Myers il film funziona; in parte per la buona volontà dimostrata dai giovani attori, in parte per i meccanismi strutturali della storia che garantiscono uno discreto numero di scene splatter e di pathos.
Un plauso ai norvegesi che sono finalmente riusciti a sfornare un horror che non ci ha fatto sbadigliare ed addormentare sulla poltrona.
1/2
aka Cold Prey II: Resurrection
Norvegia – 2008
cast: Ingrid Bolsø Berdal - Marthe Snorresdotter Rovik - Kim Wifladt - Johanna Mørck - Robert Follin
regia: Mats Stenberg
soggetto: Roar Uthaug - Thomas Moldestad - Martin Sundland
sceneggiatura: Thomas Moldestad - Axel Hellstenius - Marius Vibe
musica: Magnus Beite
durata: 86 min.
INEDITO
Jannicke è l’unica scampata alla furia omicida del Mountain man, anzi, è riuscita a farlo secco a picconate prendendosi una sanguinosa rivincita. Ferita e stremata la ragazza raggiunge la civiltà dove viene soccorsa e ricoverata in un ospedale, mentre le forze di polizia, allertate, si recano all’hotel dei Brath per recuperare i morti dal crepaccio ed effettuare i rilievi di prassi. Fatto questo un paio di agenti rimangono a presidiare il luogo dell’omicidio mentre i corpi (compreso quello del montanaro) vengono portati proprio nell’obitorio dell’ospedale dove si trova Jannicke.
Grosso, grosso errore, cari tutori dell’ordine…
Così, mentre uno sceriffo locale se ne va in giro a ficcanasare sull’oscuro passato di Geir Olav ed una confusa e terrorizzata Jannicke riprende lentamente conoscenza tormentata da allucinazioni e funesti presagi, il buon Mountain man pensa bene di resuscitare e completare l’opera iniziata nello Jotunheimen, ammazzando infermiere, dottori e poliziotti che si frappongono tra lui e Jannicke.
La ragazza, par suo, è un vero osso duro e supportata dall’infermiera Camille darà del filo da torcere al montanaro assassino.
Qui le similitudini con l’Halloween 2 di Rosenthal (1981) affogano nel plagio quasi totale, con la sola differenza che la Ingrid Bolsø Berdal somiglia sempre di più ad una Sigourney Weaver di Scottiana memoria che ad una sparuta e spaventata Jamie Lee Curtis. Maggiore caratterizzazione dei personaggi, a discapito di uno slasher meno diretto e dichiarato e si cerca anche di fare un po’ di luce sull’oscuro passato del bogey man di turno, ma il tutto rimane nebbioso e poco delineato.
Cercare di essere un po’ più originali avrebbe di certo giovato ad un film che precipita nel minestrone degli slasher di serie z d’oltreoceano.
1/2
aka Cold Prey III: the Beginning
Norvegia – 2010
cast: Ida Marie Bakkerud - Julie Rusti - Kim S. Falck-Jørgensen - Arthur Berning - Pål Stokka
regia: Mikkel Brænne Sandemose
soggetto: Martin Sundland - Kristian Sinkerud - Mikkel Brænne Sandemose
sceneggiatura: Peder Fuglerud - Lars Gudmestad
musica: Magnus Beite
durata: 95 min.
INEDITO
Altri due anni di febbrile attività ed un notevole sforzo creativo (tre soggettisti e tre sceneggiatori) e viene alla luce Fritt Vilt III, il prequel che si rivelerà l’anello più debole della trilogia.
Con un balzo indietro di trent’anni si torna agli anni ’80 dove un gruppo di amici si regala l’emozione di una visita all’albergo dei Brath chiuso ormai da qualche anno. Ovviamente il montanaro non esiterà a trasformare in quattro e quattr’otto i fessacchiotti in “prede fredde”. Lo slasher torna ad assumere una posizione di rilievo nella pellicola, mentre Mountain man si appiattisce trasformandosi in una grigia figurina del bogey man che avrebbe potuto essere, alla faccia dei flashback inseriti tra una splatterata ed un’altra per raccontare le oscure e macabre origini del mostro che non fa paura.
A risollevare un po’ la situazione ci pensano le riprese in esterni che ci offrono scorci meravigliosi dello Jotunheimen, con totali e carrellate da mozzare il fiato. Ma non basta; la routine è troppo ciclica e le sventure del giovane Geir Olav non coinvolgono o emozionano, raccontate con un distacco che ricorda troppo il consueto stile norvegese; alla fine il film si fa vedere, ma (come il precedente) s’incastra con altre decine di pellicole simili appetibile quanto uno snack mangiato di corsa.
Essendo un prequel la Ingrid Bolsø Berdal è assente, ma se ne sentite la nostalgia la potete vedere dibattersi nelle grinfie dei mostri mutanti di “Chernobyl Diaries” o sentirla ridacchiare con sguardo allucinato mentre impersona la strega cornuta di “Hansel & Gretel – Cacciatori di Streghe”.
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