Magazine Cinema
FUBAR (2002)
Regista: Michael Dowse
Attori: Paul Spence, David Lawrence, Gordon Skilling
Paese: Canada
Iniziamo subito col dire che Dowse non è regista che si mostra propenso ad un cinema di spessore. Al contrario propone pellicole così leggere che durante la visione delle stesse si potrebbe tranquillamente giocare a scacchi senza preoccuparsi di non dedicare al gioco la necessaria attenzione. Per questo merita tutto il mio rispetto.
“Fubar” è il suo primo lungometraggio, un mockumentary che segue e racconta due personaggi quanto meno curiosi. Terry (David Lawrence) e Dean (Paul Spence) vivono da headbangers ogni secondo delle loro giornate, bevono lattine di birra da mattina a sera, di cui molte rigorosamente d'un fiato, non si assumono alcuna responsabilità e non sembrano volerlo fare. A Dean, però, viene diagnosticato un cancro ai testicoli, e quando il regista del documentario insiste perché vada a farsi controllare seriamente, sarà costretto ad affrontarlo. E di riflesso anche il suo miglior amico Terry.
Quale sia lo spirito del mockumentary lo si capisce dopo il fotogramma d'apertura, in cui i due protagonisti stravaccati su un divano mostrano i loro volti. Questi ultimi infatti riescono da soli a strappare già i primi sorrisi, interpretando, Lawrence e Spence, i loro personaggi in maniera irresistibile (A Spence in particolare sembra che la natura abbia donato un volto praticamente perfetto per un ruolo simile. Guardarlo e al tempo stesso restare seri è davvero un'impresa). Qualche secondo più tardi Dowse alterna sequenze veloci volte a delineare alcuni degli atteggiamenti tipici dei due headbangers, e se fino a poco prima, per una qualche strana ragione, si stava realmente cercando di rimanere seri, adesso provarci sarebbe inutile: birra bevuta così in fretta da vomitarla un attimo dopo, linguaggio idiota riconoscibile dai vari “fuck” all'interno di ogni frase, abbigliamento che cercare di definirlo sarebbe disonesto e comportamenti da adolescente in preda all'adrenalina dopo l'ascolto di un brano metal.
“Ever since I quit smoking, I've just been fuckin' coughing up the weirdest shit”.
Quella di Dowse, è chiaro, non è proprio una rappresentazione fedele degli headbangers. I suoi due personaggi sono palesemente caricaturali, tanto che spesso la loro idiozia sfiora il surreale. A darsi il cambio durante la pellicola sono parentesi ridicolissime in cui Dean e Terry descrivono, vivendole e raccontandole, le loro giornate, fatte di sbornie, piccoli atti vandalici e scambi che nella loro inconsistenza risultano inevitabilmente spassosi. Questi ultimi infatti, essendo un mockumentary su di loro, sono la parte in assoluto più divertente, anche quando Dowse inserisce nella narrazione parentesi più drammatiche legate al tumore di Dean o alle riflessioni sul loro stile di vita. Parentesi che tuttavia, sia chiaro, non implicano in nessun modo alcuna profondità, è anzi bene non cercare di tirar fuori dalla pellicola sottotesti sulla vita, sulle responsabilità o su qualsiasi altro tema, perché non ce ne sono, fortunatamente. Può al massimo accennare qualcosa, ma con la leggerezza di cui si scriveva inizialmente, quindi è il caso di tenere spento l'organo cerebrale e godersi le sciocchezze dei due protagonisti.
Non è da vedere a tutti i costi, decisamente no. È una pellicola di appena 80 minuti da guardare quando non si vuole usare oltre ad occhi e orecchie nessun altro organo. E se dovesse piacervi e voleste provarne un'altra del tutto simile, non rivolgetevi tanto al seguito, "Fubar II", quanto a “It's All Gone Pete Tong”, altro film leggermente fuori di testa del regista canadese.
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