Gli anziani, in diversi casi, non riescono più a pagare le rette delle case di riposo tanto che i sindacalisti dei pensionati, come Palmiro Crotti dello Spi Cgil, non possono non segnalare il fenomeno dello svuotamento delle liste d’attesa. Le famiglie non possono più garantire pagamenti troppo alti negli anni della maggiore disoccupazione, della cassa integrazione e del potere d’acquisto sempre più basso per il reddito fisso. Le stesse pensioni sono penalizzate dalla riduzione progressiva dei coefficienti. Sono tempi così avversi al ceto medio basso che non poche famiglie sono costrette ad assistere gli anziani a casa. Il sistema delle Fondazioni scricchiola, anche perché la stessa Regione non aumenta i finanziamenti proporzionatamente alle spese. Pagano i dipendenti, che si trovano a lavorare di più con meno riposo, ma oltre alle famiglie anche i Comuni corrono un rischio. La Fondazione Sospiro, danneggiata dal mancato pagamento delle rette (40mila euro) da parte di un ospite, ha citato in giudizio l’Asl e il Comune di Cremona. Il caso è arrivato in Corte d’appello: un segnale fra i tanti. Chi paga, se l’anziano non può nemmeno vendere la casa come alcuni hanno fatto? Se i familiari non hanno lavoro e un mese all’ospizio costa anche più di 1.500 euro? L’assistenza domiciliare non ha avuto lo sviluppo promesso dalla Regione anni fa. Da parte propria il Comune di Cremona, in quadro simile, propone la privatizzazione. Cremona Solidale, ancora pubblica, è tra gli istituti dalle rette più basse. Da anni però l’assessore cremonese Luigi Amore insiste ora sulla privatizzazione dell’ex Soldi ora sull’intervento dei privati. Il welfare del sindaco Perri diventa così nulla più che un affare, in uno scenario di povertà e di disuguaglianze che aumentano sempre più.