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Certe volte sembra non succeda niente, poi un giorno ti svegli e sembra succeda tutto d'un colpo. Così è stato: il colpo di stato in Tunisia, le rivolte in Egitto, la guerra in Libia, lo tsunami in Giappone. Di colpo la storia è piena di avvenimenti e, noi? Inondati di notizie vere e false, di gossip, di immagini. Questo ci ha impedito di domandarci cosa realmente stia avvenendo, tant'è che lo tsunami del Giappone è sfumato in uno tsunami umano dell'immigrazione di tunisini e, nelle menti degli italiani. i fatti già cominciano a confondersi. Libici, tunisini ed egiziani si sovrappongono e di fatto nessuno ricorda più cosa sia successo in quei luoghi, perché siamo stati letteralmente inondati da immigrati che scappano sui barconi dai loro paesi e si rifugiano sul nostro. La confusione viene poi ulteriormente distorta dalla manipolazione politica in corso nelle stanze del potere e nelle pubbliche piazze, i vari schieramenti hanno usato la cronaca per darsi colpe gli uni contro gli altri, senza che sia chiaro chi è il colpevole e chi la vittima. Ora, assumo l'atteggiamento dell'avvocato del diavolo e mi concentro su uno dei filoni in esame: l'immigrazione tunisina.Faccio innanzitutto un passo indietro nella storia e, ricordo che noi italiani siamo stai un popolo di emigranti, però non riesco ad assimilare quei fatti con l'attuale flusso migratorio dei tunisini. Se penso alle immagini di repertorio viste in film e documentari, ho in mente un immagine, magari stereotipata, in cui si vede l'emigrante che con le valigie in spalla si imbarca o prende il treno con al seguito la famiglia. Ecco la prima anomalia: i tunisini che in questi giorni hanno preso d'assalto Pantelleria e la Sardegna sono tutti giovani uomini tra i 20 e i 30 anni, senza bagagli e senza famiglia, senza biglietto per una nave, un aereo. Molti obietteranno: “si certo stanno scappando”.Ma insisto, scappando da cosa? Il deposto presidente Ben Ali è stato costretto a scappare dopo le insurrezioni popolari, lo scorso 14 gennaio e quindi teoricamente in Tunisia c'è da ricostruire uno stato e non vi sono al momento prigionieri di un regime, bensì un nuovo corso della storia in cui occorrono tutte le forze fisiche ed intellettuali per creare il nuovo paese, la nuova economia, il nuovo stile di vita che riscatti il precedente. Il concetto è semplice, non vi è guerra e quindi e difficile immaginare vi siano persone sotto tortura che fuggono dalle forche dei tiranni. Comunque anche se fosse si scappa senza una valigia? Senza documenti? Senza un soldo in tasca? Ma con il cellulare funzionante e le sigarette!Molti, li sento di nuovo, stanno obiettando “ma alcuni di loro sono laureati, alcuni diplomati, tanti avevano una precedente occupazione”. Non nego e non ho mai negato la grande cultura dei paesi africani, a maggior ragione se avessi una laurea da esibire e stessi scappando da una situazione politica ed economica insostenibile, di sicuro non andrei in cerca di fortuna privo dei miei documenti, del titolo di studio, della valigia con le mie cose e, forse, qualche soldo. Eviterei i costosi passaggi dei barconi illegali, e mi affiderei ad una nave o magari un aereo low coast, visto che con i tempi che corrono mi costerebbe meno che dare mille euro ad uno scafista per un viaggio in cui le probabilità di arrivare a destinazione sono pari a quelle di affondare. Ecco queste sono le cose che mi portano a mettere in discussione il tutto, al di la delle banali ricostruzioni giornalistiche che cercano di descrivere la sola componente emozionale, senza tenere in minima considerazione quella logica e razionale. Alla fine della storia emerge un fatto, di cui qualcuno forse non è a conoscenza: con il colpo di Stato che ha costretto Ben Ali a scappare con la sua famiglia (e qui ritorna di nuovo l'immagine dell'emigrante in fuga con la famiglia e non in solitario), le prigioni tunisine sono state aperte e i carcerati sono evasi in massa. La polizia ha perso il totale controllo del territorio, e magari per compiacenza o spirito di indulto qualcuno è stato volutamente perso per strada. Ecco forse spiegata una delle anomalie: se fossi un evaso e non un semplice cittadino non potrei andarmene in giro nel mio paese come se niente fosse, perché qualcuno potrebbe cercarmi e trovarmi; non avrei niente del mio passato, che voglio rimuovere e da cui scappo, ma parto svestito della mia identità per nascondermi e reiniziare da qualche altra parte, magari per ricostruire una nuova vita oppure per delinquere in un nuovo territorio.Il fenomeno è stato vissuto in modo molto empatico e poco razionale e razionalizzato, per paura di essere tacciati di razzismo abbiamo accolto tutti, con il nostro consolidato buonismo abbiamo permesso che alcuni luoghi di vacanza si trasformassero in campeggi di fortuna, e quindi pattumiere a cielo aperto nel giro di poche ore. Il tutto con il controllo super partes dei diritti dei profughi e la totale dimenticanza che, per educazione e per buona norma, si invita il commensale a sedersi a tavola, ma non certo di spargere le ossa del pollo in giro per la casa!Sicuramente l'intenzione era quella di dare l'illusione di un Italia da cartolina, una sorta di paradiso terrestre dove chiunque può essere accolto, senza che venga chiesto nulla in cambio. Ecco trovata un altra anomalia: voglio ricordare che i migranti italiani quando andavano in Europa o in America in cerca di nuove fortune, spesso partivano con una promessadi lavoro, ossia avevano già firmato o dovevano firmare un contratto con un azienda, una fabbrica in modo da garantire le proprie intenzioni, altrimenti venivano subito rimpatriati!
Simonetta Frongia
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