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Fulmine

Creato il 25 aprile 2011 da Palotto

Fulmine

E’ vecchio e ancora lo chiamano Fulmine. Sta parcheggiato al bar da quarant’anni. E’ ancora molto bello, che sembra ancora un partigiano. Partiva da Asti andava a Casale, partiva da Asti andava dovunque. Sempre in bicicletta – nera, veloce, bella quasi quanto lui.

Amava Anna, staffetta – giovane, veloce, bella quasi più di lui.

Fazzoletti rossi. Tutti e due.

Da quando Anna non c’è più, Fulmine non c’è più. Non tutto intero almeno.

Una volta Fulmine era giovane e non aveva paura di niente. Nemmeno di morire.

“Aldo dice 26 per uno”, così Radio Londra. Il pomeriggio del 24 Aprile arriva l’ordine. Insurrezione generale.

Adesso i fascisti stanno al governo. Dicono parole che non significano niente. A sentirle, Anna avrebbe messo su quell’espressione severa che conoscono solo le donne. Non aveva bisogno di parole, Anna. Nemmeno quando i soldati l’hanno presa, nemmeno quando hanno ammazzato sua madre, nemmeno quando l’hanno spogliata nel cortile di casa.

Fulmine parcheggiato al bar aspetta il 25 Aprile, ora che la forza di tornare in montagna non ce l’ha più.

Ha paura adesso. Forse non ci sarà più, quando Radio Londra griderà ancora all’Italia di alzare la testa, quando chiamerà ancora una volta questo paese-a-metà all’insurrezione generale.

La notte al bar è fredda. Ma quest’anno l’aria profuma d’estate e si sentono i grilli. L’aria sta cambiando. L’aria sta cambiando.

Non andrà a dormire, questa notte. Ma solo per paura di non svegliarsi più, proprio domani.

Domani.

Il fazzoletto rosso stretto al collo, quello di Anna stretto fra le mani. I giovani, bellissimi come era bello lui una volta, canteranno Bella Ciao.

Fulmine si metterà a piangere, passando in rassegna, veloce, le facce di chi non c’è più.

Darà un bacio alla sua Anna. E penserà che forse, nonostante tutto, ne è valsa la pena.

 Gino Caron



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