> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="200" width="600" alt="Fumettology e il fumetto visto dai media generalisti >> LoSpazioBianco" class="aligncenter size-full wp-image-64893" />
Il 20 dicembre è andata in onda su Rai 5 la prima puntata di Fumettology, un nuovo programma prodotto dalla FISH-EYE Digital Video Creation nelle persone di Alessio Guerrini e Clarissa Montilla (autori) e di Dario Marani, regista, a cui si aggiunge Alessio Danesi (attuale direttore editoriale di RW Lion) per la consulenza.
Il format si propone, in 10 puntate da mezz’ora circa ciascuna, di approfondire di volta in volta un protagonista diverso della scena fumettistica italiana, attraverso la viva voce di sceneggiatori, disegnatori, editori e persone direttamente coinvolte: per la prima puntata, dedicata a Tex, sono infatti intervenuti Mauro Marcheselli, Mauro Borselli, Tito Faraci, Roberto Recchioni, Moreno Burattini, Franco Buratta, Graziano Freudiani, Claudio Villa, Leomacs e Gianfranco Manfredi.
Nelle scorse settimane, all’annuncio di questo programma, molti hanno salutato la cosa come l’Evento, il passo in avanti del fumetto in Italia riconosciuto come fenomeno pop importante e dignitoso anche per il grande pubblico: ne sono un esempio Roberto Recchioni, Mauro Uzzeo, Moreno Burattini, e siti come MangaForever e Movieplayer.
Alla luce della prima puntata, in realtà, si può vedere come tali entusiasmi fossero leggermente esagerati e come, in fondo, pur con tutta la sua innegabile buona volontà, Fumettology non sposterà di una virgola la percezione dell’italiano medio nei confronti del medium fumetto.
La collocazione su Rai 5 non è di per sé un difetto: ormai i canali extra che offre il digitale terrestre non sono più avvertiti come “estranei” dal telespettatore che ha vissuto per anni senza andare oltre i canali base della free tv, e d’altronde è purtroppo fuori dal mondo auspicare un programma del genere perfino su Rai 3. Ma se Rai 5 doveva essere, perché proporre la trasmissione in seconda serata, con conseguente abbassamento del bacino di persone davanti alla tv? Le 10.55 possono essere un orario un po’ penalizzante, e il fatto che la trasmissione venga replicata di pomeriggio nei giorni successivi pone più che altro una misera pezza: se la scomodità della trasmissione televisiva spinge i più a fruirne sul web, sul sito ufficiale se vi caricheranno le puntate o su You Tube quando un immancabile utente posterà il video, non viene forse meno uno dei pregi dell’operazione?
Al di là di questi ragionamenti, per forza di cose “subiti” da chi deve adeguarsi ovviamente alle regole dei tempi televisivi, se passiamo a parlare della struttura, dello spirito e dei contenuti si possono evidenziare altre carenze.
La scelta dei 10 personaggi di cui si parlerà può essere stata sofferta fin che si vuole, necessaria per dare una copertura che seguisse una certa logica, fisiologica nei confronti di alcune vere e proprie icone dell’immaginario che va oltre a quello degli appassionati… ma quello che si avverte è anche che la scelta sia stata focalizzata su quel fumetto popolare di cui tutti quanti bene o male hanno sentito parlare e che quindi può attirare una certa fetta di pubblico. Il che va benissimo: come tutti i prodotti di questo tipo è ovvio che anche Fumettology sia studiato in modo da raccogliere il maggior numero di consensi e ascolti, ma c’è modo e modo di trattare l’argomento. E che sia per la volontà degli autori o per la voglia (da parte sia loro sia della rete) di puntare sul sicuro, è innegabile che la strada scelta sia stata la più facile da percorrere, cioè quella della vetrina dedicata ai soliti personaggi storici del fumetto popolare italiano da edicola che, pur con tutta la loro dignità, costituiscono comunque una sola faccia di una medaglia ben più ricca e sfaccettata che, sono convinto, si sarebbe potuta diffondere proprio approfittando di questa opportunità.
Invece si è preferito impostare il format sul singolo personaggio, che giocoforza limita le possibilità di fare un discorso un po’ più ampio sul fumetto italiano (strutturando ad esempio il programma con puntate tematiche, si sarebbe potuta mettere più carne al fuoco, e non credo che avrebbe fatto una così gran diff
La puntata si articola poi in modo interessante e vivo: non c’è un conduttore del programma che guida lo spettatore, ma tutta la puntata viene portata avanti dalle parole degli autori e addetti ai lavori ospiti che, attraverso i loro aneddoti e la loro competenza, sviscerano le tematiche legate al personaggio… o meglio, tentano di sviscerarle in un montaggio che deve comprimere più di 60 anni di storia in mezz’ora scarsa, una sfida interessante ma non del tutto riuscita.
L’idea è buona, e fa assomigliare il tutto a quei bei contenuti speciali contenuti nei dvd e blu-ray dei film, dove attori e regista parlano del dietro le quinte della pellicola. La sensazione di spontaneità è forte perché chi parla ha effettivamente le mani in pasta in quell’argomento ogni giorno, e non come critico ma come autore del prodotto.
I contro comunque non mancano, e stanno in una certa aura di nostalgia da circolino degli amici al bar. Forse per i prossimi appuntamenti la cosa si avvertirà meno, ma con Tex si avvertiva in quasi tutti gli interventi, che ribattevano punti fermi dell’opera e della sua percezione: come Tex sia quel bel fumetto di una volta che non cambia mai, o meglio che sa rimanere sempre attuale modificando pochissimo della sua natura, e che il personaggio non si piega alla personalità degli autori ma resta granitico di fronte a tutto e a tutti. L’immagine che si trasmette del fumetto-tipo italiano è quindi quella di un prodotto immutabile nel tempo, pesantemente codificato, fatto da persone che amano quel modo di raccontare per gente che ama leggere storie scritte così. In un’ottica in cui Tex è il fumetto più venduto in Italia, può venire spontaneo allo spettatore medio pensare che tale situazione sia rilevabile anche nelle altre realtà fumettistiche.
D’altra parte, ci sono stati anche commenti che contestualizzavano molto bene Tex nell’epoca in cui è stato creato, sottolineando l’indole dei suoi autori e fornendo anche dati interessanti sul disegno e sul passaggio dalla striscia all’albo,
L’impressione generale è che la strada perché il Fumetto possa essere inteso con la F maiuscola a livello nazional-popolare sia ancora molto, molto lunga.
La nona arte difficilmente è concepita come tale da noi, e Fumettology, con tutti i buoni propositi che può avere, rischia di essere una vetrina per i “soliti noti”, verso i quali lo spettatore medio può essere mediamente interessato, apprendere quelle 2-3 curiosità in più sul mestiere del fumettista, ma senza che questo smuova molto.
È comunque un esperimento da lodare per l’obiettivo di sdoganare una forma d’arte bistrattata e troppo spesso considerata tanto inferiore da non meritare ricerche e documentazione da parte di alcuni giornalisti non specializzati nel settore quando per qualche motivo si trovano a parlare di temi tangenti a questo mondo.
Senza allontanarci dal 2012, ha fatto piuttosto rumore il “fail” del giornalista di la Repubblica che definì Neil Gaiman “papà di Batman”, in occasione di una dichiarazione del celebre scrittore e sceneggiatore rilasciata poco dopo la strage di Denver. Quel caso fu un’eclatante dimostrazione di come il mondo dei fumetti, dei supereroi, del fantastico siano istintivamente ridotti a cose di poco conto, costume di tono minore, roba per bambini e pochi fissati, altrimenti in 5 minuti su internet ci si sarebbe resi conto subito che tale affermazione era assolutamente sbagliata.
Nell’ultimo mese, poi, alcuni giornalisti hanno puntato l’occhio di bue sulla Disney Italia,
Un altro esempio recentissimo, datato 26 dicembre, è quello dell’articolo di Repubblica.it riportato da Comicus, che nel segnalare una notizia sulle ultime novità relative a Spider-Man fa confusione e parla della morte di Ultimate Spider-Man, avvenuta più di un anno fa, invece che della vera news.
Il punto è che i media generalisti, siano essi stampa, televisione o persino web, trattano di fumetto solo quando c’è una notizia che reputano succulenta, quindi in occasione di anniversari o celebrazioni particolari, ma soprattutto quando c’è la possibilità di collegare il fumetto ad un fatto o una persona della cronaca e dell’attualità, o quando si annusa la possibilità di uno scandalo o di una presa di posizione imprevista da parte di un mondo che nella percezione generale stupisce quando non se ne sta per conto suo, in disparte.
In queste occasioni emerge la pochezza culturale dell’informazione nostrana su una forma narrativa ingiustamente ghettizzata e portata alla ribalta solo se c’è da additare o gridare allo scoop. Solo se si può ipotizzare che la lettura di Dylan Dog ha contribuito agli istinti omicidi di un killer, solo se su “Topolino” compare la versione papera del cantante di turno.
Forse è utopistico parlare e sperare in una maggiore educazione del fumetto a livello diffuso, tra la gente e prima di tutto tra le fonti di informazione, in un Paese in cui ci sono evidenti ammanchi nella cultura tout-court, ma è una speranza che non mi posso permettere di abbandonare.
Fumettology, in cuor mio, pensavo potesse essere un primo, piccolo passo. Osservando la prima puntata, invece, e sentendo parlare del buon vecchio Tex che si mangia la sua bistecca alta due dita e guai a chi gliela toglie, mi fa sembrare tutta l’operazione un grande “vorrei ma non posso” che nel 2013 mi mette un po’ d’angoscia. Tenendo però conto del fatto che, come rilevato, gli elementi positivi non mancano in questa prima puntata, la speranza di un proseguo migliore e “in crescendo” per le prossime puntate non deve essere abbandonata.
Abbiamo parlato di:
Fumettology
FISH-EYE Digital Video Creation (Alessio Guerrini, Clarissa Montilla, Dario Marani)
www.rai5.rai.it/dl/Rai5/programma.html?ContentItem-b124b2a5-b969-42c2-9066-80e8084f0339&refresh_ce
Ogni giovedì alle 10.55 su Rai 5
Seconda puntata, 27 dicembre 2012: Diabolik
Prossimi appuntamenti: Valentina, Zagor, Lupo Alberto, Nathan Never, Martin Mystere, Max Fridman, Dylan Dog, John Doe
Note:
- Per la cronaca, la storia è una brasiliana di fine anni ’80, pubblicata nel 1991 sul settimanale italiano per poi essere ristampata in un mensile del dicembre 2012, dove il gioco di parole usato dal traduttore del 1991 è rimasto immutato, senza particolari obiettivi di tifoseria o di prese di posizione sull’onestà di una squadra di calcio piuttosto che di un’altra [↩]
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