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Fuoco nero

Da Straker
Fuoco nero
Il progresso degli studi filologici e storico-archeologici ha affievolito l’aura di molte tradizioni. Pensiamo ai primi libri della Bibbia: quasi tutti gli esperti sono concordi sul fatto che i testi sono rivisitazioni di fonti sumere ed egizie più antiche, con molti contenuti che, considerati spirituali dagli interpreti confessionali, sono, invece, riconducibili a situazioni profane. Tuttavia, sebbene Yah sia oggigiorno visto come un nume del turbolento pantheon medio-orientale, con gli Elohim biblici che adombrano dei mesopotamici (Enlil ed Enki in primis) e le loro controversie, resta l’impressione che alcune parti dell’Antico Testamento attingano a fonti sorgive; rimane l’impressione che un’ispirazione alta sia qua e là rimasta, a somiglianza di un diamante vero in un girocollo di diamanti falsi. [1] E’ come se a noi giungesse l’acqua torbida di un fiume rapinoso, ma pure qualche rivolo di liquido purissimo. Così all’interno delle religioni monoteiste coesiste una predominante tendenza secolare con poche venature sublimi; queste di solito sono poi confluite in orientamenti bollati come “eretici”: esemplare il caso della dottrina Sufi nell'ambito dell’Islam.
Ci pare dunque insostenibile invocare il contesto per giustificare certe atrocità dei testi sacri: il male è male, a prescindere dalle coordinate spazio-temporali.
Il discorso si può estendere ad altri retaggi: ad esempio, anche dall’antica cultura egizia setacciamo qualche pagliuzza d’oro, dopo che abbiamo scartato i detriti e la sabbia, ossia, fuor di metafora, le dottrine delle stirpi che da millenni dominano o lottano per dominare il pianeta. Una Confraternita primigenia (atlantidea-iperborea) riuscì a trasmettere un sapere illustre, un afflato pur tra mille difficoltà. Col tempo questo sapere si è come offuscato ed è stato eclissato e strumentalizzato dall’ideologia arcontica (Vedi Distorsione dei simboli). Oggi è l’eccezione che conferma una tragica regola.
La consapevolezza che non tutto è perverso, non tutto è sinistro ci induce a cullare una speranza: una volta conclusasi l’attuale fase storica inquinata dalla corruzione e dalla malvagità, si potrà aprire una finestra sulla luce.
Queste considerazioni valgono pure per la Natura: quantunque essa senza dubbio sia deturpata dalla violenza e dall’impurità a tal punto che i movimenti anti-cosmici (si pensi ai Catari-Buoni uomini) nutrirono una forte avversione per la materia ed il suo pus, non si può disconoscere che una segreta armonia ed una divina bellezza circonfondono il creato. [2] Tra l’altro il cosmo che percepiamo potrebbe essere solo la pallida ombra di una realtà trascendente molto più bella dove non hanno dimora né il disfacimento né la lordura.
Ha ragione Arrigo Boito che in modo icastico definì l’essere umano “angelica farfalla e verme immondo”. Pure la natura umana è duplice, dualistica, scissa. Veramente le contraddizioni, anzi le profonde spaccature che fendono l’universo, si palesano con feroce evidenza nel Sapiens sicché ci accorgiamo che persino nelle persone splendide si coagula un grumo oscuro, splende un fuoco nero. E’ il lascito del destino insito nel cosmo: perché quando tutte le cose furono create, nel contempo furono distrutte.
[1] Si confrontino, a mero titolo di specimen, i due seguenti passaggi: davvero si riferiscono allo stesso scenario storico, allo stesso dio?
Salmo 104: “Benedici il Signore, anima mia, Signore, mio Dio, quanto sei grande! Rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un manto. Tu stendi il cielo come una tenda, costruisci sulle acque la tua dimora, fai delle nubi il tuo carro, cammini sulle ali del vento, fai dei venti i tuoi messaggeri, delle fiamme guizzanti i tuoi ministri”.
Deuteronomio 28:53. “E durante l’assedio e nella distretta alla quale ti ridurrà il tuo nemico, mangerai il frutto delle tue viscere, le carni de’ tuoi figliuoli e delle tue figliuole, che l’Eterno, il tuo Dio, t’avrà dati”. Numeri 31, 17 “Ora uccidete tutti gli adolescenti ed anche tutte le donne che sono appartenute ad un uomo, ma conserverete in vita per voi le fanciulle ancora vergini.”
[2] Un giorno vidi un gabbiano che si avventò su un colombo per dilaniarlo: il becco del predatore, ancora sporco di sangue, e il pennuto straziato, eviscerato furono uno spettacolo orrido che suscitò in me un profondo ribrezzo per la natura e le sue leggi crudeli, eppure…

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