23 SETTEMBRE - “Fiumi di parole” cantavano i nel-frattempo-scomparsi Jalisse, ormai tanti anni fa. E fiumi di parole sono effettivamente già stati detti e scritti sulla scabrosa vicenda dei cori di un gruppetto di Ultras veronesi all’Armando Picchi di Livorno, in occasione della sfida fra la squadra di casa e l’Hellas di sabato scorso.
Presa di posizione ferma da parte della città e delle sue istituzioni, condanna da parte della stessa Società calcistica, grandissima parte dei tifosi che – finalmente stanchi – si affannano a prendere le distanze da questo manipolo di “cretini” che non rappresenterebbero tutta la tifoseria gialloblù. E via dicendo. A queste si sono aggiunte, nei giorni successivi, interessanti disquisizioni su quanti effettivamente erano coloro che hanno effettivamente cantato l’ignobile coro (“dieci”, “no quindici”, “si ma forse venti”) e alzato il braccio per fare il saluto romano di mussoliniana memoria.
Non sapremmo che altro aggiungere, in questa sede, se non rilevare che alcune opinioni emerse sono condivisibili, altre meno. Unanime la condanna, quello si. Non tutti, però, hanno trovato il modo giusto, secondo noi, di esprimerla. Se da una parte è arrivato il punto fermo, deciso, di un Matteo Fontana (Corriere di Verona) che non ci era mai piaciuto così tanto come questa volta, dall’altra si è assistito al solito teatrino di “si, hanno certamente sbagliato e li condanniamo, ma anche i Livornesi, però…” e del “due pesi e due misure” che effettivamente ci piace molto meno. Ci piace meno perchè è proprio partendo da questi discorsi, che possono apparire anche legittimi, che si arriva alla fine all’eccesso di Livorno. Perchè se oggi ti consento questo e domani quello alla fine quello che esagera sempre si trova sempre. E s
e da una parte si punta il dito sulla vicenda in sé, condannandola per quella che è senza se e senza ma, dall’altra si arriva perfino a dire – in un estremo tentativo, ipotizziamo, di ragionare a fin di bene con queste “mele marce” con l’unico linguaggio che si pensa possano capire – che tutto questo non si deve fare perché, oltre ad infangare la memoria di un ragazzo meraviglioso e sfortunato come Pier Mario Morosini – alla fine può anche danneggiare il Verona, mettendolo in difficoltà in quella sua corsa alla Serie A che manca da ormai dieci anni.Ecco. Vorremmo anche noi, a questo punto, schierarci timidamente al fianco di coloro che non accettano più compromessi. Che non gliene importa nulla – nonostante il tifo appassionato che ci contraddistingue da sempre – se l’Hellas andrà in A o meno, quando nel calcio (e nella nostra bella città) succedono queste cose. Che non sono più disposti a giustificare nulla di quanto accade al Bentegodi e dintorni. Che sono stanchi che queste persone agiscano indisturbate da anni, in nome di chissà quale libertà di espressione e di chissà quale diritto alla “goliardia” al grido di “in fondo non facciamo male a nessuno”. Non è vero: fate del male a voi stessi (ma di questo poco c’importa), ma soprattutto alla società civile, a chi ha uno straccio di sensibilità per capire che no, non Pier Mario Morisini…non lui…ai bambini che vi ascoltano e a tutti coloro che vogliono soltanto andare allo stadio a divertirsi e passare un paio d’ore in compagnia. Ma d’altronde le loro menti non sono in grado di capire: si gongolano probabilmente nel clamore mediatico che hanno sollevato. Le loro esistenze sono talmente vuote e prive di luce da farli sentire bene quando fanno qualcosa di cui chiunque si vergognerebbe soltanto a concepirla.
Basta con la retorica del “Soli contro tutti”. Basta con la retorica del “Noi odiamo tutti”. Basta con la politica (di destra o di sinistra) nelle curve. Basta. Siamo ad un punto di non ritorno. E dovrebbero capirlo per primi coloro che in Curva Sud ci vanno ogni volta che ci gioca l’Hellas.
È solo calcio. Nient’altro che una “partia de balon”, come direbbe saggiamente il mio amico Riccardo. Tutto il resto non c’entra nulla. Si può tifare con calore e passione. Si può anche mandarsi bonariamente a quel paese, per carità. Ma il limite della decenza già superato in passato (ma in qualche modo sempre tollerato: Superga, ricordate? E i buuu razzisti? Pure! Ma l’elenco sarebbe lungo, a dire il vero…) è stato abbondantemente travalicato e ormai dimenticato.
Il troppo stroppia e ha fatto alzare una decisa levata di scudi. Speriamo che sia la volta buona. In questo senso, se proprio si vuole trovare un lato positivo della faccenda, non si può che sperare che da qui in poi si facciano azioni mirate a sensibilizzare, a limitare, anche a punire. Perché purtroppo certe persone non capiscono altro linguaggio che quello. Ma che non sia il solito “fattore emotivo” a far agire, in questo momento…che poi nel tempo si spegnerà come spesso accaduto in passato.
Ipotizzo già la presenza di qualche striscione, sabato pomeriggio allo stadio nel match contro il Lanciano, pro Morosini e a favore della parte civile di Verona. Bene, ben venga. Ma non basterà e soprattutto non si dovrà, in seguito, abbassare la guardia. Perché questi eventi sono ciclici. Quando pare che finalmente tutto possa andare per il meglio (era da tempo, in effetti, che la tifoseria dell’Hellas si stava distinguendo per la correttezza dei propri comportamenti) esce fuori sempre il manipolo di “fenomeni” a rovinare tutto. E allora occorre un’attenzione continua, costante nel tempo. Non un’iniziativa isolata, ma una serie di iniziative volte ad educare e a far capire. Un’azione libera e coordinata da Hellas e istituzioni. Una Società seria, come quella che finora Setti, Sogliano&C. hanno dimostrato di guidare, non si farà ricattare da questi quattro idioti. E forse, a questo proposito, nelle stanze dei bottoni di via Torricelli una strigliatina d’orecchie a quel Mandorlini, tanto talentuoso come allenatore quanto “briglia sciolta” nelle dichiarazioni e nei comportamenti, andrebbe anche fatta. Perché anche le sue esternazioni prepartina, se ancora il tecnico ravennate non si fosse reso conto del potere mediatico che può avere ogni sua parola, sono state purtroppo preparatorie per quel clima di odio e violenza che ha portato, fra le altre cose, a quei canti vergognosi. E le teste calde, si sa, non aspettano altro per dare il là a quello che soltanto un “vuoto pneumatico” dell’anima può far emergere. Quello che è stato fatto passare, subdolamente, negli anni per goliardia, per quel “noi siamo fatti così”, oggi non vale più. Senza se e senza ma.
Nel rispetto del povero Morosini. Nel rispetto di noi tutti.
Ernesto Kieffer