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FUORILUOGO – performance itinerante di macroscrittura geografica

Creato il 05 ottobre 2012 da Philomela997 @Philomela997

P-Ars (Andrea Roccioletti Studio) ha percorso circa 1.500 km di autostrade italiane, usandole come tratti per comporre una parola di dimensioni mai tentate prima. Lungo il percorso ha registrato video che ha diffuso in tempo reale su Youtube e sui social networks  per permettere al pubblico di seguire la performance e di partecipare attivamente al suo svolgimento. Ha inoltre scattato fotografie a testimonianza del percorso compiuto e ha conservato gli scontrini di tutte le transazioni economiche avvenute lungo il viaggio. I temi trattati nei video sono legati all’attuale crisi nei suoi aspetti individuali, sociali, culturali, artistici e politici. Al termine della performance ha diffuso una “dichiarazione di indipendenza” (moduli precompilati per dichiarare la propria indipendenza mentale e territoriale), che mette a disposizione sul sito e al pubblico delle gallerie che ospitano il resoconto della performance. La performance è dedicata alla memoria di Pippa Bacca (Giuseppina Pasqualino di Marineo), assassinata durante la performance itinerante Spose in Viaggio, con cui si proponeva di attraversare, in autostop, 11 paesi teatro di conflitti armati, vestendo un abito da sposa, per promuovere la pace e la fiducia nel prossimo.

Note critiche di Marco Pozzi, Ilenia Pennini, Simone Piazzesi, Sonia Migliano, Elisa Emiliani. Presto info sulle gallerie italiane che ospitano il resoconto della performance.

P-ars (Andrea Roccioletti Studio)

Canale Youtube dedicato al progetto

Dichiarazione di indipendenza

FUORILUOGO – performance itinerante di macroscrittura geografica

Nota critica di Elisa Emiliani

L’indipendenza del pensiero, l’autonomia e il diritto alla opposizione politica sono private della loro fondamentale funzione critica in una società che pare sempre meglio capace di soddisfare i bisogni degli individui grazie al modo in cui è organizzata. Una simile società può richiedere a buon diritto che i suoi principi e le sue istituzioni siano accettati come sono, e ridurre l’opposizione al compito di discutere e promuovere condotte alternative entro lo status quo.
[Marcuse, L'uomo a una dimensione, Le nuove forme di controllo]

Ci troviamo in un periodo storico particolare. Fino a pochi anni fa l’affermazione di Marcuse sarebbe stata perfettamente attuale: la società industrializzata occidentale è stata capace di soddisfare i bisogni degli individui e per una serie di concause ha sottratto terreno alla critica e all’opposizione, in qualunque forma venisse presentata, inglobandola nel sistema (nello status quo).
Al giorno d’oggi tuttavia ci ritroviamo a vivere in una società che da una parte, come in passato, non accetta critiche ma che dall’altra non riesce più a soddisfare i bisogni di chi ha perso il lavoro, di chi non ha alle spalle una famiglia che lo sostenga, di chi ha esaurito i risparmi.
La crisi economica avanza sgretolando la bolla dorata di benessere e consumo sfrenato nella quale ci eravamo adagiati.
La condizione peculiare di questo momento storico è costituita non solo dal fatto che l’economia non riesca a ripartire, ma anche dall’incapacità di reagire.
Da cosa deriva questa stasi paralizzante? A mio avviso è una conseguenza diretta dell’intorpidimento culturale del quale siamo stati vittime e conniventi.
Se ci fosse un ricco substrato culturale, una propensione critica da parte della filosofia accademica, un coinvolgimento sociale della letteratura e del cinema allora la crisi si risolverebbe, certo con fatica ma anche con una ventata d’aria fresca di cambiamento. Questo ricco substrato culturale però manca e con esso mancano la capacità e forse addirittura la volontà per cambiare rotta, per vivere un nuovo illuminismo che sfoci in una rivoluzione culturale.

La nostra società, o per meglio dire la società in cui viviamo giacché non credo che molti di noi la sentano come propria, è la società di una ristretta cerchia di persone che vince dove tutti gli altri perdono (perdono i lavoratori, gli onesti, gli artisti, i liberi pensatori).
La domanda più pressante, da questo punto di vista, chiede allora se sia possibile un cambiamento. Se sia possibile recuperare dei valori, ma anche proprio delle categorie di pensiero che sono andate perdute, o quasi, nel processo che ha condotto il mondo ad essere quello che è oggi.

La domanda successiva chiede dove risieda questo germe di rinnovamento. Certamente non nei luoghi che in passato hanno favorito la nascita di idee nuove: non le università, non gli opuscoli o i circoli intellettuali (la cui stessa esistenza ormai è storia). La mia speranza, allora, è che sia l’arte a guidare la rivolta culturale: il teatro, la letteratura e il cinema proposti da case editrici e compagnie indipendenti.
Fare arte in questa situazione significa andare in guerra. Significa rinunciare a una vita sicura e vivere un eterno precariato, rischiare spesso di non arrivare alla fine del mese, ma soprattutto significa avere la consapevolezza che il proprio lavoro sarà apprezzato da una ristretta nicchia di persone, disprezzato da alcuni e ignorato dai più.

Eppure Andrea Roccioletti parte in macchina e traccia la parola Art per 1000 chilomentri sulle strade d’Italia.
“Noi abbiamo scelto questa parola perché pensiamo sia una delle possibili risposte all’attuale crisi che stiamo vivendo” dice nel video conclusivo della performance.
Io concordo con lui. Credo che l’Arte sia la risposta: l’Arte che è critica e rivoluzionaria, che con una luce ardita mette in evidenza le ombre, così che la società civile possa provvedere a disperderle.


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