In questi giorni di freddo siberiano spesso nella solitudine della riflessione osservando il gelo che attanaglia le nostre città provo a chiedermi cosa sarà di me, del mio lavoro, della mia casa, di quello che lascerò in eredità fra cento anni.
Il mio non è pessimismo esistenziale, non è paranoia dell’ignoto, quanto un esercizio di realismo che esula dall’indifferenza e dallo scoraggiamento, per comprendere la realtà che vivo e la società che mi circonda; una società dove tutto è vissuto solo ed esclusivamente nell’attimo. Vedo uomini e donne esaltati ed esultanti “nel momento”, ma il “dopo” quando i riflettori della falsa popolarità si spengono è fatto di vuoto e di oblio.
E allora forse è proprio vero che per essere ricordati dai posteri (almeno da quelli che ti sono vicini) basta che gli si doni bene, amore e verità tralasciando il falso luccichio della sopraffazione.