Milena Gabanelli in veste di presidente
Come popolo di arrangioni viviamo una specie di innato complesso di inferiorità e coltiviamo una livorosa invidia per la quale, quando qualcuno dei compaesani fa bene, cerchiamo in tutti i modi di ostacolarlo. Mai si metta la testa fuori dal coro! Siamo anche un popolo creativo: esercitiamo la sottile arte della promozione-punizione.
Ecco che c'è una giornalista, Milena Gabanelli, una di quelle cattive, un mastino che quando si attacca è difficile far desistere. Racconta storie scomode in prima serata (altro miracolo) che fanno rivoltare lo stomaco dalla rabbia e qualche volta scoprono tane di scarafaggi che, al sole, si disperdono. Un vero servizio pubblico.
Ecco di questa impertinente stella che osa eccellere che ce ne facciamo? Le facciamo fare la fine della Politkovskaja? Esagerazione! E poi, chi pulisce? La seppelliamo di querele in modo che passi più tempo in tribunale che al lavoro? No, abbiamo lampanti esempi che pur avendo i tribunali alle calcagna si possa fare tranquillamente i propri comodi. Allora la cacciamo dalla RAI. Anche questa non è una soluzione. Con sta maledetta digitalizzazione la signora Gabanelli ha tonnellate di posti dove andare a fare il suo prezioso lavoro. Santoro docet.
Allora? Ci vorrebbe un posto all'apparenza prestigioso, un appartamento luminoso sulla cima di un colle. E un mestiere che ti fa girare il mondo armata di forbicioni ad inaugurare mostre e musei. Ci vorrebbe un posto dove la telecamera sia spenta e le domande scomode lascino lo spazio a vibranti soddisfazioni. Ecco, non c'è bisogno di farla fuori, basta disinnescarla. Basta metterla talmente in alto che la sua voce penetrante e scomoda si senta lontana lontana, strizzata in tailleur grigio fumo di Londra. Tanto fumo.
Lasciate la Gabanelli al suo posto, regaletele un megafono piuttosto. Di pupazzi per rappresentare il nostro paese da operetta ne abbiamo a mandrie. Firma qui per Scilipoti Presidente.