Ne la capitale del Botswana , giorni addietro, trenta tra Paesi africani e non solo (c’erano anche rappresentanti di Cina, Thailandia, Vietnam e Filippine), tra cui in particolare Kenya, Tanzania, Uganda, nell’ambito della Unione internazionale per la conservazione della natura (Uicn), si sono accordati per varare misure urgenti in difesa degli elefanti.
Il bracconaggio è una grossa piaga ovunque, molto difficile da eliminare, nonostante ormai multe salate e carcere per chi lo pratica in parecchi Stati africani.
E questo perché il rischio da parte di chi ne è protagonista è sicuramente ben pagato, specie se si riesce a farla franca. E mi riferisco al traffico illecito dell’ avorio, utilizzato nelle decorazioni e nella medicina tradizionale.
Nel caso non s’intervenisse tempestivamente è certo, cifre alla mano, che la popolazione degli elefanti si ridurrebbe di un quinto, entro dieci anni, rispetto all’attuale numero presente nel continente.
Le stime si basano su numeri certi : 25 mila vittime nel 2011, 22 mila nel 2012.
Le misure proposte a Gaborone sono state l’inasprimento ulteriore per bracconieri e trafficanti, il sapere leggere poi il traffico d’avorio come fonte per alimentare pinguemente gruppi ribelli, guerre intestine e sicurezza nazionale nel continente africano, già provato in tal senso da tantissime guerre a bassa intensità. Pertanto nessuno sconto di pena per chi è reo.
Fondamentale inoltre il creare gruppi di studio per approfondire lo studio del problema, Paese per Paese coinvolto, nei suoi differenti risvolti, per capire sempre meglio e di più il triste fenomeno.
E soprattutto coinvolgere le comunità di villaggio nella sorveglianza e difesa degli elefanti. Aspetto, quest’ultimo di non facile e immediata realizzazione, perché i contadini, in verità, non sempre amano questi animali,che sovente accusano, semmai, di devastare i raccolti dei propri campi.
Nel 1989, il Cites, organizzazione dell’ONU incaricata di proteggere specie vegetali e animali in pericolo, ha vietato del tutto il commercio dell’avorio.
Ma non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire.
Infatti, nel 1997, alcuni Paesi dell’Africa australe hanno avuto, comunque, l’autorizzazione a vendere quantità prestabilite d’avorio.
E le conseguenze in negativo non hanno tardato a manifestarsi come ben possiamo constatare tanto da dover correre ai ripari con urgenza.
E speriamo che questa volta (incontro di Gaborone) sia proprio quella giusta.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)