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Umberto Minopoli, Io ex comunista e Israele, luglio 2014

Creato il 30 luglio 2014 da Paolo Ferrario @PFerrario

Umberto Minopoli
Io ex comunista e Israele.

Chi ha la mia età’ e la mia storia politica ricorda agevolmente alcuni nomi: Ben Gurion, Golda Meir, Moshe Dayan, Edu Barak, Iztak Rabin. Avevo 20 anni. Non ero uno degli ultimi tra i giovani del PCI. Quei nomi li sentivo in televisione o li leggevo nel Bestiario della nostra propaganda. Non sapevo niente di loro. Se non quello che i miei giornali mi raccontavano: pochissime cose, stringate, pillole di realtà’. Ne’ i telegiornali e la tv di Stato mi dicevano di piu’. Nella sostanza: militaristi, governanti di uno Stato teocratico, agenti della superpotenza imperialista, sicuramente, di destra politicamente!
Non avevo bisogno di sapere di piu': che storia avessero, quale partito guidavano, le dottrine che professavano ecc.
Israele per me era un’entita’ definita solo militarmente. Non era una formazione politica ma solo una cannoniera artificiale che gli americani avevano costruito in quel posto per conquistarlo e umiliare chi ci abitava da sempre. Piu’ o meno ” quello che pensa” ancora oggi la maggioranza degli ex e post comunisti.
Mi dicono spesso alcuni : ma nel Pci c’erano tanti ebrei. E’ possibile che per anni abbia dominato una bugia colossale come questa su Israele? E’ successo! Bisogna distinguere nella storia degli ebrei nel Pci. Fino al 1955 nel PCI gli ebrei erano riusciti a farsi sentire. Certo Terracini e Sereni ebbero il loro peso. Aiutati dalla posizione che l’Urss prendera’ nel 1948 di riconoscimento dello Stato di Israele. Fino al 1955, lo avrei scoperto in eta’ matura, nel PCI circolavano idee cariche di ammirazione sull’epopea sionista, sulla nascita di Israele, sui Kibbutz in Palestina che Sereni descriveva entusiasta come un avanzato laboratorio di socialismo.

Nel 1952/55 tutto cambio’. Il “campo socialista”, cioe’ Stalin, decreto’ che l’idea sul sionismo andava revisionata: da ideologia romantica e socialista ( Herzl, il fondatore, era un socialista ) sostenuta dall’Urss fino ad allora, diventava una variante del colonialismo e dell’imperialismo. E nel Pci e sugli ebrei del Pci cadde la notte.

Questo antefatto io non lo conoscevo. Credetemi: questa storia complicata e inizialmente positiva del rapporto tra comunismo e sionismo, nessuno ce la raccontava mai. Ho avuto la fortuna di aver conosciuto in vita Terracini e Sereni nei loro ultimi anni di una vita leggendaria. Che fossero ebrei era una specie di storia nascosta, di stranezza raccontata nei corridoi: certo la parte, per noi, meno “nobile” della loro leggenda. Inutile negarlo. A Napoli, dove vivevo e militavo, lo stesso valeva con i pochi, pochissimi “ebrei comunisti’ che frequentavo: Guido Sacerdoti ( il primo bambino “ebreo” nato a Napoli nel dopoguerra, si raccontava), la sua mitica sorella e poi lui, Maurizio Valenzi. Forse lui e’ l’uomo ( con Gerardo Chiaromonte e Giorgio Napolitano) che ha contato di piu’ nella mia vita di giovane funzionario del Pci. Maurizio e’ uno degli uomini piu’ coraggiosi e impavidi che io abbia mai conosciuto.

Eppure anche lui, lo sentivo, rimuoveva quella strana identita': ebreo. La messa al bando sovietica del sionismo costringeva questi pochi ” ebrei comunisti” a mettere un velo. Immagino con un dolore dentro. nel 1975/76 il mio mondo era diviso in due: una galleria di eroi” socialisti ” si opponeva ad una di innominabili imperialisti. Il ” socialismo” era lo spartiacque. Socialisti erano i ” miti”:

Ho chi Min, Allende, Arafat, Fidel Castro e il Che. Ma “socialisti” erano ai nostri occhi di ragazzi comunisti anche una galleria di personaggi acquisitie stravaganti: Nasser, il faraone d’Egitto, Hussei, un hascemita che gli inglesi avevano inventato come re, despoti africani, asiatici e latino americani di varia fattura e taglia.

A questo Pantheon di eroi “socialisti” si opponeva il “campo” degli altri: gli imperialisti. In cui a fianco dei Presidenti Usa e di una serie di dittatori del Sud America figuravano i “mostri” sionisti: Ben Gurion, Golda Meir, Moshe Dayan, Edu Barak, Iztak Rabin. Il Male! Il povero Rabin lo vedo oggi spesso citato come una sorte di “ebreo buono” perche’ vittima di un terrorista israeliano ortodosso. Io invece ricordo la sua faccia svergognata dalla croce uncinata con cui la nostra propaganda gratificava i leader sionisti.

Sapevo tutto del Vietnam, del Cile, dell’America Latina, di Cuba e della sua epopea. Non so quante volte ho letto e riletto dell’assalto al Moncada. E degli epici eroi che fregarono Batista conoscevo vita, morte e miracoli ( pochi ). Cosi’ come dei miei eroi liberatori: Ho chi Min, Mao ( ma solo fino alla Grande Marcia ), Arafat, il Che, Allende.
Ma del conflitto palestinese non sapevo nulla. Non ci raccontavano nulla.
Della storia di quel conflitto ( il 1948, la guerra dei Sei Giorni, quelle del 73/75 ) ne sapevo zero. Era impossibile trovare testi degli Editori Riuniti, di Einaudi o di Laterza. O ricostruzioni su Rinascita e l’Unita’. Lo ricordo bene: su quel conflitto io leggevo solo le pubblicazioni dell’Olp. Copiose e numerose. Nei tipi della Jaca Book o delle numerose casette editrici dell’estrema sinista. Non avevo altro, per capire.
Era il mio mondo diviso in due: tutto il Bene aveva un colore. Tutto il male aveva quei nomi: i capi sionisti, i teocrati militaristi, gli agenti dell’imperialismo. Di cui, pero’, chi fossero in realta’ nulla sapevo. E nessuno me lo raccontava. Bastava Gromiko a rassicurarmi sul fatto che Golda Meir fosse un mostro.
Per me quei nomi israeliani erano solo simboli.
Erano frequenti sui manifesti, i volantini. Spesso accoppiati a croci uncinate e caccia bombardieri. Sentivo spesso in tv citare la ” guerra dei sei giorni ” o quella della ” Yom Kippur”. Ma onestamente non ne sapevo nulla. Ero convinto che fossero guerre iniziate da Israele contro gli stati arabi. Onestamente.

Nessuno mi aveva raccontato una storia diversa: quella che solo il tempo, giustiziere, mi fara’ capire fosse la verita': avevamo invertito i fattori. Gli aggressori ( gli Stati Arabi ) li avevamo dipinti come aggrediti. E le guerre che perdevano sistematicamente e che si concludevano (come ogni guerra) con il vincitore che conquista inevitabilmente, terra, le avevamo descritte come “occupazione” . Ma questo non mi era chiaro a quel tempo. Nessuno ce lo aveva detto.

Intanto crescevo. Dal Pantheon degli eroi “socialisti” qualcuno usciva, qualche altro resisteva a fatica, qualcun altro ancora veniva visto in una luce diversa. Il Pantheon si sgranava.
La parola “socialismo” non era più’ sufficiente per etichettare balordi fallimenti, il triste sprofondare dei regimi dell’est, la deriva di quelle protesi feudali che erano gli Stati alleati del “campo socialista” in Africa, Asia, America Latina. Ad uno ad uno i quadri della galleria venivano staccati. Uno o due restavano. Tra essi non Arafat
Quello che si e’ scoperto il peggiore di tutti: il bugiardo che ci ha mentito di più’.

Al Pantheon degli “eroi” accedevano nuove figure.
Il mio partito comincio’ la marcia di avvicinamento al socialismo democratico.
Con molta fatica, anticamera, autocritica, scuse, ripensamenti, cambiamenti di nome e cognome, riscrittura di biografie iniziammo a traguardare un obiettivo: entrare nell’Associazione Internazionale dei Socialisti. Era anche un’opera di pulizia sintattica. Avevamo, con fatale ritardo, finalmente trovato il “socialismo” che potevamo mantenere nel vocabolario: quello nobile, pulito, presentabile di Mitterand, di Brandt, di Palme. Sprofondato il romanticismo ( con le sue bugie )
ci sedemmo, finalmente, al tavolo di socialisti “accettabili” : persone dalla biografia limpida e libertaria. Gente che in giro per il mondo sosteneva insieme liberazione e libertà’. Combattendo i regimi dispotici di destra e di sinistra. Questa era l’Internazionale Socialista a cui il mio partito anelava.

Ci accolsero. Pensate la sorpresa quando studiando l’epopea del socialismo democratico, della galleria dei suoi eroi, dell’epica di una storia che era riuscita a sfuggire alla tenaglia dei totalitarismi del 900, comunismo e fascismo, ed era sopravvissuta alla guerra fredda

scoprimmo una cosa che nessuno ci aveva detto per piu’ di 20 anni: nella galleria dei ” socialisti presentabili “, a pieno titolo e con molta piu’ anzianita’ di noi eredi del Pci, figuravalo loro: Ben Gurion, Golda Meir, Moshe Dayan, Edu Barak, Iztak Rabin. Erano socialisti. Lo erano sempre stati. Tutti loro. Avevano governato Israele ininterrottamente per 30 anni col loro partito socialista. Erano ( la maggioranza di loro ) perfino atei. Altro che teocrati militaristi!

Non me l’avevano detto! Mai.


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