Loading ...
Tutti proviamo a raccontare storie. Il fatto è che non tutti riusciamo a farlo alla stessa maniera. C’è chi riesce a farlo che è una meraviglia, chi riesce a farlo che pare sia nato per non fare altro, chi ti inchioda con una frase e tu sai, sin dall’inizio, che resterai ad ascoltarlo, fosse pure per ore, non importa.
C’è chi riesce a farlo che gli vien naturale e, così, inizia a scrivere.
Come Gabriel Garcia Màrquez.
Allora, quando qualcuno come lui muore, sai che ci son storie che andranno perdute per sempre, con lui. Storie che non potrà più raccontarti e che resteranno nascoste tra le strade colorate di una città lontana e cieli troppo distanti da raggiungere senza l’aiuto d’inchiostro e carta.
Poi, però, pensi a quelle storie che ha avuto il tempo di raccontare, quelle che gli sono valse un Premio Nobel per la letteratura nel 1982, quelle che profumano di terra, di radici, di vita vera e di fantasia, quelle che, per fortuna, possiamo ancora custodire, possiamo proteggere, possiamo leggere e rileggere e raccontare ancora.
Quando qualcuno come lui muore, quando una voce così va via, sai che al mondo ci sarà un po’ meno magia, un po’ meno luce.
Marquez, colombiano, classe 1927, fu anche un giornalista, impegnato nel sociale e nella lotta politica. Molto vicino alle vicende che segnarono l’America Latina negli anni Sessanta e Settanta, grande amico di Fidel Castro e grande oppositore del dittatore cileno Augusto Pinochet.
Tra i romanzi che lo hanno reso uno dei più grandi scrittori sudamericani, e non solo, ricordiamo “Cent’anni di solitudine”, pubblicato nel 1967, che narra la storia di una famiglia, i Buendia, attraverso le sue generazioni, attraverso le sue solitudini, persa in un immobile, stagnante incapacità di andare avanti, di cambiare, di andar via. Altro suo grande successo fu “L’amore ai tempi del colera”, da cui è stato tratto, nel 2007, l’omonimo film con protagonisti Giovanna Mezzogiorno e Javier Bardem, e che racconta di un amore ostinato come pochi, di un amore che non subisce l’usura del tempo, che è paziente e vero. E poi “Dell’amore e di altri demoni”, “Memorie delle mie puttane tristi”, “Cronaca di una morte annunciata”, tutti destinati a diventare capolavori letterari mondiali.
Se non avete mai avuto modo di leggere di Gabriel Garcia Màrquez, non perdetevi d’animo, anzi. Non è mai troppo tardi per innamorarsi, per aprire un libro e perdercisi dentro, c’è sempre tempo per ascoltare altre vite, per vivere altre storie, per sentirsi un po’ più ricchi di ieri.
Il miglior modo per rincontrarlo ogni volta è leggere i suoi libri, il miglior modo per celebrarlo è ricordarsi di lui e della magia di cui, ad ogni pagina, ci ha fatto dono.