Ma la Suprema Corte, ha convalidato la sentenza emessa dal Tribunale di Roma l'8 giugno del 2010, aggiungendo che, anche ammesso che il portiere avesse sbagliato ad assolvere i suoi compiti, la circostanza non sarebbe bastata a «giustificare la violenta aggressione verbale e l'uso di espressioni gravemente lesive della dignità e del decoro della persona offesa». Inoltre la Cassazione - con la sentenza 36423 della V Sezione Penale - ha ricordato che «qualsiasi contestazione o riserva sulla correttezza» delle incombenze del portiere «avrebbe dovuto trovare sfogo in sede assembleare e non già nel gratuito ed ingiurioso attacco alla persona».
Una grande caduta di stile se si considera il ruolo ricoperto dal personaggio in questione.