Galeotto di Pietramala, memoria cancellata

Creato il 10 gennaio 2015 da Antonio_montanari

Galeotto di Pietramala, cardinale "malatestian

La memoria cancellata.
Le pochissime notizie su Galeotto Tarlati di Pietramala (1356-1398), Cardinale "malatestiano" per via materna, giunte sino a noi attraverso lo storico Luigi Tonini, non raccontano nulla del personaggio ma lasciano intravedere molto sulla sua rimozione dalla memoria storica. Soltanto Gino Franceschini (1890-1974) nel 1964 pubblicava notizie fondamentali sul ruolo svolto dal nostro personaggio nella Chiesa del tempo.
Galeotto, nominato a ventidue anni nel 1378, passa attraverso momenti drammatici della vita della Chiesa, quando Papa Urbano VI fa uccidere il Vescovo dell'Aquila Stefano Sidonio (1385) e cinque Cardinali (1386): Marino del Giudice, Giovanni d'Amelia, Bartolommeo di Cogorno, Ludovico Donati e Gentile di Sangro, «personaggi tutti de' più dotti e cospicui del sacro Collegio», scrive Ludovico Antonio Muratori. Urbano VI, gettando il Vangelo alle ortiche, prepara quel clima di intolleranza che sfocia nei roghi "conciliari" di Costanza per uccidere, in nome della Croce, Giovanni Huss (1415) e Girolamo da Praga (1416).
Una recente biografia di Papa Urbano VI, composta dal giornalista Mario Prignano , riprende l'infondata versione di un Galeotto che, assieme al collega Pileo da Prata, studia un piano per far uccidere il Pontefice, come aveva confessato sotto tortura un canonico che era stato al servizio di un altro Cardinale, Bartolomeo Mezzavacca, Vescovo di Rieti, ben conosciuto dal collega "malatestiano" e reputato l'organizzatore della trama contro Urbano VI. (Urbano VI. Il Papa che non doveva essere eletto, Genova-Milano 2010, p. 250; cfr. la voce Mezzavacca, Bartolomeo, DBI, 74, 2010, a cura di S. Fodale)
Il padre di Galeotto, Masio Tarlati, è Magistrato municipale di Rimini dal 1346 al 1347. Illustre fratello di Masio, è il Vescovo Guido Tarlati, Signore di Arezzo dal 1321 al 1328 (anno della morte), scomunicato attorno al 1325. Nel 1327 Guido Tarlati, «ad onta del Pontefice», corona re d'Italia Ludovico IV il Bavaro.
A Rimini Masio trova occupazione e moglie: Rengarda Malatesti, figlia di Galeotto I, il cui fratello Malatesta Antico Guastafamiglia ha un figlio «spurio», Leale, che diventa Vescovo di Pesaro (1370-1374) e poi di Rimini sino al 1400.
I Tarlati di Arezzo assumono il ruolo di antagonisti della Chiesa sin dal 1306, agendo proprio in Romagna. Il Vescovo Guido, per il ruolo politico svolto, ben più ampio di quello attribuitogli dal governo aretino, va incontro alla censura ecclesiatica. Dopo che Ludovico IV nel 1324 ha dichiarato deposto Papa Giovanni XXII («appello di Sachsenhausen», dal nome della città in cui fu pubblicato il 22 maggio 1324), il Pontefice avignonese (che lo ha scomunicato e dichiarato decaduto quando era re di Germania dal 1322), non può che punire Guido Tarlati, ritenendo l'esercizio della Signoria come la negazione dell'episcopato .
A proposito della «cattività» (1305-1377) dei Papi in Avignone, ricordiamo che Malatesta Antico vi si reca nel 1357, fermandosi presso la corte di Innocenzo VI per tre mesi e mezzo; e che nel 1366, dopo una visita di due anni prima, vi troviamo presente Malatesta Ungaro, come promotore di una lega contro le compagnie di ventura.
Il ricordo del nostro Galeotto è scomodo non tanto per azioni sue o responsabilità della famiglia della madre, quanto per il fatto che la memoria di lui avrebbe costretto a raccontare onestamente risvolti angoscianti (che si è preferito censurare) sullo scontro tra Papi ed Antipapi nel Grande Scisma (1378-1417).
Quando i Malatesti con Carlo (zio del Cardinal Galeotto e di Sigismondo) diventano protagonisti ai Concili di Pisa (1409) e Costanza (1415), come le cronache puntualmente registrano, sulla loro esperienza non poteva non proiettarsi l'immagine dello stesso Galeotto da Pietramala, dotto umanista e coraggioso uomo di Chiesa, capace di proporre nel 1395, con una celebre lettera, la via di risoluzione dei contrasti tra Roma ed Avignone, facendo dimettere il Pontefice di quest'ultima città, Benedetto XIII, dove lui stesso si era rifugiato. A Benedetto XIII, Pedro Martínez de Luna, eletto il 28 settembre 1394, Galeotto era molto legato da comuni interessi intellettuali.
Galeotto diventa in tutt'Europa una figura rispettata per la sua capacità di studiare e dibattere temi culturali e questioni teologiche, come documentato in numerosi volumi anche recenti.
Da Costanza, Carlo Malatesti non poteva non riportare a Rimini la consapevolezza che questo Cardinale meritava d'essere onorato. Nulla di più consono allo spirito di Galeotto da Pietramala (morto a Vienne nel Delfinato, e poi sepolto alla Verna), è il progetto umanistico del Tempio di Sigismondo Pandolfo, dove il "non detto" è più loquace di tante analisi che non collocano storicamente e culturalmente la lettura delle immagini e delle idee che le hanno generate, nel gran momento dell'Umanesimo.
Il Tempio di Sigismondo realizza i progetti albertiani di un "umanesimo civile", che si leggono nella Cappella delle Arti liberali: la Natura, attraverso l'Educazione, dà forma al Pensiero (Filosofia) tramite Letteratura, Storia, Oratoria, Metafisica, Fisica e Musica. La Natura, ci viene poi spiegato, si conosce attraverso Geografia, Astronomia, Logica, Matematica, Mitologia e la Scienza della stessa Natura che, sorridendo luminosamente, ci apre al discorso sulle finalità che ha la Cultura: educare alla "polis", creando Concordia tra i cittadini, ai quali tocca di costruire la "Città giusta" che, con le sue leggi, mira alla formazione di persone moralmente integre.
Non è soltanto l'antica lezione platonica, ma pure quella che a Bologna, in quell'Università attorno al 1430, delinea Lapo di Castiglionchio, come nel 1956 scriveva Ezio Raimondi. A dimostrazione che sono le idee a muovere il mondo, e non è il mondo che fa circolare le idee. Anche l'Umanesimo malatestiano di Rimini lo sapeva. Noi continuiamo a non accorgercene.
NOTA BIBLIOGRAFICA
Il testo di G. Franceschini è Alcune lettere del Cardinale Galeotto da Pietramala, in «Italia medievale e umanistica», VII, Padova 1964, pp. 375-404. Non per nulla Dario Cecchetti (Paris 1982), nella nota 5 di pagina 27 del suo fondamentale testo Petrarca, Pietramala e Clamanges, scriveva che su Galeotto Tarlati di Pietramala «la raccolta di dati bio-bibliografici più ampia esistente» era appunto nel saggio di Franceschini.
Su Guido Tarlati, cfr. il saggio di Flavia Negro, Vescovi signori e monarchia papale nel Trecento, in «Signorie italiane e modelli monarchici (secoli XIII-XIV)», a cura di P. Grillo, Roma, 2013, pp. 181-204. A Flavia Negro si deve un importante discorso sui rapporti fra i Tarlati e la Chiesa.
Per il testo di Ezio Raimondi, cfr. I sentieri del lettore, I, Da Dante a Tasso, a cura di A. Battistini, Bologna 1994, p. 208.
Le altre indicazioni bibliografiche si troveranno nelle singole pagine che saranno pubblicate.
Continua
INDICE

o"

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :