Galeotto fu il peperone!

Da Aquilanonvedente

Non so se vi è mai capitato di pensare che se un determinato avvenimento fosse accaduto un giorno prima o un giorno dopo (o anche un minuto prima o un minuto dopo), la vostra vita avrebbe potuto essere completamente diversa.

Beh, io questa impressione l’ho avuta diverse volte.

Ho l’impressione di avere avuto dinanzi a me diversi “bivii” e chissà se ho sempre preso la direzione giusta. E poi ho anche l’impressione che alcuni accadimenti siano arrivati troppo tardi, quando ormai avevo preso una determinata direzione.

Uno di questi è stato un peperone

No, non c’entra niente la digestione.

Io, com’è risaputo, avrei tanto voluto fare il cuoco. Forse anche lo chef, nel senso che avrei anche potuto dirigere una cucina, anche se avrei comunque preferito “sporcarmi le mani” direttamente.

Avrei potuto cucinare in qualche ristorante di classe, su qualche nave da crociera diretta a Honolulu, oppure avrei potuto spandere gli aromi in qualche mensa della Caritas, il tutto con lo stesso impegno (anzi, forse in quest’ultimo caso avrei avuto più soddisfazioni…).

Orbene, dovete sapere che fino agli inizi degli anni novanta per acquisire la qualifica di “cuoco” occorreva frequentare un corso di formazione autorizzato dalla Regione e tenuto da un ente di formazione accreditato. Credo che il corso durasse alcuni mesi (forse sei, oppure nove) e un certo numero di ore, con frequenza obbligatoria ed esame finale. Tutti i cuochi della mia azienda avevano e hanno tuttora questa formazione, essendo stati assunti oltre vent’anni fa.

L’ultimo concorso venne effettuato nel 1992 e aveva l’obiettivo di “stabilizzare” alcuni dipendenti precari. Da poco assunto, finii a fare il segretario della commissione di concorso. Ricordo che la commissione era formata da un noto dietologo della città (un omone grande e grosso, di oltre cento chili di peso), la titolare di un ristorante della zona (appena formatasi da maestri chef della nouvelle cousine) e il capocuoco di una struttura assistenziale della zona (gay, tanto per rispettare tutte le possibili tendenze culinarie).

Ovviamente la prova pratica consisteva nel cucinare un pasto completo, con le dosi e gli ingredienti messi a disposizione dalla commissione. Ogni candidato doveva preparare un pasto diverso dagli altri: a chi toccò il risotto, a chi la polenta, a chi la pasta, ecc. (i candidati erano comunque pochi, quattro o cinque se non ricordo male).

Alla fine, la commissione soppesò, annusò e ovviamente assaggiò. E io,  pur non facendovi tecnicamente parte, partecipai comunque all’assaggio, da buon trentenne sempre affamato.

Orbene, che c’entra il peperone, vi chiederete voi?

C’entra, c’entra…

Una candidata preparò gli straccetti di pollo in crema di peperoni.

Orbene, il mio giovane palato rimase estasiato da quei peperoni, dalla delicatezza di quel sugo, dalla morbidezza del pollo che si scioglieva in bocca.

I miei sensi rimasero talmente impressionati, meravigliati, turbati che, dopo aver scartato l’ipotesi di fidanzarmi con la cuoca autrice di quel piatto paradisiaco, presi una decisione: da grande voglio fare il cuoco!

E così, passata l’eccitazione peperonesca, decisi di informarmi sulle modalità per acquisire la tanto sospirata qualifica di cuoco, combinandola con la mia attività lavorativa, quando mi arrivò la doccia gelata: “Mi spiace – mi dissero – ma i corsi di formazione di cuoco sono stati aboliti. D’ora in avanti occorre frequentare la scuola alberghiera“.

Ci rimasi malissimo.

Non presi nemmeno in considerazione l’ipotesi (prima scartata) di fidanzarmi con la cuoca.

Il peperone è arrivato troppo tardi” pensai e me ne feci una ragione.

Se non fosse stato così, in questo momento forse starei su una nave diretta a Honolulu, forse in condizioni migliori di quelle nelle quali mi trovo adesso…

Il cuoco pasticcione



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