Los Angeles: la polizia d’incazza
Fotografia cangiante e fumettistica per l’opera di Fleischer. Peccato che il risultato sia un plagio deludente.
Los Angeles, 1949. Mickey Cohen, pugile ebreo con il vizio della vittoria, risale la gerarchia criminale a colpi di pistola. Giudici e agenti corrotti gli lasciano via libera e solo un agente, John O’Mara, cerca di boicottare le azioni criminali del pericoloso boss. Allora il capo della polizia Parker decide di rendere coerenti le azioni dell’isolato poliziotto, costruendogli intorno una squadra di incorruttibili agenti.
Titolo originale: Gangster squad. Sottotitolo: Los Angeles: la polizia s’incazza. Sotto-sotto titolo: Gli intoccabili parte seconda. Remake non dichiarato 20 anni dopo. Se si vanno ad analizzare i tre “titoli” si può riassumere abbastanza esaustivamente la pellicola diretta da Fleischer. La squadra di “gangster” che opera a Los Angeles alla fine degli anni 40 è in realtà un team di poliziotti assoldati dal capo della polizia per sgominare l’impero criminale del malvagio Mickey Cohen (personaggio realmente esistito), ex-pugile, caratterizzato da manie di onnipotenza e interpretato da un Sean Penn sottotono. Tuttavia il regista non si limita a costruire una lotta tra “bande” e affronta, inciampando in un interminabile numero di cadute di stile e cliché, il tema del dovere e della vendetta, incarnati rispettivamente da Josh Brolin e da Ryan Gosling. I due sono la classica coppia poliziotto buono-poliziotto cattivo, dove l’uno (Brolin) è mosso dall’irrefrenabile forza del dovere (servire e proteggere), mentre l’altro (Gosling) muove i suoi primi passi nella guerra metropolitana a causa della morte accidentale di un ragazzino durante l’esecuzione pubblica di un boss malavitoso. Inoltre il biondo attore si innamora della donna del delinquente Penn (cliché) e farà di tutto per strapparla dalle grinfie del villain Cohen. E se per buona parte della pellicola lo sviluppo narrativo si fa piatto e tradizionalmente superficiale, nella seconda parte Fleischer sferra il colpo mortale che fa sprofondare Gangster Squad (2013) in un profondissimo abisso da cui non riuscirà a tirarsi più fuori. Perché l’autore costruisce un remake non dichiarato de Gli intoccabili (The Untouchables, 1987), pellicola diretta da Brian De Palma nel lontano 1987. Stupore e incredulità si disegnano sul volto dello spettatore che assiste a un plagio terrificante che inizia a delinearsi dall’uccisione del “tecnico” e meno avvezzo all’azione Keeler (spoiler!), che ricorda distintamente l’uccisione del nerd anni 20, all’interno dell’ascensore, Wallace. Ma i rimandi (involontari?) continuano con la minaccia al protagonista Brolin e successivo parto della moglie, che poi parte e si allontana dalla guerriglia (vi ricorda qualcosa?). La battaglia continua e a differenza di Capone/De Niro, Cohen/Penn rimane barricato all’interno di un lussuosissimo albergo protetto da numerose guardie del corpo. Ma nel momento in cui ha intenzione di scappare si scontra con i poliziotti e ingaggia uno scontro a fuoco ai piedi di una scalinata (tutto rigorosamente in slow motion, manca solo la carrozzina). Eppure tutto ciò si poteva prevedere perché le avvisaglie risalgono ai primi minuti di pellicola, nei quali vengono assoldati i poliziotti, ovvero un anziano, un messicano (nel film di De Palma era italo-americano, identica minoranza culturale solo spostata a ovest di Chicago) e un poliziotto stratega, il cervello del team. L’unica cosa che non collima è l’agente afro-americano, bravo con il coltello, un po’ meno con la disciplina.
Detto questo Gangster Squad procede banalmente verso un finale annunciato, poco coinvolgente e abbozzato. La fotografia di Beebe, curata e perfettamente inserita nel contesto storico, non risolleva una pellicola che ostenta onore e dovere. Nessuna medaglia si staglia all’orizzonte di O’Mara e soci. E nessun applauso.
Uscita al cinema: 21 febbraio 2013
Voto: *1/2