Gano’ peru’/ha vinto il peru’

Creato il 08 giugno 2011 da Gctorino

I risultati elettorali che arrivano dal Perù non possono che rallegrare tutti coloro che lottano per un’America Latina libera dal giogo dell’imperialismo, in pace e con giustizia sociale.
In un ballottaggio parecchio sofferto, Ollanta Humala, candidato di Gana Perù è stato eletto presidente del paese andino con circa tre punti percentuali di distacco (circa mezzo milione di voti) dalla sfidante Keiko Fujimori. Ballottaggio sofferto e incerto fino all’ ultimo, con sondaggi pre- elettorali che assegnavano praticamente le stesse possibilità di vittoria ai due candidati, indicando come vincente ora l’uno, ora l’altro. E questa è forse l’unica nota dolente di una campagna elettorale durissima, molto polarizzata, in un paese sicuramente non fra i più progressisti dell’ America Latina.
Fa davvero male sapere che fra il sopruso e la speranza siano intercorsi così pochi voti. La polarizzazione peraltro non nasceva tanto dalla connotazione dell’ esponente di sinistra, che anzi ha impostato la campagna su toni più moderati di quella del 2006, quanto dalla eccezionalità –in negativo- della sfidante Keiko Fujimori. La candidata di Fuerza 2011, seconda nella prima tornata elettorale dopo Ollanta, è infatti la figlia del dittatore omonimo, cha attualmente si trova in carcere per assassinio, violazioni dei diritti umani e corruzione. Riuscendo a sorpresa a prevalere sugli altri candidati di destra, Keiko ha dimostrato che l’eredità del periodo dittatoriale è tutt’altro che liquidata, e che la borghesia compradora di Lima è ancora in gioco.
Anzi, che regna incontrastata come forza sociale egemonica nel campo neoliberista. Addirittura, la sua partecipazione al ballottaggio ha fatto sì che candidati sconfitti (dalle varie sfumature di centro/destra) hanno chi più chi meno appoggiato Humala, pur essendo senza dubbio organici allo schieramento filo-USA e liberista. Questo per dare un idea del clima di autentico terrore che l’idea del "ritorno del fujimorismo" provoca pure fra intellettuali (e politici) come il premio Nobel 2010 Vargas Llosa, colonna portante del punto di vista yankee in Latinoamerica. Ma anche per dare un idea dello “scollamento” che c’è stato fra le elite, fra la pancia dell’elettorato urbano ancora desideroso di imperare “manu militari” e lo stesso ceto politico più moderato che pure li intendeva rappresentare.
De facto, il neo presidente Humala si trova con un paese quasi diviso a metà. Diviso fra chi giustamente reclama un trattamento più equo per il terzo abbondante di popolazione che ancora si dibatte fra le spire della miseria e coloro che ancora non si rassegnano alla perdita di uno stato che assieme alla Colombia era la quinta colonna dell’ “Imperio yanqui” nel continente. Interessi troppo confliggenti per essere tutelati entrambi da una mediazione. Ed ecco allora il perchè di una campagna elettorale senza esclusione di colpi, che pare continuare anche nel conteggio e addirittura dopo la proclamazione del vincitore. Ora la maggioranza relativa conquistata da Gana Perù al parlamento proverà, guidata da un uomo capace e determinato come Humala, a risolvere almeno in parte alcuni degli annosi problemi del Perù.
Ma la battaglia è ancora lungi dall’essere vinta. Già iniziano i trucchi destabilizzanti: è notizia di oggi il crollo della Borsa di Lima del 12,5%; tale è la reazione dei mercati a Ollanta. Neanche ci fosse un altro "guerrillero heroico" da piazzare in un ministero dell' economia. Per ora non resta che felicitarci con gli elettori di Ollanta, comprese le migliaia di votanti residenti nel nostro paese. E augurarci che le istanze popolari di un cambiamento vero, e conseguentemente i rappresentanti eletti da Gana Perù, trovino i minori ostacoli possibili sulla loro strada.
Nello scenario continentale è possibile che questa vittoria sia una boccata d’ossigeno per la sinistra in forte difficoltà, in specie nelle sue componenti marxiste . Una sinistra smarrita dall’asse “Molotov-Von Ribbentrop” fra il Venezuela bolivariano e socialista e la Colombia da 60 anni governata dall’oligarchia narco-paramilitare. Una sinistra stretta fra la “Revolucion bonita” che pare aver perso almeno parte della sua forza propulsiva, che affronta un serio problema di burocratizzazione e le consistenti azioni repressive statunitensi, per ora dai contorni poco chiari. Una sinistra marxista colpita dalle stesse forze che aveva sostenuto e che –con crescenti distinguo- continua a sostenere. Proviamo a spiegare meglio anche per chi non segue quotidianamente le vicende sudamericane.
Da mesi, in Venezuela, militanti politici baschi e colombiani vengono arrestati e estradati nei paesi d’origine, dove vanno incontro ad un destino infame, al di fuori dai più elementari diritti umani. Il culmine si è raggiunto qualche settimana fa con l’arresto del giornalista Joaquin Becerra, cittadino svedese di origini colombiane, rifugiato politico, raggiunto in volo da un ordine di cattura e arrestato al suo sbarco in Venezuela. Un dirigente politico bolivariano che era stato tra i pochi a scampare al massacro dell’Union Patriotica, evidentemente non è riuscito a sottrarsi alle maglie della “giustizia” venezuelana. Non un caso di fuoco amico, ma una scelta deliberata di cui solo recentemente Chavez ha ammesso la responsabilità. Estradato illegalmente, è ora in mano alla oligarchia fascista del presidente colombiano Santos. Una campagna di licenziamenti di giornalisti venezuelani che denunciavano questo fatto chiude per ora questa triste vicenda.
Sul piano diplomatico, ad oggi, i risultati delle forze progressiste non sono migliori: l’Honduras del dittatore Porfirio Lobo, con la mediazione dell’ asse Colombia/Venezuela, è in procinto di tornare nell’ OAS, mentre il golpista Micheletti si gode l’impunità. In cambio, la promessa solenne degli eversori golpisti di cessare gli omicidi e le violenze contro giornalisti e organizzazioni popolari. E ancora le promesse di un assemblea costituente e di riconoscere le opposizioni. Ad oggi, i golpisti ottengono il petrolio e gli accordi commerciali pre-2009, e le masse popolari inermi ottengono le promesse di chi gli ha fatto contro un colpo di stato.
Anche Zelaya era stato eletto, e -se possibile- era ancora meno di sinistra del neopresidente peruviano. E’ in questo contesto che giunge l'elezione del presidente Humala, e a questo punto capirete perchè a lui e a coloro che lo hanno sostenuto, compresi i comunisti, i più sentiti auguri servano davvero.
Carlo Lingera, Responsabile Esteri GC Torino 2.0

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