Gantz, Giappone, 2011, 130 min.
La prima parte dell’adattamento del famosissimo manga di Oku Hiroya, affidato alla regia dell’onesto artigiano Sato Shinsuke (di suo ricordiamo il discreto The Princess Blade) ha un soggetto decisamente affascinante: Kei e Masaru, vecchi compagni di scuola, vengono travolti da un treno mentre cercano di salvare un ubriaco caduto sui binari. Con loro stupore i due si ritrovano in una stanza, insieme ad altre persone, nella quale c’è un enorme sfera nera, chiamata Gantz, che dopo poco dà loro le istruzioni del particolare survival game al quale saranno costretti a partecipare. I “giocatori”, infatti, dovranno tornare ogni notte in questa sorta di limbo e prendere parte alla missione assegnata loro da Gantz, riguardante l’eliminazione di uno dei tanti alieni che si nascondono sulla Terra. Dotati di tute ed armi tecnologiche, vengono “teletrasportati” sul campo di battaglia, chi vi muore perisce definitivamente, mentre chi sopravvive può avanzare allo stage successivo. Ma non finisce qui, perché colui che uccide un alieno guadagna dei punti, una volta che un giocatore arriva a 100 gli viene offerta la possibilità di scegliere se cancellare i propri ricordi e tornare in vita o se resuscitare una persona cara.

una tavola tratta dal manga originale
Una fantascienza che si potrebbe definire dunque metafisica, anche se il film scansa volontariamente qualsiasi approfondimento religioso/filosofico per gettarsi a testa bassa verso l’azione più spinta (anche se con più moderazione rispetto al recente Sucker Punch). E’ noto che il manga stesso trova i suoi punti di forza nella commistione di violenza e erotismo, ma questo adattamento è chiaramente un film commerciale rivolto al grande pubblico; ciò significa che se la parte action si può dire abbia una dose di violenza adeguata anche se mai eccessiva, la parte erotica è stata drasticamente ridotta e confinata ad una sola scena, seppur ben riuscita. Si tratta della comparsa di Kishimoto, la quale, nuda, si materializza gradualmente davanti ai nostri occhi col sistema di teletrasporto con il quale lo spettatore prenderà presto confidenza Questa è una delle scene che dimostrano l’ottimo impiego degli effetti digitali in questo film, sempre convincenti seppur senza toccare alte vette, risultano comunque gradevoli e ben integrati poiché usati senza abusarne. Le coinvolgenti scene d’azione sono inoltre ben dosate e vengono sempre precedute e concluse dal ritrovo nella stanza del Gantz, il quale fa commenti piuttosto caustici e divertenti sulle prestazioni dei giocatori. Il ritmo che ne risulta è un po’ ripetitivo, ma regge comunque egregiamente la lunga durata, intrattenendo per oltre due ore. La componente prettamente estetica è curata, il design avveniristico di tute e armi è decisamente cool e, anche se possono ricordare per alcuni versi quelle di Tron, sono una fedele materializzazione della fertile fantasia di Oku. Fantasia dimostrata anche dalla molteplicità di tipologie di alieni che i protagonisti dovranno affrontare: la più originale è sicuramente quella delle statue buddhiste le quali, seppur rischiando in un primo tempo il ridicolo involontario, almeno per quanto riguarda la Kannon dalle 1000 braccia, hanno un impatto notevole.


EDA





