Magazine Cinema
Uk, Italia, Polonia, 2004
108 minuti
La deludente, purtroppo, visione di Onirica (2013) mi ha spinto a rimettere mano a questo vecchio articolo sul Giardino delle Delizie di Lech Majewski, che ad oggi, può tranquillamente ritenersi come la prima tappa di un progetto molto caro al regista, dedicato a grandi nomi artistico/letterari del passato quali Bosch, appunto; Bruguel (I Colori della Passione) e Dante (il succitato Onirica). Oltre ad essere considerato uno dei migliori artisti a 360° della scena contemporanea polacca, Majewski è senza dubbio colui che più di ogni altro ha contribuito a far riemergere dalle ceneri il movimento surrealista. E' infatti con Glass Lips (2007) e questo Garden of Earthly Delights, che a mio avviso si raggiungono i massimi vertici d'espressione, e se escludiamo gli ultimi lavori della suddetta "trilogia", restano i soli film che hanno potuto godere di un rapidissimo passaggio anche qui in Italia grazie alla 52a biennale di Venezia, che nel 2007 ha organizzato una retrospettiva sull'artista, presentando il ciclo Blood of a Poet (33 brevi filmati riuniti in un'unica videoinstallazione, dai quali è stato realizzato Glass Lips). Girato nel capoluogo veneto e realizzato con il supporto di Mestiere Cinema, Garden of Earthly Delights ha vinto il Gran Premio della Giuria al Roma International Film Festival. Il film è tratto dal libro Metaphysics scritto dallo stesso Majewski e, a differenza di Glass Lips e Pokoj Saren (incentrati quasi totalmente sulla forma e l'impatto visivo), qui il contenuto è più evidente, indagando sul rapporto tra Claudia e Chris (i due attori, una bravissima Claudine Spiteri e Chris Nightingale, hanno deciso di dare i propri nomi alla storia) che procede attraverso arte e amore, erotismo e morte.
Lei è una storica dell'arte, esperta dei quadri di Hieronymus Bosch, lui, un ingegnere navale; i due s'incontrano a Londra e s'innamorano, ma quando Claudia scopre d'avere un tumore alla gola (il male incurabile, costantemente celato sotto le bende che ricoprono il collo della protagonista), i due decidono di trasferirsi a Venezia dove la donna potrà trascorrere gli ultimi momenti della sua vita. Durante questo soggiorno, la passione di Claudia per il pittore fiammingo si concentra sulla sua opera più surreale ed enigmatica, quel Giardino delle Delizie dove tutto è concesso (come dichiara la protagonista), tramutandosi in un'ossessione che la porterà a ricreare e rivivere di persona le innumerevoli situazioni riffigurate nel dipinto. Il tutto con l'amorevole supporto di Chris, il quale riprenderà ogni momento, ogni minimo dettaglio ed ogni istante delle loro vite con la sua cinepresa. Quella cinepresa, utilizzata come un immenso atto d'amore che Chris mette in registrazione già dalla prima inquadratura, seguendo per 108 minuti gli ultimi giorni di vita della sua donna: la passione per l'arte, gli stati d'animo, i cedimenti, il lento e inesorabile aggravarsi della malattia che porterà al tragico, ma già annunciato destino (l'ultimo bacio verso quell'obiettivo che improvvisamente verrà oscurato dal rosso del sangue). Ma anche se l'occhio della cinepresa si spegne con la vita di Claudia, resterà per sempre aperto nella memoria di Chris. Claudia continuerà a vivere nei suoi ricordi, attraverso quelle registrazioni che hanno immortalato i vari momenti del loro soggiorno; dalle escursioni in traghetto per la laguna fino al cimitero di San Michele (dove Majewski omaggia il compositore russo Igor Stravinsky, inquadrando la sua tomba) alle continue riflessioni di Claudia. Un viaggio artistico che non si limita solamente a Bosch, ma che si estende mediante carrellate che, nel corso della pellicola, esplorano altre opere (ricordando molto lo straordinario Arca Russa di Aleksandr Sokurov): dal Ritratto del doge Leonardo Loredan, di Giovanni Bellini, passando per Leonardo Da Vinci, fino all'arte contemporanea dove, in un magnifico piano sequenza, Claudia s'intrattiene in un lungo monologo sul punto di non ritorno della Storia dell'Arte. In particolar modo, resterà indelebile nella memoria il suo stato d'estasi di fronte alle Quattro Visioni dell'Aldilà di Bosch (specialmente rivolto alla tavola dell'Ascesa all'empireo) che accostati alla successiva immersione in preghiera, sono istanti di pura elevazione metafisica. Su tutto pero, spicca l'immenso desiderio di voler ricreare Il Giardino delle Delizie, reale, palpabile, vivo. Ecco allora, che le pittoriche visioni dell'opera di Bosch diventano la forza centrale da cui il regista evoca i dettagli più surreali, incorniciati dal suggestivo capoluogo veneto, anch'esso avvolto in un clima straniante, estraneo alle solite rappresentazioni (la sequenza del rospo in traghetto riporta al surrealismo di un Magritte). Chris riavvolge continuamente quel nastro con l'idea di non riavviarlo più, ma la tentazione è troppa, come la sofferenza e il tormento che lo distruggono interiormente (emblematica la sequenza dove il medico lo informa della morte di Claudia), e Chris riavvia per tre volte la registrazione, con timore, mettendo in pausa prima che il medico possa finire il suo discorso. Ma anche a cinepresa spenta, intorno a lui rimane il ricordo di tutto il resto; il vestiario e le scarpe, che Chris custodisce nella valigia (quella valigia, anch'essa oggetto delle loro rappresentazioni) e che successivamente seppellisce nel parco dove più volte era stato con la sua amata, la dove, su di una panchina affiora una frase: "In memory". In memoria di quell'amore, consumato tra le mura di quell'appartamento, tra le lenzuola del letto o sotto la cupola di nylon che li vedeva protagonisti di una delle loro immedesimazioni artistiche. La presenza è ancora forte, e anche se la cinepresa ora è spenta, Claudia è sempre lì, tra quelle cose... con lui.
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