I pugliesi Gardenjia propongono una formula sonora ricca di sfaccettature e sfumature differenti, tutte facenti capo alle più ambiziose derive del metal contaminato, quindi: abbondanti dosi di prog e avantgarde, scorrerie nel death tecnico, un pizzico di metalcore, un’oncia di alternative-rock, un nonnulla di post-metal, il tutto amalgamato e filtrato alla luce di una personalità in fieri eppure già forte nella sua convinzione di cercare una nuova forma di ibrido. Si va alla ricerca di un linguaggio di matrice metal che sappia essere sperimentale quel che basta per ambire a una propria ragion d’essere oltre il mero sfogo di rabbia o la pedissequa ripetizione di cliché già abusati, eppure diretto discendente di una tradizione cui non si vuole rinunciare né tanto meno abiurare. Il risultato è un album che, come poco sopra anticipato, si nutre di molti ingredienti, anzi, appare addirittura una piccola Babele nella quale si sentono ora i Meshuggah ora i Cynic, ora i Tool, a tratti persino i Dream Theater. Detta così, appare evidente come il pericolo di fare il passo più lungo della gamba sia ben più che un’ipotesi remota, piuttosto si potrebbe paventare la catastrofe, che per fortuna non accade, anche se non è tutto oro ciò che luccica. Innanzitutto, va detto che l’effetto patchwork è quasi sempre evitato dalla cura con cui i Gardenjia costruiscono i passaggi e i cambi di tensione, così come non si può tacere della solida tecnica e della padronanza della materia, ciò che invece manca è ancora la capacità di non eccedere in prolissità e voglia di strafare: perché, è bene ricordarlo, a volte è meglio giocare al ribasso che puntare dritti alle stelle e perdersi nei dettagli. EPO è un album cui si attaglia alla perfezione l’aggettivo “tanto”, forse troppo, proprio perché non pone un freno all’ambizione smisurata e ha per obbiettivo di guardare in faccia le stelle senza mostrare quell’umiltà che a volte fa la differenza. Insomma, pur essendo un lavoro solido e ben costruito, difetta di senso della misura e rischia di perdersi nei mille rivoli che ne costituiscono la spina dorsale, tanto da rischiare di mancare un centro che sembra sempre lì a portata di mano e che si sarebbe ben potuto afferrare tracciando una linea retta, anziché perdersi in ghirigori e arabeschi. EPO farà di sicuro la gioia degli amanti del metal più complesso e cerebrale, ma alla lunga tende a diventare troppo auto-referenziale per colpire come dovrebbe.
Tracklist
01. Epica
02. Ante Rem
03. In Blue
04. Shapes Of Greys
05. Touch Of Glory
06. Fire Walk With Me
07. Giada
08. In Dusk
09. Epo
10. Ascension