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Gardin vs Galimberti

Da Guchippai

Gardin vs Galimberti

Berengo Gardin, Yugoslavia 1979

sabato fotografico quello scorso, nel senso che ho visto foto e ho fatto foto (ma soprattutto mi sono goduta una favolosa giornata di sole a Venezia). le mostre che non potevo perdermi erano quelle dedicate a Berengo Gardin presso la Casa dei Tre Oci alla Giudecca e quella di Maurizio Galimberti a Palazzo Franchetti. due autori che non potrebbero essere più diversi: bianco e nero per il primo, polaroid a colori per il secondo, ma la diversità fra i loro scatti naturalmente non si ferma qui. Gardin è più nelle mie corde; in questa mostra che ha curato personalmente (e tra l'altro era personalmente presente, così l'ho visto dal vivo, anche se non mi sono messa a inseguirlo per farmi autografare il catalogo come hanno fatto altri presenti) l'elemento umano è al centro. le foto ritraggono infatti quasi tutte delle persone: che siano in primo o secondo piano, che fissino l'obiettivo o posino ignare. questo raccontare il mondo con e attraverso le persone è qualcosa che amo da sempre, così com'è indubbio che l'uso del bianco e nero enfatizzi e sottolinei certe emozioni. all'interno della mostra fra l'altro c'era una esposizione di alcune delle macchine fotografiche usate da Gardin; roba da mettersi a piangere davanti alla teca... dall'altro lato c'è Maurizio Galimberti che ha esposto non a caso composizioni (i suoi famoso mosaici) e scatti singoli (quasi tutti manipolati) che, fedeli al titolo della mostra (Paesaggio Italia) di esseri umani praticamente non ne contengono. non che di esseri umani non ne abbia fotografati, intendiamoci, si è proprio trattato di una scelta. questo fatto però ha contribuito molto al mio pensiero sul suo lavoro, anche dopo aver visto gli scatti dedicati alle persone, ovvero: tecnica tecnica tecnica, anima pochina. premetto che gli do atto di avere avuto l'idea di queste composizioni a mosaico che sono certamente d'effetto; la più grande contava la bellezza di 400 polaroid! però l'idea che mi trasmette è di uno che si mette davanti al soggetto a scattare a manetta spostandosi qualche centimetro più in là e più in qua per poi assemblare il tutto, il che non ha per nulla a che fare con il cogliere l'attimo e con il fissare l'essenza del momento, cosa che invece cerca di fare un fotografo come Gardin. sono dunque due modi di raccontare molto diversi e in fondo il fatto di preferire l'uno o l'altro dipende dalla propria sensibilità. ciò che mi è venuto da concludere è che, avendo a disposizione un'adeguata somma di denaro per acquistare le cartucce, un mosaico di polaroid lo posso fare pure io, ma la verità è che il genere di foto che voglio fare è piuttosto quella delle vecchiette con le oche. 

Gardin vs Galimberti

Maurizio Galimberti, Galleria Cupolaosa Futurdinamica


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