Il recente importante ritrovamento di petrolio e gas è destinato a cambiare radicalmente l’equazione geopolitica nella regione del Mediterraneo orientale e oltre. Per cominciare, ha trasferito Israele dalle stalle alle stelle, in termini di indipendenza energetica e di sicurezza. Il Libano contende la parte di giacimenti che si trova all’interno delle sue acque territoriali e si ritrova Washington dalla propria parte. Engdahl esamina le implicazioni di questo sviluppo chiave, che ha già increspato la scena elettorale statunitense, con Netanyahu che scommette sull’avanzata repubblicana contro Obama.
Le recenti scoperte di significative, anzi enormi riserve di petrolio e gas nel poco esplorato Mar Mediterraneo, tra Grecia, Turchia, Cipro, Israele, Siria e Libano, indicano che la regione potrebbe diventare letteralmente un “nuovo Golfo Persico” in termini di ricchezza di petrolio e gas. Come per il vecchio Golfo Persico, la scoperta di abbondanti giacimenti di idrocarburi potrebbe anche rappresentare una maledizione geopolitica di dimensioni sconcertanti.
I conflitti di lunga durata del Medio Oriente potrebbero presto essere offuscati da nuove battaglie sui diritti delle risorse di petrolio e gas del Mediterraneo orientale, nel bacino di Levante e nel Mar Egeo. Qui esaminiamo le implicazioni della gigantesca scoperta di gas e petrolio al largo delle coste di Israele. In un secondo articolo esploreremo le implicazioni delle scoperte di petrolio e di gas del Mar Egeo, tra Cipro, Siria, Turchia, Grecia e Libano.
Il Leviatano israeliano
A cambiare i giochi è stata l’eccezionale scoperta, a fine 2010, di un enorme giacimento di gas naturale al largo delle coste di Israele, in quello che i geologi chiamano il Bacino del Levante o Levantino. Nel mese di ottobre 2010, Israele scoprì un enorme, “super-gigante”, giacimento di gas al largo delle sue coste, in quella che dichiarava essere sua Zona Economica Esclusiva (ZEE).
Il ritrovamento è a circa 84 miglia ad ovest del porto di Haifa e a tre miglia di profondità. L’hanno chiamato Leviatano, riprendendo il nome del mostro marino biblico. Tre società energetiche israeliane, in collaborazione con la texana Noble Energy, hanno stimato che la zona contiene circa 16 miliardi di metri cubi di gas. Questo rappresenta il più grande ritrovamento di gas in acque profonde dell’ultimo decennio, e scredita ulteriormente le teorie del “picco del petrolio”, secondo le quali il pianeta sarà colpito da carenze drammatiche e permanenti di petrolio, gas e carbone. Dando valore ai numeri, quest’unico giacimento, il Leviatano, conterrebbe riserve sufficienti a soddisfare le necessità di Israele per 100 anni1.L’autosufficienza energetica è mancata allo Stato di Israele fin dalla sua fondazione nel 1948. Numerose ricerche di giacimenti di petrolio e gas sono state ripetute nel corso del tempo con risultati di poco conto. A differenza dei suoi vicini arabi, ricchi di risorse energetiche, Israele sembrava non aver avuto la stessa fortuna. Poi, nel 2009, il partner di Israele nel ambito delle esplorazioni, la Noble Energy, ha scoperto l’area Tamar nel bacino levantino, a circa 50 miglia a ovest del porto israeliano di Haifa, stimando contenga 8,3 tcf (migliaia di miliardi di metri cubi) di gas naturale di alta qualità. Tamar ha rappresentato la scoperta di gas più grande del mondo nel 2009.
Allora il totale delle riserve di gas israeliane era stimato in solo 1,5 TCF. Il governo stimava che l’unica zona operativa d’Israele, la Yam Tethys, che fornisce circa il 70 per cento del gas naturale del Paese, si sarebbe esaurita in 70 anni.
Con Tamar le prospettive iniziarono a farsi molto migliori. Inoltre, appena un anno dopo Tamar, lo stesso consorzio guidato da Noble Energy ha fatto la più grande scoperta di gas nel corso della sua pluri-decennale attività, col Leviatano nel medesimo bacino geologico levantino. Le stime attuali dicono che il Leviatano contiene almeno i 17 tcf di gas2. Israele è passata dalla carenza di gas all’abbondanza nel giro di pochi mesi.
Con la scoperta di Tamar e poi Leviathan, Israele ha iniziato a discutere su come diventare una importante nazione esportatrice di gas naturale e dell’ipotesi di tassare significativamente i proventi del petrolio e gas per alimentare un fondo sovrano israeliano che investa a lungo termine nell’economia nazionale, così come fanno la Cina e molti paesi arabi dell’OPEC3.
“La Provincia del Bacino di Levante è paragonabile ad alcune delle altre province di grandi dimensioni in tutto il mondo”, ha osservato un portavoce del Programma Risorse Energetiche del US Geological Survey (USGS). “Le sue risorse di gas sono più grandi di qualsiasi cosa abbiamo mai accertato negli Stati Uniti”4.
Forse cogliendo come le scoperte di petrolio e gas possano cambiare la geopolitica di tutta la regione, l’USGS ha reso pubblica la sua prima stima delle riserve totali di petrolio e gas nella vasta regione del Mediterraneo orientale, che include il Bacino del Mar Egeo al largo di Grecia, Turchia e Cipro, il Bacino di Levante al largo di Libano, Israele e Siria, e il Bacino del Nilo al largo dell’Egitto. La loro conclusione, per usare un eufemismo, è stata impressionante.
L’USGS, utilizzando tutti i dati delle prospezioni precedenti e le indagini geologiche della regione, ha concluso che “le risorse di petrolio e gas ancora da scoprire nel Bacino di Levante si stimano essere di 1,68 miliardi di barili di petrolio (bbl), e 122 tcf di gas”. Inoltre, sempre secondo le stime dell’USGS, “le risorse non ancora scoperte di petrolio e gas del Bacino del delta del Nilo sono stimate in circa 1,76 bbl di petrolio e 223 tcf di gas naturale”5.
L’USGS ha calcolato che in totale, nel Mediterraneo orientale, attualmente ci sono 345 tcf di gas e 3,4 miliardi di barili di petrolio. Improvvisamente l’intera regione si trova ad affrontare sfide geopolitiche completamente nuove e potenziali conflitti.
Per mettere i numeri in prospettiva, l’USGS stima che il bacino russo della Siberia occidentale, il più grande bacino di gas conosciuto al mondo, contenga 643 tcf di gas. Inoltre, il Medio Oriente e le regioni del Nord Africa hanno diverse aree ricche di gas naturale, tra cui il bacino Rub Al Khali (426 migliaia di miliardi di metri cubi) nel sud-ovest dell’Arabia Saudita e nel nord dello Yemen, il Grande Rilievo Ghawar in Arabia Saudita orientale (227 tcf) e la Cintura dei Zagros (212 tcf) lungo il Golfo Persico, in Iraq e Iran6.
Pochi mesi fa, assicurarsi gas straniero era una priorità per la sicurezza nazionale di Israele, poichè le riserve di gas esistenti diminuivano pericolosamente. Ulteriori fattori che si sono aggiunti alla crisi energetica sono state le proteste della cosiddetta Primavera Araba che hanno stravolto Egitto e Libia all’inizio del 2011. Le rivolte hanno rovesciato Mubarak, sotto il cui regime l’Egitto ha fornito circa il 40% del gas naturale israeliano. Con il rovesciamento di Mubarak e la revoca del bando dei partiti islamici d’Egitto, in particolare dei Fratelli musulmani e del partito radicale salafita Al-Nour, il gasdotto che forniva gas egiziano ad Israele è stato oggetto di ripetuti sabotaggi e danneggiamenti, il più recente nel febbraio di quest’anno nel nord del Sinai. Israele si è sempre più preoccupato per la propria futura sicurezza energetica7.
La reazione del Libano alimenta frizioni nuove
La scoperta di Leviathan da parte di Israele al largo delle sue coste ha immediatamente innescato un nuovo conflitto geopolitico non appena il Libano ha affermato che parte della zona del giacimento di gas rientra nelle sue acque territoriali, nella Zona Economica Esclusiva (ZEE) del Libano. Il Libano ha consegnato le mappe a sostegno delle sue rivendicazioni alle Nazioni Unite, e il ministro degli esteri israeliano Lieberman ha replicato: “Noi non cederemo di un millimetro”.
Israele, come gli Stati Uniti, non ha mai ratificato la Convenzione del 1982 delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare che diversifica i diritti minerari sottomarini. Le trivellazioni israeliane di Leviathan sono nettamente in territorio israeliano, come riconosce il Libano, che però ritiene che l’area si estenda anche nelle loro acque sottomarine. L’Hezbollah libanese sostiene che il giacimento di gas di Tamar, che dovrebbe iniziare a forniture di gas entro la fine di quest’anno, appartenga al Libano.
Washington non ha perso tempo e ha gettato benzina politica sulla controversia del gas naturale tra Libano e Israele. Nel luglio del 2011 Israele ha presentato la propria proposta alle Nazioni Unite su dove la linea di confine in mare aperto tra Libano e Israele debba essere marcata. Frederick Hof, diplomatico americano incaricato degli affari speciali per Siria e Libano, ha comunicato a Beirut che l’amministrazione Obama sostiene il documento libanese, aumentando la tensione segnalata fin dallo scoppio della Primavera Araba tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e Obama8.
Netanyahu ha recentemente esortato l’ottava persona più ricca d’America, il suo caro amico del casinò di Las Vegas, il miliardario Sheldon Adelson a versare milioni direttamente nella campagne elettorale dei repubblicani, tra cui Newt Gingrich e Mitt Romney. Ciò rappresenta un’interferenza diretta e senza precedenti di Israele nella campagna presidenziale statunitense, per cercare di scongiurare un secondo mandato di Obama9. Le nuove controversie sul controllo delle vaste riserve di energia scoperte al largo delle coste israeliane e libanesi, cipriote, turche e greche giocheranno chiaramente un ruolo sempre più importante in una delle regioni politicamente più intricate della Terra.
(Traduzione di Alessandra Bua)