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Gaspare De Lama:”Vi racconto il Caso Amicizia”

Creato il 31 dicembre 2012 da Extremamente @extremamentex

Incontro Gaspare di Lama in un tiepido pomeriggio di autunno. Mi accoglie nella sua casa di fronte al Lago di Como-sul ramo lecchese- dalla vista impagabile specie in una giornata come questa, con il cielo così terso e luminoso. Ma non sono qui per il paesaggio. Ho chiesto e ottenuto un’ intervista, per conoscere la sua verità su una delle vicende ufologiche più discusse e controverse degli ultimi 50 anni: il Caso Amicizia.

Gaspare De Lama:”Vi racconto il Caso Amicizia”

GASPARE DE LAMA E LA MOGLIE MIRELLA

“Io mi interessavo già di ufo, come ufologo dilettante “- comincia il suo racconto. “All’epoca non c’erano riviste che ne parlassero. Un giorno vedo un libro, scritto dal console Alberto Perego, che è stato il primo ad aver davvero capito tutto. Gli ho scritto, è venuto a Milano a casa mia a trovarmi con i suoi libri, sono diventato molto amico. Era un uomo stupendo, un idealista magnifico.  Da ultimo lo mandarono in Brasile, a Belo Orizonte: l’hanno relegato là perché parlava di ufo, negli ambienti diplomatici lo chiamavano il ‘console pazzo’. È stato lui a farmi capire tante cose.

In seguito ho trovato un articolo su un settimanale e ho scritto al giornalista una lettera semplicissima.  Dopo qualche giorno, ho ricevuto una sua telefonata: chiedeva di vederci. È venuto a casa mia la sera stessa, c’era anche mia moglie: un tipo molto simpatico, molto affabile. Mi ha detto tutto: mi ha parlato di basi aliene, ripetendomi le stesse le stesse cose che mi aveva detto Perego. Qualche giorno dopo, mi ha fatto conoscere Bruno.”

Il console, il giornalista e Bruno- ovvero, Bruno Sammaciccia. Grazie a loro, Gaspare De Lama viene a conoscenza di una realtà a dir poco incredibile: un gruppo di extraterrestri, insediati in una base sotterranea in Italia, si è manifestato ad alcuni giovani di Pescara. Il contatto avviene nella primavera del 1956, durante un’escursione ( con tanto di caccia al tesoro) che Bruno compie con gli amici Giulio e Giancarlo alla Fortezza Pia, una rocca che domina Ascoli Piceno. I tre vengono avvicinati da due esseri in tutto e per tutto dall’ aspetto umano, ad eccezione delle loro dimensioni: uno è alto poco più di un metro, l’altro circa tre.

Dopo questo primo incontro, ne avvengono molti altri ai quali partecipano sempre più persone. Il gruppo degli amici si allarga con il passaparola e ne entra a far parte anche Gaspare De Lama insieme a decine di altri “insospettabili”: professori, ingegneri, operai, giornalisti, impiegati, casalinghe, persino (dicono…) un futuro Premio Nobel.  Tra di loro li chiamano “W56″ – anche se il vero nome degli alieni è Akri, “i Saggi” in sanscrito.

Gaspare De Lama:”Vi racconto il Caso Amicizia”

IL LIBRO DI STEFANO BRECCIA CHE HA FATTO ESPLODERE IL CASO AMICIZIA

Ma all’esterno non trapela nulla: per decenni l’intera vicenda rimarrà un segreto. Il Caso Amicizia esplode solo nel 2007, quando Sammaciccia, poco prima di morire, chiede all’amico Stefano Breccia di mettere per iscritto quei fatti straordinari di cui era stato testimone per mantenerne per sempre il ricordo. Il libro “Contattismi di massa” svela la storia al mondo e scatena una ridda di polemiche.

Un racconto assurdo, testimoni inaffidabili, totale assenza di prove: gli scettici mettono in dubbio l’intera vicenda e gettano discredito su alcuni dei protagonisti. Sembra una grande truffa o un colossale scherzo, anche se non si sa bene a vantaggio di chi e per quale scopo. Ma adesso davanti a me c’è un uomo che quelle esperienze dice di averle vissute davvero e ne serba ancora un ricordo vivido, a distanza di tanti anni. Esperienze che lo hanno segnato e cambiato, ma che di certo non lo hanno reso né ricco né famoso. Ecco perché sono qui: per ascoltare.

“Tra noi non c’erano capi o sottocapi, ma Bruno era colui che teneva un po’ le fila. Aveva anche un nucleo impiantato da loro vicino all’orecchio, come se fosse una specie di cellulare, con il quale poteva ricevere telepaticamente. Era un uomo stupendo, molto ‘caliente’, molto colto, devoto di san Francesco e dei frati francescani.  Mi ha tenuto per mano fino alle fine di questa mia esperienza durata 5 anni, alla quale devo molto, devo tutto. Davanti a lui ho cominciato a vedere i loro apporti, quando pioveva giù dal soffitto del materiale, ad esempio bobine con le loro voci incise, con le indicazioni su cosa fare, oppure erano loro a richiedere la frutta- interi camion di frutta che sparivano …”

Ecco alcune delle assurdità che hanno lasciato gioco facile ai detrattori. La storia del Caso Amicizia è fatta anche di questi particolari quasi paradossali: gli alieni domandavano ai loro compagni umani derrate alimentari oppure barili di acqua. I tir venivano parcheggiati in un determinato punto e mentre gli autisti venivano distratti con la scusa di un caffè, l’intero contenuto veniva smaterializzato in un istante. Scompariva letteralmente alla vista, in una sorta di teletrasporto ante-litteram, qualche anno prima però che gli autori di Star Trek lo inventassero…

Gaspare De Lama:”Vi racconto il Caso Amicizia”

UNO DEGLI UFO RIPRESI "SU APPUNTAMENTO" DA GASPARE DE LAMA

Fatti pazzeschi, avvenuti anche sotto gli occhi di De Lama. ” Io sono sincero- ammette ora-  a volte mi sono venuti dei dubbi: perché mai degli esseri con tecnologia così avanzata avevano bisogno di acqua,  con il mare lì di fianco? Forse ci mettevano alla prova, per verificare la nostra devozione nei loro riguardi, la nostra premura. Ho anche pensato che fosse un teatrino, una messa in scena.

Ma quando pensavo così, mi si accendeva la radiolina che avevo sempre con me, compariva la voce di Sigir o di un altro personaggio che chiamavamo Dimpietro, che diceva:“Gaspare, cambia pensieri!” Al che io mi vergognavo come un bambino piccolo, sorpreso con le mani  nel vasetto della marmellata. A volte proprio indovinavano i miei pensieri, altre volte invece io facevo domande alle radiolina e loro mi rispondevano, come se fosse anche ricevente…”

Immaginate la scena: sono i primi anni ’60, avete una radiolina a transistor sul tavolo e all’improvviso, da lì, anziché sentire il notiziario o una canzone, si manifesta una voce che vi legge nella mente. E Gaspare De Lama, con il candore- ancora oggi- di un bambino mi sta dicendo che le cose andavano proprio così. Come poteva non credere che quelle entità venissero davvero da un altro mondo? Non solo. Per dargli un’ ulteriore prova della loro superiorità, i W56 accettarono di mostrare le loro astronavi nel luogo e nell’ora stabilita da Gaspare, per dargli modo di portare con sè una cinepresa. Immagini eccezionali,  tuttora esistenti, che saranno trasmesse venerdì 4 gennaio, alle 19, su Italia 1, nella puntata speciale di Extremamente dedicata proprio al Caso Amicizia.

“Più che dischi volanti da trasporto, dovremmo chiamarli laboratori volanti. Ogni astronave ha una sua funzione: alcune sono piccole e servono solo da ricognitori. Ce ne sono di diverso tipo. Tra l’altro, una volta domandai se erano solo loro ad agire sulla Terra e mi risposero che essi facevano parte di una Confederazione: di tutti gli Ufo che si vedevano nei nostri cieli, solo un 5% apparteneva ai W56. Nelle basi italiane c’erano circa 200 alieni. Poi abbiamo saputo che avevano basi anche in Austria, Argentina, Svizzera, Francia, forse anche in Inghilterra e in Russia. Ovunque avevano le stesse finalità e si presentavano con gli stessi nomi: Sigir, Saiù, Meredir…”

Gaspare De Lama:”Vi racconto il Caso Amicizia”

UNA FOTO DI BRUNO SAMMACICCIA NEGLI ANNI '60

Le stesse finalità. Ma quali? Cosa voleva questo gruppo di Extraterrestri dai loro amici umani? Perché si trovavano sulla Terra? Da quanto tempo e per quale scopo? Più ci si addentra con gli interrogativi, più la storia assume i connotati di un film di fantascienza. Eppure, decine di persone sane di mente, di cultura media se non addirittura elevata, uomini e donne come noi, ne furono testimoni oculari e non ebbero alcun dubbio di vivere dei fatti reali. Scelgo di continuare ad ascoltare, senza pregiudizi e con il massimo rispetto.

“La Terra è un pianeta che loro chiamano pianeta-madre perché è uno dei 50-60 pianeti della nostra galassia che danno la vita. Cioè, danno l’ uomo. I W56 dicevano che sulla Terra si sono succedute 6 diverse civiltà che si sono autodistrutte, per colpa di guerre o per disastri ecologici. L’ultima di queste civiltà conosceva già il volo spaziale, meglio di quello attuale, e una piccola parte è riuscita a salvarsi viaggiando fino ad un altro pianeta.

Attraverso i millenni si sono evoluti, sono cresciuti in altezza, vuoi per la forza di gravità diversa, vuoi perché l’evoluzione spirituale porta anche ad un certo gigantismo- hanno detto. Fatto sta che alcuni di loro si sono evoluti e sono stati accolti nella Confederazione Galattica. Sono coloro che noi abbiamo chiamato W56: essi sono sia ex terrestri che extraterrestri, perché si sono mischiati…è una storia complicata!”

Complicatissima, come il loro concetto di Uredda- il reale motivo, forse- della loro presenza tra di noi e la causa finale della loro scomparsa. Il signor De Lama me lo spiega così: “Era apparentemente il vero scopo del loro esperimento con noi- io lo definisco in questo modo, anche se non è la parola giusta. L’Uredda è l’energia dell’amore. I W56 conoscono una dozzina di energie che noi non conosciamo e che loro sfruttano per i loro mezzi. L’amore è energia, l’odio è energia e lo siamo anche noi: sembriamo di materia, ma la materia è energia, tutto è energia.

L’Uredda è l’energia che scaturisce dall’amore e a loro serviva per alimentare i loro strumenti, per ricreare l’aria  nelle basi, per far volare i loro velivoli. Fintanto che la producevamo volendoci bene, essendo amici, rispettandoci ed essendo uniti,  tra di noi e verso di loro. Finché questa energia l’abbiamo alimentata, le cose sono andate avanti. Ma con il passare degli anni, l’ego di ognuno di noi è tornato a galla, abbiamo iniziato a soffrire di gelosie reciproche, di invidie, che poi si sono addirittura trasformate in odio, allora si è rotto qualcosa. L’Uredda ha iniziato a scemare e i W56 se ne sono dovuti andare perché gli strumenti e l’aria stessa nelle basi non erano più alimentata. “


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