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Gatti neri

Da Perla
Gatti neriQuesto che vedete  in foto è Sam, un soriano tutto nero, ed è il gatto della mia amica Mariafrancesca. Ora si trova in Usa con lei, ovviamente, ma c’è stato un tempo che Sam parlava italiano.  Tra me e Sam è stato amore a prima vista. Come non innamorarsi di quel batuffolo nero, pasticcione, ingenuo, ruffiano al punto giusto? Insieme a Sam ci stava Speedo, un persiano altezzoso e cinico, che non degnava nessuno della minima considerazione. E pure se ti sforzavi di rincorrerlo ti guardava dall’alto in basso come se tu fossi il più reietto dei suoi sudditi. Invece Sam no; lo chiamavi e lui puntuale accorreva. A dire il vero si aspettava che ad ogni chiamata tu avessi un boccone succulento con cui farlo felice, ma poi se non lo trovava, metteva da parte il suo disappunto e ti faceva comunque le feste.Un giorno mi aveva seguito, senza che io mi fossi accorta, sul terrazzino dove mi andavo a fumare la mia sigaretta, visto che i padroni di casa non fumano ma, quando ho richiuso le imposte lui era rimasto fuori. Mariafrancesca, che è molto attenta come mamma gatta, si è accorta immediatamente della sua assenza. E’ andata in ansia anche perché affermava che Sam era capacissimo di buttarsi giù a costo di spiaccicarsi  e se non mi ha riempita di botte per aver chiuso fuori il suo gattino,  suppongo sia perché sa che io adoro Sam.In tutta onestà credo che alla mia immediata simpatia, per questo singolarissimo esemplare felino, abbia concorso il colore del suo manto: nero.Da piccolina avevo una gatta nera, o meglio mia nonna materna ne aveva una.  Ci adoravamo. Credo che definirla gatta sia riduttivo. Visto che a casa ero figlia unica con tutta gente adulta intorno io preferivo stare dalla nonna dove ci stava una zia che avevo solo un paio d’anni più di me.  La gatta, vedendomi sempre gironzolare li, e in virtù del fatto che stavo sempre ad accarezzarla e a parlarci, mi aveva adottata (si avete letto bene, lei a me e non viceversa); solo così posso spiegarmi alcuni suoi comportamenti. Alla sera, quando dovevo tornare (obtorto collo) a casa mia, mi seguiva sempre di un passo, accompagnandomi fino al portoncino di entrata e poi tornava indietro. Credo che immaginasse di essere un pastore tedesco, chissà! Ero adolescente quando lei morì, di vecchiaia. Ne feci una malattia. E’ rimasta per sempre nel mio cuore. Invece qualche anno fa una mia amica aveva una cucciolata di gatti da dar via. Erano bellissimi, frutto di un incrocio tra la mamma, persiano di colore bianco e un papà  di razza soriana. Era riuscita a trovare per tutti una famiglia, tranne per un cuccioletto di colore nero senza neppure un pelo bianco.  Dalle nostre parti il gatto nero porta sfiga. Io, cresciuta con l’esempio di una nonna intelligente, che se fregava allegramente degli stereotipi e delle superstizioni visto che una gatta nera era stata per anni padrona di casa, decisi di prendermi il cucciolo.Lo chiamai Ilic ed era adorabile(anche se in un primo momento lo chiamai Pettegola perchè stava sempre a miagolare e pensavo fosse femmina). Educato fino all’inverosimile; dopo avergli insegnato che per i suoi bisogni c’era la sua cassettina non mi aveva mai procurato un problema. Era di una taglia super, incredibilmente grande. La cosa fantastica era  che per  la testa e le zampe anteriori era soriano, poi il pelo cominciava ad infoltirsi e terminava con una coda da persiano che era uno spettacolo. Quando non c’ero  si metteva sulla poltrona  che lui avev scelto come "sua", sulla quale avevo steso una copertina per non fargli far danni ,e aspettava che tornassi dal lavoro.Avevo fatto un grave errore però, non lo avevo castrato, anche se il veterinario me lo aveva consigliato. Quindi Ilic, diventato adulto, era diventato molto irrequieto. Nonostante fosse stato sempre in casa non mostrando mai di voler andare alla scoperta del mondo, il periodo degli amori arrivò anche per lui. Fu così che per non fargli correre pericoli lo chiudevo in stanza prima di uscire, nonostante le sue proteste. Un giorno però qualcuno deve aver dimenticato la porta aperta.Quando tornai a casa  non feci neppure in tempo a pranzare che venne a suonare uno dei miei vicini. Mi disse: << Fra, c’è una cosa terribile che ti devo dire. Ilic stava attraversando la strada mentre stava sopraggiungendo una macchina. Questa avrebbe potuto benissimo evitarlo ma,invece, ha accelerato e lo ha volutamente ucciso. Sono intervenuto subito, ma non c’era più nulla da fare>>Mi accompagnò al bordo della strada, sotto una panchina, dove aveva spostato il mio gatto per non farlo straziare dalle altre macchine che sarebbero passate. Ilic era li, in un bagno di sangue.Non riesco a descrivere il dolore che invase il mio cuore. Una rabbia sorda contro la stupidità umana mi pervase, un senso di impotenza. Se avessi avuto il numero di targa lo avrei denunciato. Non mi rimase che andare a prendere una bellissima scatola che io stessa giorni prima avevo rivestito con carta colorata gialla e arancio, vi adagiai lentamente quel che restava del mio povero Ilic e seppellii il tutto sotto un grande albero di more. Maledicendo la stupidità umana.Gatti neri

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