La notizia è che la Panini Comics pubblicherà una raccolta in tre volumi di Gea, con la collaborazione di Luca Enoch. La ristampa sarà assolutamente integrale e raccoglierà persino la storia breve Nel paese delle differenze, concepita dall’intervistatore e sempre disegnata da Luca Enoch, per conto dell’Università Ca’ Foscari. La ristampa dell’opera sarà in tre volumi e dovrebbe concludersi a giugno dell’anno venturo. Non si sa altro. La notizia sarà senz’altro accolta con piacere dai numerosi appassionati cui Gea ha lasciato un vuoto nel proprio cuore fumettistico, non del tutto riempito da Lilith. I diciotto numeri di Gea sono esauriti da tempo presso Sergio Bonelli Editore, pertanto la proposta editoriale della Panini Comics si rappresenta come occasione ghiotta, per chi si fosse perso la produzione originale, di conoscere le avventure della mitica “baluarda”. Ancora non sappiamo molto, nei dettagli, di questa nuova ristampa e cogliamo allora l’occasione di porre alcune domande a Marco Rizzo, autore di fumetti e giornalista, nella sua qualità di editor della Panini Comics. Considerata l’intensa attività che sta conducendo la Panini nell’esportazione del fumetto Bonelli, abbiamo coinvolto anche Stefano Munarini, responsabile della Panini Comics per la gestione delle licenze Bonelli in tutto l’universo mondo. Non poteva mancare a questo dibattito Luca Enoch, cui abbiamo esteso alcune domandine.
Allora Marco ti preghiamo di darci tutti i particolari su questa iniziativa: formato, cadenza delle uscite, prezzo, ecc. In particolare, ci chiediamo se avremo la gioia visiva di vedere la ristampa di Gea addirittura a colori!
Marco Rizzo: Innanzitutto ben trovati! A partire da giugno 2013, nel giro di un anno e mezzo circa, avrete tre volumi con tutta la saga di Gea: sei storie per numero, tomi cartonati di quasi 800 pagine, formato 18,3×24, alla ridicola cifra di 24 euro. Il secondo volume uscirà a fine 2013 e il terzo nel 2014, e quest’ultimo sarà il più corposo dei tre perché presenterà ancora più chicche nella sezione extra. Non sarà a colori, ma le copertine saranno delle pin up colorate per l’occasione. Raccoglieremo le varie pin up realizzate nel corso degli anni per le fiere, manterremo tutti i redazionali in coda agli albi e aggiungeremo gallerie di sketch, interviste inedite e altre chicche. Il tutto grazie all’enorme disponibilità di Luca e della Bonelli e all’aspirazione mia, del coordinatore Diego Malara e della redazione di proporre un prodotto imperdibile, anche per chi ha già la collezione completa. Già nel primo volume trovate un’intervista a fumetti a Gea, condotta da Sprayliz (!) e ovviamente realizzata da Luca, che all’epoca uscì solo sulla rivista Dime Press. La “gioia visiva” resterà senz’altro sia per la qualità dei disegni, nota a tutti, che per l’edizione di pregio, per cui è disponibile un cofanetto che raccoglie il trittico di volumi.
La Sergio Bonelli Editore, pur proseguendo alcune ristampe storiche, non pare più interessata alla riedizione di serie anche di successo, preferendo demandare ad altre case editrici la riproposta di numerosi personaggi. La If Edizioni ha ristampato e/o ristampa Storia del West, Nick Raider, Mister No, Il Piccolo Ranger e, da poco, anche i volumi di Cico Story, in versione a colori. Gea sarà, appunto, ristampato dalla Panini Comics. Marco e Luca, come interpretate questa strategia editoriale dai vostri peculiari osservatori di editor e di autore.
M. Rizzo: Dal punto di vista editoriale e devo dire anche da lettore, mi fa piacere: la Bonelli si affida a strutture consolidate nella proposta di materiale da importazione come la Panini, su fronti come quello della libreria dove certamente non è autonomamente forte. Concentrandosi su produzione e vendita in edicola, dove è imbattibile e capacissima. Tra l’altro in questo modo (onestamente non so se anche per questo) la redazione di via Buonarroti ha le mani libere per concentrarsi sulle novità come Orfani e Dragonero e sul loro carico innovativo, oltre che sulle centinaia di pagine prodotte ogni mese ad altissimi livelli qualitativi. Sulle proposte di altri editori non metto becco, anche se immagino che con il punto di pareggio della Bonelli certe ristampe proposte dalla If in edicola oggi sarebbero impossibili. Mi spiace che siano in difficoltà, mi auguro possano continuare.
Luca Enoch: Il fatto che Sergio Bonelli Editore si concentri nella creazione di nuove serie piuttosto che sulla riproposta del proprio passato mi sembra parecchio encomiabile. Come sai la SBE è attualmente impegnata nella produzione di una nuova serie di complessa struttura come il fantasy mensile Dragonero (che impegna disegnatori e sceneggiatori straordinari) ma ti ricordo anche, tanto per non fare personalismi, la prima miniserie a colori nella storia Bonelli: Orfani, ideata e realizzata da Roberto Recchioni ed Emiliano Mammuccari. Queste produzioni contemplano anche un’impegnativa strategia di promozione, con percorsi e collaborazioni innovative, che assorbe tempo e risorse della casa editrice milanese e questo può andare a scapito di altre iniziative.
Pare si sia oramai consolidato il rapporto SBE-Panini, che vede Panini Comics licenziatario Bonelli per l’estero (vedi l’approdo negli USA di Magico Vento). Come sta andando e che sviluppi potrà avere questa collaborazione? Sono in previsione altri progetti simili, sia per quanto riguarda l’estero che l’Italia?
Stefano Munarini: Nella Rete si è fatto un gran parlare di questa iniziativa e, pur trattandosi di una piccola operazione editoriale, dal punto di vista amatoriale ne siamo oltremodo soddisfatti. Uscirà tra pochi giorni, accompagnata da una bella campagna promozionale (segnalo la preview). La cosa bella è che questo editore (Epicenter Comics) non esisteva, è un fan di origini serbe che vive a San Diego e ama alla follia il catalogo bonelliano. Di comune accordo, abbiamo messo insieme una proposta per la Bonelli che ha subito accettato. Forti dell’edizione a colori ormai prossima, ne abbiamo approfittato per completare una proposta ben accolta anche dalla Diamond, principale distributore americano. L’impostazione è di un paperback, direttamente in formato comic-book, per un pubblico iperselezionato. Incrociamo le dita.
Sul futuro, nel mio piccolo, bombardo tutte le case editrici USA con progetti d’ogni sorta ma attualmente l’unico contratto certo (con altri) non possiamo annunciarlo, per cui glisso…
Quali elementi hanno indotto la Panini Comics a individuare proprio in Magico Vento il personaggio fatale per il proprio esordio nel mercato americano?
S. Munarini: Come dicevo, il nostro amico americano è d’origine serba e, in quanto tale, c’è un piccolo Zagor nel suo DNA (per i lettori serbi e turchi equivale a Spider-Man negli USA). Se le cose andranno come speriamo, non è impossibile una seconda proposta a lui dedicata.
Risalgono alla fine degli anni Novanta i precedenti sbarchi negli USA, praticati attraverso la proposta della Dark Horse Comics, di personaggi di punta Bonelli come Dylan Dog, Nathan Never, Martin Mystère e anche di Tex.
Qual è stata l’accoglienza della critica e del pubblico statunitense alla proposta Dark Horse?
M. Rizzo: Per quanto ne so andarono discretamente, considerato anche il formato insolito. All’epoca la DH cercò anche di dare un appeal americanofilo affidando le copertine ad autori come Dave Gibbons o Mike Mignola. Non saprei dirti se e quanto la cosa ha aiutato le vendite.
Quale lezione può trarre la Panini Comics (ma anche qualsiasi altro editore che volesse portare fumetti italiani in quel mercato) da quell’esperienza?
S. Munarini: Da quanto ne so, la “first wave” by Dark Horse non fu un totale flop, anzi, il TP che raccolse l’intera serie di Dylan Dog andò pure bene. Attualmente ci sono tanti titoli a loro più assimilabili quali Gea, Lilith, Hit-Moll, Le Storie, lo stesso Dylan Dog (Mater Morbi su tutti), Dampyr e, in particolare, Orfani e Dragonero, che sono stati proposti a più riprese a molti editori. Ritengo esista un bacino di utenti comunque interessato a prodotti di alta qualità, seppur differenti dai classici comic USA per temi, storytelling e formato. Vedremo.
Al di là degli USA ci stiamo comunque espandendo di mese in mese, ampliandoci con nuovi editori locali in mercati consolidati quali Turchia, Serbia e Croazia, ma anche aprendo a recenti esperimenti in Paesi che da molti anni non pubblicavano più Bonelli. Penso alla Svezia, all’Olanda, persino all’India, che ha recentemente ripreso a pubblicare due classici quali Tex per Bonelli e Diabolik per Astorina, con tanto di copertina in stile Bollywood. Anzi, Diabollywood.
I volumetti di Gea sono stati ristampati (2011) in Serbia in un’edizione integrale curatissima della Darkwood che attualmente stampa anche Lilith (Lilit) ed ha pubblicato Hit-Moll, oltre ai numerosi personaggi di punta Bonelli di cui è licenziataria. Nulla di cui stupirsi, considerato l’amore che sempre hanno nutrito gli Slavi del Sud nei confronti del fumetto italiano. Bonelli ha una lunga storia di edizioni estere. Grande affetto l’hanno sempre riservato i Paesi dell’ex Jugoslava e il Brasile. Francia e Turchia hanno pubblicato di tutto della Bonelli e, anche se spesso le case editrici ci hanno messo pessima cura, hanno riscosso comunque notevole successo. C’è, esiste, secondo voi, una sorta di grimaldello culturale bonelliano che apre facilmente le barriere in certi mercati stranieri e può fallire invece in altre?
M. Rizzo: Forse c’è una questione “linguaggio”, ma più come codice che altro. Certi fumetti particolarmente innovativi, Gea inclusa, o con atmosfere care agli americani come Nathan Never, forse possono munirsi di quel grimaldello. Come diceva Stefano qui sopra, insomma. Poi è tutta una questione di ricettività del mercato (inteso come lettori e editori)…
Quali potrebbero essere i mercati esteri più vicini alla sensibilità che viene espressa da Luca nelle sue opere?
L. Enoch: Questo proprio non so dirlo; Lilith e Gea sono state molto apprezzate dai lettori serbo-croati, come ho avuto modo di vedere a un recente incontro a Belgrado, ma per analizzare più approfonditamente la cosa occorrerebbero serie indagini di mercato.
E dal pubblico statunitense, secondo voi, i personaggi di Enoch, come sarebbero accolti?
M. Rizzo: Bisognerebbe tentare, per avere una risposta. A volte i mercati riservano sorprese, quello americano si scontra con un certo relativismo culturale. Anche se il boom si è affievolito un po’, i manga si sono insinuati in Usa creandosi una nicchia solida e in crescita nel mercato del fumetto, che risente del calo costante delle vendite dei supereroi, veri padroni del mercato. Tuttavia, per quanto riguarda il fumetto italiano, stranamente vista l’affinità d linguaggio a paragone con manga, non ci sono mai stati enormi successi. Ma forse è solo perché non si è mai tentato veramente.
L. Enoch: Mi viene piuttosto difficile fare pronostici. Più che i personaggi in se stessi, forse è il modo di raccontare le loro storie che potrebbe essere non congeniale al pubblico americano ma, non conoscendo bene il mercato USA, posso solo fare supposizioni.
Ritenete che il modo di scrivere fumetti di Luca sia vicino alla cultura giapponese o ancora distante? Il mercato nipponico come potrebbe accogliere i personaggi enochiani?
M. Rizzo: per quanto ne so, è ancora più difficile degli Usa proporre fumetti non nipponici in Giappone. Proprio per una questione di relativismo culturale, ma anche di abitudine ed “educazione” dei lettori. Permettimi di dire che con tutti i nostri difetti, noi italiani viviamo in un mondo del fumetto fatto di scambi, contaminazioni, importazioni e riproposte che non ha paragone. La forza e la diffusione dei fumetti statunitensi e giapponesi, in parallelo con una radicata e nobile tradizione autoctona (dal popolare all’autoriale, se mi passi i termini), senza contare la persistente presenza francese, ci rendono unici al mondo. Sono pochi i mercati con una tale varietà di proposte, e i risultati si vedono anche nella bravura dei nostri disegnatori, spesso capaci di sintetizzare più influenze.
L. Enoch: Io conosco e apprezzo determinati autori giapponesi come Otomo, Miyazaki e Taniguchi. L’Akira di Otomo mi ha molto influenzato nel disegno e nel modo di sceneggiare le storie e tagliare la tavola, ma non conosco il pubblico nipponico e non posso sapere che accoglienza potrebbe riservare ai miei lavori. Gea è stata proposta in Giappone dalla Panini, che gestisce i diritti esteri delle pubblicazioni bonelliane, ma per ora non si è fatto nulla e le storie di Lilith ambientate nella terra del Sol Levante sono comunque storie scritte e disegnate da un autore europeo.
In particolare le storie di Lilith ambientate in Giappone, secondo te, Luca, come sarebbero accolte dal pubblico nipponico?
L. Enoch: Ferme restando tutte le riserve espresse prima, quello che posso dire per certo è che la storia di Lilith ambientata a Nanchino durante l’occupazione giapponese non sarebbe per nulla apprezzata ;-).
E adesso monopolizziamo Luca Enoch con un po’ di domande.
Sarebbe troppo banale chiedere quali sentimenti suscita in te la ristampa della tua Gea?
L. Enoch: Una ristampa in tre bei volumi con possibilità di avere un cofanetto che li contenga significa che il mio fumetto è diventato quasi – sottolineo quasi – un classico. Non può che rendermi orgoglioso, gongolante e un tantino tronfio.
Sfogliando le pagine del passato: Skaters, Ninja Boy, il coniglio Piotr… se avessi la possibilità di riproporre un personaggio della preistoria enochiana o magari quello che ti era rimasto nel cassetto e non ti hanno pubblicato, quale sceglieresti?
L. Enoch: Probabilmente Piotr, il coniglio porno attore, calandolo nella realtà socio-politica della nostra capitale, tra festini di onorevoli, pusher di coca, igieniste dentali e volenterose olgettine.
Al di là dei miei giudizi critici su Gea (apprezzamenti incondizionati) e Lilith (con riserve), che forse ricorderai, mi pare un fatto oggettivo la differente tessitura che sottende i due personaggi e che forse ha disorientato anche i lettori. Lilith, le sue storie, generano commiserazione e contrizioni, prossime, come sono, alla tragedia più che alla commedia. Gea, che portava con sé l’eredità di Sprayliz, era una figura spigliata, capace, grazie anche ai riuscitissimi personaggi di contorno, di coinvolgere il lettore, con la sua vivacità, la sua ricchezza, la sua ironia.
Quello che ti chiedo, oltre a un commento, se lo vorrai, a queste mie affermazioni, è se rivivrà ancora, magari sotto le vesti di altri personaggi, l’irresistibile freschezza e ironia di cui erano portatrici Sprayliz e Gea o se le dobbiamo considerare perdute per sempre e saremo costretti ad andare a rivederle nelle ristampe, come questa, della Panini Comics.
L. Enoch: Dopo dieci anni di Gea io sentivo, come autore, la necessità di cambiare rotta. Era una necessità quasi fisiologica, non solo intellettuale, essendo anche un disegnatore. Nasce quindi un personaggio solitario, rassegnato e infelice che, come succede a Gea, prende consapevolezza, man mano che procedono le storie, della reale natura della sua missione. A differenza della biondina, la brunetta cattiva abbandona a fine storia chiunque abbia incontrato, portando con sé solo i fantasmi che continuano a perseguitarla. Niente amici, quindi niente comprimari che crescono con lei e che possono alle volte rubarle la scena, come succedeva con Kate in Sprayliz o con Leonardo e i Pesanti in Gea. Tutto questo è voluto e cercato, non si tratta di un incidente di percorso e, naturalmente, i lettori possono apprezzarlo o meno. Quando Lilith si stabilizzerà negli ultimi albi, nella distopia nordamericana per il confronto finale col Triacanto, i personaggi comprimari ricorreranno nelle storie e assumeranno più spessore e importanza.
Hitmoll, Una ragazza pericolosa, (2011, Edizioni BD), storia intensa e di grande effetto, da te ideata e disegnata da Andrea Accardi, mi pare rappresenti la naturale evoluzione di Lilith (un po’ come Gea lo è stato di Sprayliz), nel senso che la storia si sviluppa in atmosfere di simile aridità morale e sviluppa, estremizzando, aspetti tipici del personaggio che viene dal futuro: disperazione, amoralità, spietatezza. E’ questo, dunque, l’Enoch del terzo millennio?
L. Enoch: Parli d’aridità morale, che sottintende anche un atteggiamento egoista verso il mondo esterno, ma la protagonista è una persona che sacrifica tutta se stessa per l’oggetto del suo amore, il padre desiderato, arrivando persino a uccidere persone innocenti e avendo come meta solo la conquista dell’affetto del supposto genitore. L’aridità morale è quella che la circonda, ma il finale, che può sembrare una sconfitta, rappresenta invece una vittoria contro il mondo degli uomini che l’ha sfruttata e ha cercato di gettarla via quando non è stata più utile.
In effetti mi riferivo alle atmosfere di aridità morale e non alla struttura del personaggio, che suscita la medesima pietà che scaturisce da Lilith. Anche se appena suggerita dal cardo, nell’episodio Il Mantello dell’orso, (n. 5, SBE, novembre 2010) il lettore attento ha appreso la verità è cioè che Lilith è un povero spettro ignaro di essere già morta.
L. Enoch: Le cose non stanno proprio così, ma ci sei andato vicino.
Ad ogni modo Hitmoll è come se fosse uno spettro a causa della sua invisibilità rispetto agli altri, alla società. Questo elemento di profonda separazione dal mondo è ciò che le accomuna. Quello che mi chiedo e ti chiedo e se questa evoluzione nella definizione dei tuoi personaggi, secondo un tragitto che va dalla gaiezza, dalla spensieratezza verso il pessimismo e l’annichilimento interiore, nasce da una considerazione tua, intima, esistenziale, oppure da una riflessione più “politica” sull’uomo e sulla società.
L. Enoch: Sono le stesse riflessioni “politiche” che si potevano trovare in Gea, nonostante la gaiezza generale di cui parli. L’umanità che precipita da una condizione d’agiatezza a una di pura sopravvivenza è pronta a regredire in clan tribali e ad ascoltare le sirene dei predicatori che teorizzano segregazione, violenza ed elitarismo. L’umanità di Gea, prima e dopo la catastrofe, non è diversa da quella tratteggiata in Hit Moll, La banda Stern o Lilith.
La serie Morgana, Dragonero, che diventa una regolare serie Bonelli a giugno, la stessa Hitmoll, mostrano Enoch volentieri nel ruolo di sceneggiatore. E’ questa una scelta forzata dall’impossibilità di svolgere entrambi i ruoli oppure nel futuro la vocazione dell’autore prenderà definitivamente il sopravvento, anche a causa della fatica di essere disegnatore seriale?
L. Enoch: Aggiungiamo anche la faticosa storia di “La banda Stern”, disegnata da Claudio Stassi e edita da Rizzoli/Lizard. La fatica del disegnatore seriale, per me è soprattutto la necessità di realizzare 250 tavole a fumetti l’anno e scrivere i relativi soggetti e sceneggiature. Ormai i cinquanta li ho passati e non so quanto ancora potrò reggere questo ritmo. Per me, comunque, essere autore, ha sempre significato essere “Autore unico” e cercherò sempre di rimanere tale.
Scusami se non ho ancora rammentato esplicitamente “La banda Stern”, cui peraltro ha dato enfasi il nostro Simone Rastelli qui, un lavoro coraggioso che recupera un aspetto disturbante della storia vicina senza perdere in purezza narrativa. Dunque, attualmente, Luca Enoch fa rivivere la storia attraverso la serie Lilith e La banda Stern, dall’altra con Il Dragonero riesce a dare sfogo alla sua antica passione per il fantasy con tanto di eroi, orchi, maghi e, naturalmente, draghi. Come possono convivere assieme (e soprattutto dare frutti fumettistici) due passioni, apparentemente tanto divergenti?
L. Enoch: Il fantasy non è solo storie di maghi, elfi e orchi. Così come con la fantascienza (vedi Philip Dick) si può narrare il nostro presente o il futuro prossimo con distopie o scenari fantascientifici lontani nel tempo. Allo stesso modo il fantasy parla anche del nostro presente, camuffandolo da storie fantastiche e irreali. Le orribili fucine di Isengard, con gli orchi che abbattono gli alberi e li usano come combustibile per i loro altiforni, davano voce, nel Signore degli Anelli, all’odio di Tolkien per la società industriale, anche se lui ha sempre negato l’uso di allegorie nel suo romanzo.
Intervista rilasciata via mail conclusa il 2 giugno 2013
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