Giappone, inizi del ‘900. L’esistenza di Yukio, stimatissimo dottore, viene sconvolta dall’arrivo di un uomo tale e quale a lui che gli uccide i genitori, si appropria della bella Rin, la moglie senza memoria, e lo getta in un pozzo profondo rubandogli la sua vita. Ma le cose, forse, non sono come sembrano…
Pregevole incursione di Tsukamoto nella fiction in costume che vira nell’horror, molto ma molto lontana sia stilisticamente che tecnicamente dai suoi lavori precedenti. Il regista giapponese abbandona per la seconda volta (non dimentichiamoci di Hiruko the goblin, 1991) le atmosfere cyberpunk del passato fatte di immagini in b/n allucinato, per mettere in scena un film più sobrio tratto da una novella di Edogawa Ranpo.
L’eleganza anche geometrica degli spazi (vedere la camera da letto della coppia o il pozzo cilindrico) viene esaltata da Tsukamoto che si dimostra comunque a suo agio in una pellicola più “rallentata”. Vera gioia visiva sono le rappresentazioni anacronistiche della plebe che disegnano (è il caso di dirlo) un forte contrasto con i ceti più alti. Se i ricchi sono ligi ai colori scuri o bianchi senza via di mezzo, i poveri indossano vestiti tutti rattoppati e deliziosamente sgargianti. Una contrapposizione che forse è l’esteriorizzazione delle coscienze, difatti il padre medico di Yukio (colori freddi = Thanatos) abbandonerà il suo gemello nel fiume perché deforme, mentre all’opposto l’uomo che raccoglierà sulla riva Sutekichi è un poveraccio vestito con pezze variopinte (colori caldi = Eros). Questi magnifici abiti, che probabilmente derivano dalla formazione artistica di Tsukamoto, mi hanno ricordato quelli di Miike in Imprint (2006), e guarda caso lo stesso Miike ha girato il documentario The Making of Gemini (2000).
Se la tecnica utilizzata cambia, il contenuto resta all’incirca invariato. O meglio, viene approfondito, rielaborato. Anche questa volta c’è una donna che muove i meccanismi della storia come in Tokyo Fist (1995), e ancora una volta c’è il mutamento fisico come dannazione o esperienza salvifica. In Gemini, però, la metamorfosi è più che altro un’evoluzione perché Sutekichi compie un passaggio ascendente da reietto a uomo “accettato”, mentre nei film precedenti la trasformazione era per gli attori l’apertura di una botola sopra l’abisso. È anche palese che qui la mutazione ha un’accezione positiva solo formalmente, perché ad un livello interpretativo il gemello cattivo pur diventando “bello” compie azioni assolutamente spietate.
In questo quadro mi sembra giusto porre alla vostra attenzione il diabolico legame che Tsukamoto costruisce fra i due gemelli. Come nell’equilibrio di una bilancia: togliendo peso ad un piatto esso si alza mentre l’altro sprofonda, ossia al disumanizzare Yukio gettandolo nel pozzo e di fatto facendolo diventare un mostro, Sutekichi acquista umanità, si eleva. In qualche modo ri-nasce, gettando il fratello in un limbo (un canale vaginale? Notare la posizione fetale del frame sotto) ad un passo dalla morte.
L’unico dubbio è dovuto alla fuga di Yukio dal pozzo. Come ha fatto? Potrebbe essere una mia svista, perciò confido nel vostro aiuto, amici lettori.
Gemini: consigliato a gran voce.