Venerdì 29 Aprile 2011 16:10 Scritto da brunaparodi
Tong – tong, tong tong tong, tong, tong tong tong…
Un’unica piccola goccia, piovuta chissà da dove, e come lei aggrappata ad un vecchio ramo nodoso.
Un timido raggio di sole sembrava giocare con quella stilla: l’ accendeva di rosso fuoco, poi, sparendo tra i rami, la trasformava in una perla lattiginosa, infine , filtrando tra il fitto fogliame, la screziava di vari colori.
Gemma aveva poco più di un anno quando i suoi nonni l’avevano accolta nella loro casa, poi anche la nonna, come i suoi genitori tanto tempo prima, era volata via. E d’allora era rimasta aggrappata, come quella piccola goccia, ad un vecchio ramo nodoso, suo nonno Gionò.
Gemma rimase a lungo a contemplare la goccia, temendo per la sua sorte e chiedendosi chi mai fosse: una goccia di rugiada, una stilla di pioggia, o piuttosto una lacrima sfuggita ad una stella innamorata?
Di storie il nonno gliene aveva raccontate tante, ma nessuna poteva spiegarle il mistero di quella goccia solitaria.
Forse si era persa, forse non aveva ancora imparato la rotta, forse zefiro marzolino l’aveva allontanata dalle sue sorelle, o forse una nuvola dispettosa, magari per noia, l’aveva spinta e lei era precipitata.
E un ramo pietoso l’aveva accolta prima che s’infrangesse al suolo, mentre le foglie, spinte dal vento, sembravano volerla proteggere dai raggi del sole che , facendosi via via sempre più caldi, l’avrebbero fatta evaporare.
Gemma ad un tratto si rese conto che le forze della piccola goccia stavano venendo meno, e la vedeva scivolare ora da un lato ora dall’altro e farsi sempre più piccola: quando il sole si fosse levato alto nel cielo, di lei non sarebbe restata alcuna traccia, come se non fosse mai esistita.
E chissà come la stavano cercando le sue sorelle.
Non sapeva cosa fare: se le avesse rivolto la parola, almeno per rincuorarla, avrebbe corso il rischio di spaventarla e di farla cadere, ignorandola, l’avrebbe fatta sentire più sola.
- Può una goccia piangere ? – si chiese sgomenta Gemma, vedendo la superficie della piccola sfera sollevarsi ed abbassarsi lievemente, come se stesse singhiozzando.
Ma la goccia non stava piangendo, cercava invece di scuotere la sua acquida voce e allo stesso tempo aprirsi un piccolo varco perché le sue parole potessero giungere fino a lei.
E ad un tratto la udì: “ Gemma, io sono il tuo dono. Non sono che una piccola goccia d’acqua, ma più preziosa di una gemma, perché soltanto io posso garantire la sopravvivenza del vostro mondo. Non sono stata abbandonata : le altre mie sorelle, come me, si sono disperse in ogni parte del mondo, soprattutto là dove di acqua ce n’è molta, ma molta ne viene sprecata, mentre ci sono luoghi dove si muore perché non ce n’è a sufficienza o dove si combatte per appropriarsene a danno di altri essere viventi, condannandoli a morte sicura.
Noi gocce ci riveliamo solo ai bambini, gli unici ancora capaci di prendersi a cuore anche la sorte di una sola goccia d’acqua, perché possano far sentire la loro voce.
A loro il re della nostra Galassia ha affidato il compito di salvare la Terra dalla sua distruzione.
Non piangere, dunque, se tra poco mi vedrai sparire, mi sarò solo trasformata e alla prima occasione tornerò da te, anche se forse non saprai riconoscermi: sarò fiume, sarò mare od oceano, nuvola, pioggia o brina, grandine o neve; ti saluterò facendomi scivolare sul tuo viso, mescolandomi alle tue lacrime di gioia, ti abbraccerò quando ti immergerai nelle acque di un fiume, di un lago o di un mare, ti darò sollievo nelle giornate più afose, placherò il tuo dolore quando la vita ti metterà alla prova. Ti ho dato la vita, tocca ora a te fare la tua parte”
Gemma aveva fatto appena in tempo a promettere che la goccia era scomparsa.
Sul ramo, solo una leggera traccia umida.
La bambina però non pianse. Sapeva che si sarebbero ritrovate.