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Generazione Facebook

Da Kobayashi @K0bayashi

Non l’ho pubblicizzato troppo (anzi, direi proprio per niente) perché non mi sento ancora così social da divulgare con disinvolta enfasi il giorno della mia data di nascita e aspettarmi in cambio decine di apprezzamenti da persone conosciute solo virtualmente, come avviene di fatto per gli utenti più scafati sui vari FriendFeed o Twitter, eppure qualche giorno fa è stato il mio compleanno e la componente 2.0 si è fatta decisamente sentire.

Complice soprattutto il sistema di tracciamento delle date di nascita di Facebook, che giorno dopo giorno ripropone al proprietario di ciascun account l’inevitabile promemoria genetliaco, la mia bacheca sul sito del social network bianco e blu è stata letteralmente invasa di messaggi di auguri provenienti dai miei contatti, come si può vedere dallo screenshot (tra l’altro solo parziale, dato che a fine giornata se ne conteranno molti di più).

Generazione Facebook

Un boom di felicitazioni che, forse per la prima volta, ha sopravanzato di gran lunga tutti gli altri strumenti di comunicazione, dalla tradizionale (ma impegnativa) chiamata via telefono al più informale SMS all’oramai scomparsa letterina/biglietto scritto a mano: colpa, ancora una volta, dello stravolgimento del concetto di amico sul social network di Mark Zuckerberg, che sembra quasi far sentire in dovere di partecipare alla gioia di quel particolare giorno nonostante il legame affettivo non sia sempre al massimo livello.

Per alcuni un sistema utile (al limite dell’indispensabile) per annullare la lontananza, a volte incolmabile; per molti altri, invece, una comoda scusa per mettere a posto la coscienza e spuntare la casellina della to do list giornaliera nella speranza di aver fatto il minimo per compiere il proprio dovere sociale: pronti per un nuovo giorno, e per un nuovo elenco di congratulazioni compilato più dalla convenzione che dal reale interesse alla relazione.

E così si sono affannati a bussare alla porta della mia bacheca pubblica anche quei contatti che sono stato costretto ad aggiungere per lavoro oppure i superclassici “amici delle medie”, le cui tracce – perse al conseguimento della licenza e, se mai ritrovate, un motivo ci sarà – si incrociano nuovamente a distanza di anni solo grazie alle autostrade digitali, dando luogo a banali quanto brevissimi scambi di battute, per lo più imbarazzate a causa dell’improbabilità del contesto comunicativo dal quale esse sono scaturite.

Quel che mi resta, da quel giorno, è una sorta di selezione naturale: ma forse, a pensarci un po’ meglio, non serviva davvero Facebook per rendersene conto.


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