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I numeri di una malattia sociale
Le malattie allergiche sono in costante aumento in Italia e nel mondo e occupano il sesto posto fra le patologie croniche più frequenti. Nel Belpaese, dal 1950 a oggi, gli allergici sono passati dal 10% al 30%. Tendenza riscontrabile in tutta Europa dove i malati rappresentano il 26% della popolazione, vale a dire più di una persona su quattro. Alla luce di ciò si prevede che, in tutti i paesi industrializzati, nel 2020, un bambino su due sarà vittima di una o più forme allergiche. Il 50% degli allergici è colpito anche da asma bronchiale: dal 1980 al 1994 la mortalità per attacco d'asma è cresciuta del 30%. L'allergia viene dunque considerata una malattia sociale a tutti gli effetti, con ripercussioni sempre più gravi anche sul mondo del lavoro: una ricerca americana ha dimostrato che le assenze lavorative e la riduzione della produttività negli ultimi tempi, dovute alla sola rinite allergica (il famoso raffreddore da fieno), sono costate alla comunità circa 250 milioni di dollari.
Quando il sistema immunitario va in tilt
Ma cos'è l'allergia? È una malattia del sistema immunitario caratterizzata da una iperproduzione di anticorpi IgE (immunoglobuline E), che si verifica in seguito al contatto con sostanze assolutamente innocue - come per esempio i pollini - giudicate, però, pericolose dall'organismo. Le immunoglobuline E sono sintetizzate dai linfociti B, e più precisamente dalle plasmacellule, cellule specifiche del sistema immunitario. Il vero compito delle IgE è quello di proteggere l'organismo dalle infezioni da parte di parassiti come gli elminti, metazoi vermiformi tassonomicamente riconducibili a organismi come i trematodi e i cestodi, che compiono il loro ciclo vitale all'interno di un ospite specifico (a differenza di altri parassiti come i pidocchi che lo compiono all'esterno). Le cosiddette IgE totali sono, peraltro, uno degli indici più utilizzati per valutare la gravità di un'allergia, tramite un banale esame del sangue. Per un adulto il numero di IgE non dovrebbe superare il numero di 100-200 KU/l. Ma nelle allergie gravi si può arrivare anche a concentrazioni 10 volte più elevate. Il temine allergia viene introdotto per la prima volta nel 1906 dai pediatri viennesi Clemens von Pirquet e Béla Schick, dopo aver notato l'ipersensibilità di alcuni pazienti verso particolari sostanze.
Starnuti, prurito e dispnea
Tra i sintomi tipici della malattia ci sono per esempio il naso che cola (rinorrea), gli occhi arrossati, la pelle che pizzica. Nei casi più gravi si hanno veri e propri attacchi di asma, con dispnea e tosse. In generale i malati di allergia possono essere classificati in due famiglie: "sneezer and runner" e "blocker". I primi presentano sintomi facilmente riconducibili alla rinite allergica, come starnuti, rinorrea, prurito, congiuntivite; possono, inoltre, comparire le occhiaie, tipiche della congestione venosa nella zona oculare, e il cosiddetto "saluto allergico", relativo alla frequenza con cui ci si gratta il naso a causa del prurito. I secondi sono invece caratterizzati esclusivamente da ostruzione nasale e catarro. Per scatenare una crisi allergica bastano pochi granuli di polline di dimensioni molto piccole, fra i 17 e i 40 unimicron. È sufficiente, pertanto, il contatto con soli 50 pollini per metro cubo d'aria per mandare in tilt un organismo ipersensibile. I vegetali producono grandi quantità di polline: una spiga sola di segale distribuisce in una stagione più di 4 milioni di granuli di polline; un platano (albero che raggiunge tranquillamente i 30metri di altezza) produce mediamente 15-20 miliardi di granuli pollinici in un anno.
Il peso dell'ereditarietà
La malattia allergica è in gran parte dovuta alla genetica o, meglio, all'ereditarietà: ci sono specifici geni legati alla malattia che si tramandano di generazione in generazione. Per questo motivo più individui di una stessa famiglia tendono a soffrire l'azione di allergeni comuni (agenti che causano le allergie). Gli studiosi hanno verificato che un bambino nato da una coppia di genitori allergici ha l'80% di possibilità di ereditare gli stessi problemi di mamma e papà. Il fattore ereditario, però, cala progressivamente se c'è un solo genitore malato, fino ad arrivare a una percentuale di rischio del 10% nel caso in cui nessuno dei familiari è soggetto alla malattia. Alcuni esperti dell'Università di Edimburgo hanno, inoltre, identificato un gene difettoso che aumenterebbe significativamente il pericolo di sviluppare patologie allergiche. Il riferimento è alla cosiddetta filaggrina, proteina che - prodotta dal gene FLG - ha il compito di unire i filamenti di cheratina (sostanza presente nello strato corneo della pelle), contribuendo all'efficienza della barriera epidermica. Dai dati accumulati in 24 studi è emerso che chi presenta questo gene mutato corre molti più rischi degli altri di ammalarsi di rinite, asma ed eczema. Una curiosità riguarda il fatto che in una famiglia numerosa sono soprattutto i primogeniti a soffrire di allergia, mentre i fratelli e le sorelle più piccoli risulterebbero meno vulnerabili a questa tara del sistema immunitario. Secondo gli studiosi dell'Università del South Carolina, guidati da Wilfred Karmaus, rispetto alla prima gravidanza, la placenta delle successive funziona meglio, facilitando la dotazione di autodifesa nel nuovo embrione che va formandosi.
Colpa della troppa igiene?
Il problema allergico potrebbe essere imputabile all'eccessiva igiene, che caratterizza case, scuole, e ambienti di lavoro dell'uomo moderno: i bimbi di oggi, in particolare, fra i più sensibili alle allergie, crescerebbero in contesti ambientali fin troppo puliti, quasi sterilizzati, tali per cui, il loro di sistema immunitario in via di formazione, non impara a differenziare le sostanze innocue da quelle nocive. "La causa dell'aumento delle allergie nei bambini dei paesi ricchi è dovuta proprio alla diminuzione del carico microbico ambientale", rivelano gli esperti del Dipartimento di Medicina pediatrica dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma. "I batteri sono importanti perché inibiscono le reazioni allergiche". La conferma arriva da studi condotti in aree geografiche o contesti ambientali dove l'igiene è un optional. In Africa si è visto che le allergie sono molto meno frequenti rispetto all'Europa. Fra i rom rappresentano una rarità. In Thailandia sono immuni dalle allergie solo coloro che vivono in ambienti malsani, circondati da scarti e rifiuti. "Le regioni della Terra in cui le condizioni sanitarie sono rimaste stabili nel tempo, hanno mantenuto anche un livello costante di casi di allergia e malattie infiammatorie", dice Guy Delespesse, professore dell'Università di Montreal. "Più sterile è l'ambiente in cui vive un bimbo, più alto è il rischio che possa sviluppare allergie o altri disturbi autoimmuni nel corso dell'esistenza".
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