Avevo due giorni liberi e ho deciso di partire con i miei 2 figli per il mare.
Non è facile per me decidermi, da sola con 2 bambini al seguito è sempre complicato, in passato nei piccoli viaggi che ho intrapreso con loro non riuscivo a trovare il tempo nemmeno per una doccia!
Ma con questa ansia incombente non mi decido mai a muovermi e l'idea di una "mamma statica" proprio non mi va giù!
Imperfetta si, complicata si, ma passiva proprio no! Così mi sono decisa: ho prenotato un villaggio al volo a circa un'ora e mezza di macchina da casa e sono partita.
Le prime ore sono trascorse serene, sempre alle prese con mille esigenze da soddisfare, ma serene. Non ho ancora capito perché i miei figli diventano tanto esigenti quando siamo in vacanza: forse cambiando ambiente necessitano di maggiori rassicurazioni, oppure è semplicemente l'età, oppure percepiscono la mia ansia e, a modo loro, la somatizzano con una maggiore richiesta di attenzione. In ogni modo in vacanza, entrambe le creature, diventano molto richiedenti (per non dire insopportabili!).
Poi è successo che il mio cucciolo di 4 anni si è ferito ad un piede, ha pianto interrottamente per 2 ore ed io, non riuscendo a contenere la sua agitazione, l'ho nutrita. Ore di disperazione infantile che hanno aumentato il mio malumore. Non era una ferita "da ospedale" ma era abbastanza grande da necessitare una vistosa fasciatura e da non consentire bagni a mare e giochi nella sabbia.
A un certo punto è subentrata la fatidica domanda: faccio venire il papà a prendere il cucciolo o lo tengo con me consapevole delle difficoltà? L'indecisione è prevalsa per tutta la giornata, il cucciolo non metteva più il piede in terra ed io ero divisa tra la voglia di cavarmela da sola e la stanchezza che incalzava. Mi sono consultata telefonicamente con il papà e insieme abbiamo valutato opportuno portare via il piccolo e così il mio ex, alle ore 22.30 circa di un venerdì di inizio estate, è venuto a prendere l'infortunato.
Passato il trambusto, quando mi sono ritrovata a letto di notte a pensare alla giornata, avevo la mia bambina di 8 anni abbracciata a me, ero esausta ma non riuscivo a dormire, sentivo che c'era ancora qualcosa che non andava. Non ero serena e mi chiedevo: che messaggio ho dato al mio cucciolo portandolo via?
- Che la mamma non sa cavarsela davanti alle difficoltà?
- Che lui può permettersi "mille esasperazioni" tanto ha comunque l'attenzione di mamma e papà?
Piano piano il disagio ha lasciato il posto alla riflessione più consapevole ed ho pensato che spesso noi genitori siamo troppo severi con noi stessi e non rispettiamo le nostre debolezze.
Ero in difficoltà e ho chiesto aiuto: forse anche questo può essere un messaggio per i miei figli. La solitudine è una dimensione importante da gestire ma bisogna, se occorre, tirare i remi in barca e lanciare un SOS.
Il mio SOS ha raggiunto il loro papà che, con la serenità e l'equilibrio di sempre, è venuto in mio soccorso.
Forse è proprio questo alla fine che, quella notte, non mi riuscivo a perdonare.