“ – Costruttori, dateci una bicicletta a portata di tasche! Non serve che sia l’ultimo modello, che abbia chissà quanta tecnologia, chissà quanti orpelli. Dateci una bicicletta che possa essere per tutti. Ci penseremo noi, ognuno di noi, a farla diventare speciale! – “In queste settimane ci sono ciclisti, magari anche tra voi, che hanno perfezionato l’acquisto della nuova specialissima vista nei saloni delle bici, o nel negozio un paio di mesi addietro. Con la crisi, questi acquirenti sono certamente di meno rispetto a due o tre anni fa. La bici nuova, vista nel luccichio dei saloni, vissuta nelle parole del rappresentante del marchio o del meccanico di fiducia... ah, che bella! Ma con i livelli di tecnologia applicata alla metallurgia – ormai raggiunti anche dal mercato ciclistico – veramente non esiste la possibilità per un costruttore di costruire una bicicletta senza dover chiedere tre stipendi a chi la vorrebbe? La parola passione è stata uccisa dal carbonio, dal titanio, dalle ruote ultraleggere, dai porta-borraccia (avessi detto…) che siccome sono speciali costano una roba vergognosa? Può essere che una bicicletta sia omai ristretta a partire da almeno 2.500 euro? In mezzo non può esistere niente? Certamente il ciclista della domenica ha la sua colpa. Il non accontentarsi, il chiedere sempre la novità, il “cedere” alla pubblicità che usa parole, frasi, immagini, confronti altisonanti che fanno da sirena incantatrice per portare a battere il record personale, a essere il primo anche solo del proprio gruppetto di amici. Questo da almeno un decennio. E il negoziante si è (felicemente) adeguato. Ma non può essere solo questo. Solo questione di fighetti che sono ovunque, anche nel ciclismo. I costruttori di oggi non sanno più usare, costruire, saldare l’alluminio? Un “gruppo” da pochi soldi deve per forza toccare i tre zeri per portarsi appresso un po’ di qualità? È probabilmente una scelta. “Preferisco vendere una bici da 4.000 euro che tre da 1.500.” L’alluminio fece la fortuna del mercato ciclistico amatoriale negli anni ’90. Biciclette leggere, che consentivano di avere telai di ottimo livello per il ciclista delle granfondo. E non pare di aver sentito di velocipedi sbriciolarsi ed andare in pezzi dopo 20.000 chilometri, se non per schianti contro veicoli o cadute rovinose. Dire che si può fare ciclismo anche con bici che pesano 9 o 10 chili (10 chili? MIO DIO!!). Non è una bestemmia, e come considerazione è pari all’acqua calda. Si può. Le biciclette di oggi – specie negli ultimi 6/8 anni – hanno avuto un miglioramento qualitativo verso l’alto enorme. Ma così anche il costo. Non esistono più quelle cinque o sei marche che anni fa rappresentavano un simbolo, oltre a una bonifico bello pesante. Oggi marche mai sentite sparano sul mercato “pezzi” da quattro, cinquemila euro senza fare una piega. Possibile che costruire una bicicletta da 1.500 euro sia impossibile? Che l’acciaio (si, l’acciaio, senza vergognarsi) o l’alluminio 7005, giusto per nominare un tipo di lega molto usata nella prima metà del decennio scorso, siano da considerare da museo e basta? Costruttori, dateci una bici che ci faccia contenti. Di andare sulla Luna non ne abbiamo bisogno. Da qui ai prossimi due anni già sarà qualcosa poter andare in vacanza (almeno noi, voi figurarsi…) L’emozione non dipende da quanti euro abbiamo sotto il sedere. Ma se invece è così, poveri noi. Con buona pace del conto in banca.”
Magazine Ciclismo
“ – Costruttori, dateci una bicicletta a portata di tasche! Non serve che sia l’ultimo modello, che abbia chissà quanta tecnologia, chissà quanti orpelli. Dateci una bicicletta che possa essere per tutti. Ci penseremo noi, ognuno di noi, a farla diventare speciale! – “In queste settimane ci sono ciclisti, magari anche tra voi, che hanno perfezionato l’acquisto della nuova specialissima vista nei saloni delle bici, o nel negozio un paio di mesi addietro. Con la crisi, questi acquirenti sono certamente di meno rispetto a due o tre anni fa. La bici nuova, vista nel luccichio dei saloni, vissuta nelle parole del rappresentante del marchio o del meccanico di fiducia... ah, che bella! Ma con i livelli di tecnologia applicata alla metallurgia – ormai raggiunti anche dal mercato ciclistico – veramente non esiste la possibilità per un costruttore di costruire una bicicletta senza dover chiedere tre stipendi a chi la vorrebbe? La parola passione è stata uccisa dal carbonio, dal titanio, dalle ruote ultraleggere, dai porta-borraccia (avessi detto…) che siccome sono speciali costano una roba vergognosa? Può essere che una bicicletta sia omai ristretta a partire da almeno 2.500 euro? In mezzo non può esistere niente? Certamente il ciclista della domenica ha la sua colpa. Il non accontentarsi, il chiedere sempre la novità, il “cedere” alla pubblicità che usa parole, frasi, immagini, confronti altisonanti che fanno da sirena incantatrice per portare a battere il record personale, a essere il primo anche solo del proprio gruppetto di amici. Questo da almeno un decennio. E il negoziante si è (felicemente) adeguato. Ma non può essere solo questo. Solo questione di fighetti che sono ovunque, anche nel ciclismo. I costruttori di oggi non sanno più usare, costruire, saldare l’alluminio? Un “gruppo” da pochi soldi deve per forza toccare i tre zeri per portarsi appresso un po’ di qualità? È probabilmente una scelta. “Preferisco vendere una bici da 4.000 euro che tre da 1.500.” L’alluminio fece la fortuna del mercato ciclistico amatoriale negli anni ’90. Biciclette leggere, che consentivano di avere telai di ottimo livello per il ciclista delle granfondo. E non pare di aver sentito di velocipedi sbriciolarsi ed andare in pezzi dopo 20.000 chilometri, se non per schianti contro veicoli o cadute rovinose. Dire che si può fare ciclismo anche con bici che pesano 9 o 10 chili (10 chili? MIO DIO!!). Non è una bestemmia, e come considerazione è pari all’acqua calda. Si può. Le biciclette di oggi – specie negli ultimi 6/8 anni – hanno avuto un miglioramento qualitativo verso l’alto enorme. Ma così anche il costo. Non esistono più quelle cinque o sei marche che anni fa rappresentavano un simbolo, oltre a una bonifico bello pesante. Oggi marche mai sentite sparano sul mercato “pezzi” da quattro, cinquemila euro senza fare una piega. Possibile che costruire una bicicletta da 1.500 euro sia impossibile? Che l’acciaio (si, l’acciaio, senza vergognarsi) o l’alluminio 7005, giusto per nominare un tipo di lega molto usata nella prima metà del decennio scorso, siano da considerare da museo e basta? Costruttori, dateci una bici che ci faccia contenti. Di andare sulla Luna non ne abbiamo bisogno. Da qui ai prossimi due anni già sarà qualcosa poter andare in vacanza (almeno noi, voi figurarsi…) L’emozione non dipende da quanti euro abbiamo sotto il sedere. Ma se invece è così, poveri noi. Con buona pace del conto in banca.”
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