Anche se la macchina del sequenziamento genomico è ormai in attività da diversi anni, sorprendentemente esistono ancora specie il cui genoma non è ancora stato decodificato. E ogni mese ne leggiamo di nuovi. Luglio ha visto il sequenziamento di tre nuovi genomi, tutti importanti, seppur per diversi motivi. Il primo è quello della patata (Solanum tuberosum), una pianta fondamentale per la nostra alimentazione: la sequenza genomica servirà a selezionare varietà maggiormente resistenti alle malattie. Il secondo genoma è quello di un animale bizzarro, incredibilmente longevo e resistente ai tumori: l’eterocefalo glabro (Heterocephalus glaber). Il terzo genoma appartiene invece a una specie che in un certo senso si trova a metà strada tra il regno vegetale e quello animale: è un animale a tutti gli effetti, ma il corallo è stato per lungo tempo considerato un vegetale. La sequenza di Acropora digitifera appena pubblicata servirà a studiare meglio questo abitante degli oceani, che è una specie di cartina al tornasole del riscaldamento globale.
Parlando invece di genomica umana, giusto una settimana la biostatistica italiana Paola Sebastiani e il suo gruppo di lavoro hanno ritirato l’articolo sui geni dei centenari pubblicato l’estate scorsa su Science. Il paper aveva sollevato dubbi e perplessità in merito alla solidità della metodologia utilizzata, e con questa ammissione gli autori danno ufficialmente ragione ai critici. Da una non-scoperta a una vera scoperta: un gruppo internazionale di scienziati ha identificato la mutazione genetica responsabile della sindrome di Proteo, malattia rarissima che colpì Joseph Merrick, noto come “The Elephant Man”.
Rientra nella lotta alla malattie rare la decisione del Parlamento tedesco di consentire la selezione pre-impianto degli embrioni nelle fecondazioni in vitro. Con questa scelta, la Germania si allinea con il resto d’Europa, dove la selezione embrionale per precise malattie genetiche è permessa (quando in Italia?). Infine, nuovo passo avanti per la biologia sintetica: alcuni scienziati si sono divertiti a “correggere” il genoma del batterio Escherichia coli, rimuovendo una particolare tripletta di DNA e sostituendola con un’altra dalla funzione equivalente.