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Genova, chi interrompe il “pubblico servizio”?

Creato il 23 novembre 2013 da Albertocapece

tranvieri-300x300Hanno sperato che lo sciopero finisse prima di doverne parlare ( vedi qui ), che i lavoratori si facessero infinocchiare dalle chiacchiere e dal sacrificio economico, che i sindacati tornassero al loro ruolo di pompieri istituzionali, che i politici fossero costretti a fare dichiarazioni all’Ansa non sapendo cosa dire, soprattutto quel fritto misto di ex sinistra che governa la città e i loro collettori nazionali, ma i tranvieri di Genova hanno resistito. Anche al silenzio che per tre giorni è calato sulla lotta in atto per sventare la privatizzazione dei bus genovesi e che adesso leggermente si rompe per dire quanto sono cattivi i tranvieri o magari per fare della scadente e miserabile polemica politica contro il sindaco, da parte degli scajolani.

Naturalmente ora scatta l’intimidazione perché la Procura indaga per “interruzione di pubblico servizio”. Però non c’è nulla da indagare: i lavoratori in sciopero sono in piazza, non c’è bisogno della Digos, è solo il pizzino dell’oligarchia per intimidire chi cerca di conservare il proprio posto di lavoro, un salario decoroso, ma anche una città che intuisce come la privatizzazione annunci maggiori costi per i cittadini e un trasporto pubblico meno efficiente.  E non solo, una città che conosce bene la piaga della deindustrializzazione, della disoccupazione che con questa operazione farà molte altre vittime. Genova è una città che ha mangiato la foglia.

Però la procura mi offre uno spunto: se i bus sono un pubblico servizio perché li si vuole privatizzare? E in che senso esso rimane servizio pubblico nel momento in cui il criterio non è più offrire il “trasporto universale” che è un valore sia sociale  che economico per tutta la città, ma garantire un profitto a chi lo gestisce? Sono domande elementari che tuttavia per troppi anni sono state nascoste e dimenticate o hanno ricevuto risposte vaghe, ambigue e reticenti: i servizi universali anche nella loro definizione giuridica sia italiana che europea devono garantire uno standard definito di prestazioni a prescindere dalla sua remuneratività. Tra il profitto, che giustamente un gestore privato pretende e il servizio pubblico che dev’essere garantito a prescindere da esso, c’è un’ evidente antinomia, che purtroppo per molti decenni è stata coperta da un lenzuolo ideologico e mitologico: che il privato fosse più efficiente del pubblico. Era più una leggenda metropolitana che altro perché questa presunta maggiore efficienza non può che riferirsi al meccanismo (anch’esso molto presunto) della concorrenza e dunque non può applicarsi a campi, come i servizi universali, dove questa non è praticamente possibile e si agisce in regime di monopolio di fatto. La stessa Banca Mondiale che dal 1978 non aveva fatto altro che imporre i servizi privati delle multinazionali nei Paesi del terzo mondo come condizione dei propri prestiti, nel 2005 ha dovuto gettare la spugna e riconoscere che tra pubblico e privato non c’è alcuna sostanziale differenza in termini di efficienza.

Del resto le privatizzazioni nel campo dei servizi universali (e non solo, ahimè) sono tra gli esempi più chiari del fatto che la cosa non funziona: quando Blair decise di privatizzare le ferrovie britanniche che godevano di buona fama di efficienza ed economicità, non immaginava che nel giro di pochi anni esse sarebbero divenute le più care di Europa e anche le meno efficienti e le meno moderne. I privati guadagnano, ma quando c’è da investire, se non si vuole che il servizio venga meno, lo stato in qualità di socio di minoranza deve metterci i soldi. E paradossalmente accade che lo stato britannico spenda di più per le sue ferrovie private, di quando non spenda lo stato tedesco per un trasporto ferroviario in gran parte pubblico. Con un’efficienza che non ha proprio paragone. Ma il problema vero non è che Blair abbia commesso un errore, è che abbia fatto di questo errore una bandiera che oggi tristemente sventola sulla collina del disonore della socialdemocrazia italiana.

Mi scuso per questo andamento un po’ didattico, ma è che voglio prevenire le obiezioni scontate e magari indurre qualcuno ad leggere la realtà in maniera meno banale e conformista. Tornando a Genova e alla straordinaria battaglia dei tranvieri che sta diventando un punto di riferimento nazionale, se fossi nella Procura indagherei con molta lena sulla interruzione del pubblico servizio, ma nella consapevolezza che è proprio il Comune a volerlo interrompere per cederlo ai privati. E magari indagherei per vedere se questo passaggio è proprio privo di profitto per qualcuno.


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