Genova, i soldi dei falsari di governo e i ritardi sospetti

Creato il 13 ottobre 2014 da Albertocapece

Mi piacerebbe scrivere che per Genova sono pronti mille miliardi e non solo i due, citati dal premier su Fb. Due, cento, mille tanto che importa dei miliardi scritti su social network e non nei provvedimenti governativi?  I miliardi di fantasia possono essere sparati a piacimento o fatti comparire figurativamente come fantasmi in provvedimenti che poi ne impediscono la reale erogazione, quindi, caro premier, perché essere micragnosi e limitarsi a due? Per non esagerare? Ma via, ormai gli italiani sono capaci di bersi qualunque cosa, comprese le lacrime di coccodrillo che sgorgano dai twitter e che accusano il nuovo nemico pubblico, pronto per qualsiasi argomento e qualsiasi giustificazione, ovvero la burocrazia.

Ma certo la burocrazia. E che dire allora della lettera giunta in agosto a Palazzo Chigi, in cui i legali  delle aziende che si erano aggiudicate le opere “di salvezza” sul Bisagno dicevano, riguardo ai 35 milioni fermi al Tar:  “Tutti i ricorsi sono stati respinti. Nulla osta ad un avvio effettivo dell’incarico. Gli ultimi eventi alluvionali hanno evidenziato le criticità idrogeologiche del territorio di Genova e della Regione e – con l’avvicinarsi della stagione autunnale – rimandare e temporeggiare ancora espone la collettività al concreto rischio di riaccendere la tragedia del novembre 2011”. Non ho avuto la possibilità di parlare con i diretti interessati, ma la lettera getta una luce completamente diversa sui presunti ritardi burocratici, mostrando che essi sono stati enfatizzati proprio dalla politica.

Che il premier faccia parte della burocrazia assieme a Burlando il quale ha ricevuto la medesima missiva? Certo, la sua natura di ufficiale di scrittura di Bruxelles, di De Tappetti dei poteri finanziari, lo conferma, ma qui non si trattava di miliardi, ma di soli 35 milioni di cui nessuno si è occupato fino alla tragedia. Una lettera buttata nel cestino, citata fugacemente in qualche telegiornale e riportata dal Fatto, che è passata del tutto inosservata, nonostante sia la clamorosa prova del totale disinteresse della politica alla vicenda. Disinteresse nel migliore dei casi  perché l’assenza di qualsiasi tentativo di accelerare le cose, come invece pare fosse più che possibile, fa nascere il concreto sospetto che dietro questo come dietro altri mille casi, il ritardo attribuito ai meccanismi burocratico – giudiziari  rifletta in realtà una battaglia fra clan, cerchie, sodalizi tra politica e affari che di certo non hanno come obiettivo fondante il buon governo.

Ma agli italiani basta un twitt per consolarsi, per non vedere, per placare i dubbi sugli uomini della Provvidenza, mentre in tutto il resto del mondo un premier sarebbe stato chiamato quanto meno a rispondere delle sue “distrazioni”,  in questo Paese passa invece indenne e  si fa beffe di tutti.  Nemmeno la precauzione di vedere cammello, visto che i due miliardi sono reali come dromedari all’Antartide, ma sono sparati come fossero la più concreta delle cose all’unisono con le altre prestazioni di fantasia finanziaria che vengono apprestate. Allora meglio mille, tanto sono opera di falsari.


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