Ricordo la mia prima visita a Genova. Ero in seconda media e l’attrazione principale di quella gita di due giorni era l’acquario. Genova era un contorno insipido a cui indulgevamo giusto perché ci avanzava del tempo. Ricordo una città grigia e anonima, con una mare altrettanto grigio e anonimo. Ricordo che in quelle quarantotto ore non ho visto il sole neanche una volta, sembrava inghiottito non dalle nuvole, ma dal grigiore della città stessa. Però di Genova non ricordo nient’altro.
Quella non era Genova e io non ero pronto.
Sono tornato poco tempo fa, prima grande città del mio giro intorno al Mediterraneo. Del sole ancora nessuna traccia, il grigio è rimasto grigio e l’acquario è ancora là. Si direbbe che la città non è cambiata molto negli ultimi anni e forse è anche vero. Ad essere cambiato ero io. Ora il grigio non mi appariva più come una cappa piatta e uniforme, era un mosaico di sfumature entro con cui dipingere i contorni di vicoli incerti e misteriosi, un reticolo di carruggi in cui perdermi senza appello, ma solo per ritrovarmi in una piazza, uno slargo, un ristorante o una birreria dal fascino inaspettato.
A Genova i locali migliori non hanno alcuna insegna colorata ad attrarre i turisti, nessuna scritta al neon né luci lampeggianti. Solo portoni di ferro o di legno a cui approcciarsi convinti fino all’ultimo di essere nel posto sbagliato, che al nostro ingresso una congrega di sguardi minacciosi ci faccia passare la voglia di entrare nelle case altrui senza invito. Invece ci si ritrova in cantine dal gusto rustico, tra ruvide pareti di roccia e mattoni dove un’atmosfera degna delle canzoni di De André avvolge gli avventori.
Genova la Superba, porto sul Mediterraneo, approdo di genti e merci, scontro di ideali e aspirazioni, tragici destini e sublimi realizzazioni. Il capoluogo della Liguria è attraversato dall’emergenza casa pur con migliaia di case sfitte – si stimano almeno 20.000 appartamenti disabitati, la maggior parte dei quali sono di proprietà di istituti bancari e religiosi – la crisi economica aggredisce imprenditori e professionisti, la pioggia inonda le strade e trascina il fango dalle montagne, ma quando a Piazza delle Erbe ci si ritrova per l’aperitivo, o il sole cala sullo splendido borgo di Boccadasse, o il cielo risplende sereno sopra il Porto Antico, il riverbero della sua struggente bellezza ammalia lo spettatore ed è impossibile non sentirsi partecipi delle sue gioie e delle sue sofferenze.