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Geografie dell'Italia che odia

Creato il 11 febbraio 2015 da Ilgrandemarziano
Geografie dell'Italia che odiaSpesso, nella semplicità aerea del fiato che spolvera le corde vocali, ci si dimentica dell'importanza delle parole, della loro fisicità, del fatto che hanno un peso e una ruvidità, e che è prima di tutto con le parole che disegniamo i contorni di noi stessi e del mondo che ci circonda, dei pensieri e delle persone con cui entriamo in contatto. E che, dunque, le parole non possono essere trascurate come un incidente di percorso evolutivo della glottide. Le parole sono importanti e per questo dobbiamo stare attenti a come le usiamo e a come vengono usate, perché questo può dare un'immagine di come siamo noi e di come sono gli altri, soprattutto in un tempo in cui il verba volant è sempre meno praticato a favore di quello scripta manent del nuovo millennio che trova espressione nella comunicazione attraverso i social network.
Accade così che si possa monitorare la frequenza con cui un certo numero di parole ritenute significative appaiono su Twitter, e da questo, ove possibile, mappare le loro ricorrenze per zone geografiche di provenienza dei relativi tweet. In questo modo, se le parole designate sono quelle proprie dell'omofobia, della misoginia, dell'antisemitismo, del razzismo e dell'intolleranza verso le disabilità, è possibile disegnare una geografia che specifica dove queste intolleranze risultano maggiormente radicate e presenti sul territorio.
1. MISOGINIA
Geografie dell'Italia che odia
2. OMOFOBIA
Geografie dell'Italia che odia
Questo è, in breve, lo studio che in più di un anno di lavoro ha realizzato Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, sulla scorta di analoghi esempi stranieri come la Hate Map redatta dalla Humboldt State University nel caso degli USA, e che, monitorando circa 1.800.000 tweet distribuiti sul territorio italiano rispetto a un ben determinato ventaglio di parole e concetti identificativi di manifestazioni di odio e intolleranza, ha mappato geograficamente famiglie di sentimenti di ostilità e discriminazione registrandone l'intensità rispetto alla frequenza delle parole-chiave scelte.
Ciò che ne emerge, e che vi invito a guardare attraverso le mappe riportate qui sotto, è un quadro geo-sociale molto interessante, dove la misoginia – per esempio – ha riscontrato un elevatissimo numero di tweet (oltre 1.100.000 in 8 mesi) e si è dimostrata, a dispetto di quello che ci si poteva aspettare, la forma di intolleranza più rilevante e distribuita. Dal punto di vista essenzialmente geografico, invece, l'Italia più intollerante si troverebbe al Nord e al Sud, mentre il Centro sembrerebbe un'oasi a maggior grado di tolleranza, fatta eccezione però per l'antisemitismo, per il quale la situazione appare ribaltata.
3. RAZZISMO
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4. ANTISEMITISMO
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Ma se l'analisi della comunicazione dell'odio attraverso un social media come Twitter potrebbe non essere del tutto attendibile rispetto a una realtà che non trova una corrispondenza capillare rispetto a questo tipo di mezzo di comunicazione ancora non molto diffuso nel nostro Paese, ma la cui virtualità può essere un incentivo alla disinibizione e dunque a sentirsi più liberi di dire le proprie opinioni senza il filtro dell'ipocrisia e del perbenismo, l'analisi fatta da Vox può anche essere vista dalla prospettiva opposta, ovvero di come rispetto a effettivi episodi registrati sul territorio, i social media diventano anche veicoli e catalizzatori di violenza e intolleranza.
5. DISABILITA'
Geografie dell'Italia che odia
Complessivamente, come potete vedere, le mappe si dimostrano abbastanza impressionanti nella restituzione di istantanee di un paese ancora parecchio distante da una civiltà del rispetto e della tolleranza, ma soprattutto un paese non omogeneo, un paese dove non si può abbassare la guardia pensando che quelli che si sentono giungere di tanto in tanto attraverso la cronaca siano solo casi isolati per i quali non è necessario preoccuparsi , e dove le mappe possono dare indicazioni sulle aree dove è maggiormente necessario intervenire a livello di educazione e sensibilizzazione. Perché è da lì che, come sempre, bisogna cominciare: dalle coscienze, dai valori, dal proprio modo di sentire gli altri. Non dimentichiamolo mai quando, per esempio, anche per veniali questioni di traffico, ci ritroviamo a dare del frocio a qualcuno o della troia a qualcun altra. Che ci piaccia o no, noi siamo le nostre parole e le nostre parole sono noi. Non dimentichiamolo mai quando apriamo bocca.

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