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Geopolitica e costituzioni: i sommari

Creato il 10 ottobre 2011 da Eurasia @eurasiarivista
:::: Redazione :::: 10 ottobre, 2011 :::: Email This Post   Print This Post Geopolitica e costituzioni: i sommari È uscito il numero XXIII (2/2011) della rivista di geopolitica “Eurasia”, intitolato GEOPOLITICA E COSTITUZIONI. Il volume, composto di 26 articoli su 256 pagine, tratta di come le leggi fondamentali influiscano sulla politica internazionale, ed in particolare di come l’ingegneria costituzionale etero-imposta sia stata rilevante nell’ultimo secolo per correggere la postura geopolitica di alcuni paesi rispetto alla potenza egemone.
Ecco di seguito l’elenco ed un breve sommario di ciascuno degli articoli presenti in questo numero.

Geopolitica e costituzioni: i sommariTiberio Graziani, I costruttori di carte ottriate

Lo studio dei rapporti tra la legge fondamentale di uno Stato e la geopolitica è tornato di attualità tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. In quel periodo (1989 – 1991), coincidente con il collasso del sistema bipolare, gli USA intensificarono il loro ruolo di “costruttori di Nazioni libere”. Proclamatisi “Nation and State Builders”, gli Stati Uniti interferirono nella elaborazione delle Carte fondamentali dei nuovi Stati nazionali, sorti dalla deflagrazione dell’ex blocco sovietico. Tale intromissione non costituì un fatto nuovo nella storia della politica estera statunitense, ma una costante. Una lettura “geopolitica” degli ordinamenti costituzionali ci dimostra che le Carte fondamentali degli Stati non egemoni sono sostanzialmente assimilabili alle Costituzioni ottriate. Nella transizione tra la fase unipolare e il sistema multipolare appare necessaria la formulazione di nuovi paradigmi costituzionali articolati su base continentale.

Tiberio Graziani è direttore di “Eurasia” e presidente dell’IsAG.


Giuseppe Romeo, Eteronomia di una complementarità necessaria

In una società degli Stati e dei popoli, la condivisione di principi e valori universali contenuti nelle Carte Fondamentali e negli Statuti delle organizzazioni sovranazionali diventano le regole sulle quali si svolge il disegno di un ordine mondiale definito, misurabile nelle dinamiche e disciplinabile nei modi di agire di ogni singolo attore. La collocazione internazionale di uno Stato, il ruolo politico che intenderà giocare come protagonista nella comunità internazionale non potrà che essere espressione, allora, non solo della sua cultura giuridica ma dell’accettare di agire in una comunità politica che si costituzionalizza man mano in un’ottica di universalità del diritto e dei diritti.

Giuseppe Romeo è analista politico e pubblicista; ha collaborato a vario titolo con diverse università italiane nelle materie di Diritto dell’Unione Europea, Storia dei trattati e politica internazionale, Sociologia delle relazioni internazionali e Studi strategici. È cultore di Studi strategici e di Analisi della politica estera presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Statale di Milano.


Guilherme Sandoval Góes, Il geodiritto e i centri mondiali del potere

Nel presente articolo sono evidenziati i rapporti tra diritto costituzionale e geopolitica. Nel caso specifico del Brasile, il diritto costituzionale attraversa una delle fasi più delicate della sua evoluzione, posto che i principi d’ordine politico liberale mirano a sottrarre alla Costituzione la propria forza normativa a garanzia del benessere e dello sviluppo della collettività locale. Il diritto costituzionale nel mondo postmoderno non può rimanere lontano dalla realtà internazionale che lo circoscrive senza che gli sia assegnato un corretto ruolo di controllo nella protezione dei diritti fondamentali. La Costituzione è dinamica e aperta e deve servire da fondamento materiale per l’elaborazione delle politiche pubbliche all’interno dello Stato Costituzionale di Diritto.

Il capitano Guilherme Sandoval Góes è professore di Diritto; coordinatore della Divisione di Affari Geopolitici e di Relazioni Internazionali della Scuola Superiore di Guerra del Brasile; coordinatore del Corso di Master in Diritto Costituzionale dell’Università Estácio de Sá; Master e Dottorato in Diritto per l’Università dello stato di Rio de Janeiro.


Aldo Braccio, Carte costituzionali: casi di “sovranità limitata”

I rapporti di forza internazionali determinano spesso una ricaduta sul piano costituzionale interno dei Paesi carenti di effettiva sovranità. Le cosiddette “guerre di Liberazione” intraprese dalla superpotenza statunitense costituiscono un esempio probante di tale fenomeno: alcune disposizioni costituzionali conformi a tale orientamento figurano nelle Leggi Fondamentali di Italia, Germania, Austria, Giappone, Kosovo, Afghanistan, Iraq, quasi come richiamo e ombra di una più generale occupazione culturale ed economica, dopo e oltre quella militare.

Aldo Braccio è redattore di “Eurasia”. Membro del Consiglio Direttivo dell’ISAG – Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie, è autore di Turchia, ponte d’Eurasia, Fuoco Edizioni, Roma 2011.


Mahdi Darius Nazemroaya, Privatizzazione e costruzione del “impero”

Gli Stati Uniti hanno riscritto la costituzione dei popoli vinti nella Seconda Guerra Mondiale. Negli ultimi due decenni, tuttavia, Washington è riuscita a ristrutturare totalmente gli Stati vinti economicamente e politicamente attraverso un processo di de-centralizzazione e grazie alla legalizzazione della tutela straniera sulle loro strutture politiche e sulle loro economie nazionali. Dalla ex Jugoslavia in Afghanistan e in Iraq, questo processo è andato di pari passo con la guerra e un’immediata ed estesa presenza militare straniera. A tale riguardo le nuove costituzioni nazionali di questi paesi sono state al centro del processo ed hanno aperto la porta per l’integrazione di questi Stati nella costruzione dell’ “impero” di Washington.

Mahdi Darius Nazemroaya, sociologo, ha svolto attività di ricerca presso il Dipartimento di Sociologia e Antropologia dell’Università di Ottawa e, sul tema dell’integrazione in Nord America, presso il Parlamento del Canada. È uno dei fondatori della Ottawa University Archeological Society (uOAS), il suo primo vicepresidente (2010-oggi) e il presidente del comitato uOAS che ha progettato un programma universitario di archeologia, lanciato dall’Università degli Studi di Ottawa. È un collaboratore di Global Research e ricercatore associato in geopolitica del Sud-Ovest asiatico, del Caucaso e dell’Asia centrale presso il Centre for Research on Globalization (CRG) di Montréal.


Carlo Schmid, Che significa propriamente “legge fondamentale”?

Quello che segue è il discorso tenuto al Parlamento tedesco dal deputato socialdemocratico Carlo Schmid l’8 settembre 1948. In esso si toccano i seguenti temi: Che cosa significa “Costituzione”? Che cosa è uno Stato? La situazione della Germania. L’ingiustizia della divisione. Accenno al processo di Norimberga. Il Reich tedesco sopravvive. Il dominio straniero è contrario al diritto delle genti. I vincitori hanno bloccato la sovranità popolare. Non esiste un popolo dello Stato della Repubblica Federale. L’assemblea nazionale tedesca. Un imperativo. Le condizioni dei vincitori. La Legge fondamentale non è una Costituzione. La Costituzione del Reich tedesco non può derivare dalla Legge fondamentale. Nessun riconoscimento della divisione del territorio: è una questione d’onore. L’unità deve essere spezzata con la forza.

Carlo Schmid, giurista ed accademico, è stato parlamentare tedesco dal 1947 al 1972, presidente dell’Assemblea dell’Unione dell’Europa Occidentale dal 1963 al 1966.


David Cumin, L’Ostpolitik di uno Stato senza costituzione nazionale

L’Ostpolitik del Cancelliere Brandt, che prese l’avvio in seguito all’arrivo della SPD al governo e si sviluppò tra il 1969 e il 1982, perseguì l’obiettivo della riunificazione tedesca. I dirigenti tedesco-occidentali ritenevano che l’atteggiamento aggressivo dell’Occidente avesse indotto gli Stati dell’Est a mostrarsi aggressivi a loro volta nei riguardi dell’Occidente. Essi pensavano che, se la politica di forza fosse stata sostituita da una politica di dialogo, la “distensione” tra gli Stati dell’Est e dell’Ovest avrebbe portato ad una “distensione” tra lo Stato e la società ad Est, dunque all’apertura delle frontiere e quindi al superamento dello statu quo. Ma per superare lo statu quo, bisognava cominciare col riconoscerlo. Un’URSS diventata sicura nel suo impero sarebbe stata incline alla distensione e all’apertura. Così l’Ostpolitik fu una politica “idealista” nei metodi (la cooperazione), “realista” rispetto ai destinatari (i governi), “conservatrice” nelle sue modalità a breve termine (la stabilizzazione), “rivoluzionaria” nei suoi obiettivi a lungo termine (il superamento della divisione).

David Cumin è dottore in Diritto pubblico, docente di Diritto pubblico e Scienze politiche (Università “Jean Moulin” Lyon III).


Sara Bagnato, Un caso d’ingegneria statuale: la Bosnia-Erzegovina

La Bosnia-Erzegovina è il principale e il più esteso – geograficamente e storicamente – esperimento di ingegneria politica internazionale, un progetto pilota di creazione di uno Stato dall’esterno. Nel corso degli ultimi 15 anni un complesso consorzio di Agenzie internazionali sostenute dai governi occidentali ha tentato di trasformare un territorio post-bellico devastato ed etnicamente partizionato in uno Stato multietnico, democratico ed economicamente stabile. L’attuale impasse politico ed istituzionale del paese ha messo in luce la fallacia della strategia usata, benché essa abbia permesso di uscire da un’imbarazzante guerra e garantire alla Bosnia un futuro europeo.

Sara Bagnato è dottoressa in Relazioni internazionali (Università degli Studi di Perugia).


Stefano Vernole, Dal tribunale dell’Aja a Rekom

L’arresto dell’ex Generale serbo-bosniaco Ratko Mladic sancisce, simbolicamente, la fine del capitolo giudiziario inaugurato dal Tribunale dell’Aja, destinato a lasciare il posto ad una nuova macchina burocratica trasnazionale più moderna ed efficace: Rekom. Anche se cambiano gli strumenti, i fini rimangono gli stessi: condizionare pesantemente la sovranità nazionale degli Stati balcanici e mantenere i territori appartenenti all’ex Jugoslavia sotto il controllo della NATO e dell’alta finanza internazionale. I diritti umani e la giustizia internazionale al servizio degli obiettivi geopolitici atlantisti.

Stefano Vernole è redattore di “Eurasia” e saggista.


Alberto B. Mariantoni, Chi ci libererà dai “liberatori”?

L’articolo si apre con la constatazione che l’Italia è un Paese a sovranità limitata, condizionato nella sua esistenza da forze esterne e ostili, sicché le classi politiche che si succedono, per quanto corrotte e incompetenti, non possono e non vogliono risolvere i tanti problemi che da decenni lo affliggono. Vengono quindi elencate le prove di tale sudditanza dell’Italia, l’ultima e più plateale delle quali è l’aggressione alla Libia: tale aggressione, alla quale l’Italia partecipa obtorto collo, è contraria ai nostri stessi interessi nazionali. L’autore indica successivamente le cause di tale sudditanza e identifica le forze esterne condizionanti negli USA e nella NATO. La nostra impotenza attuale, che inizia con la sconfitta del 1945 e la perdita dello statuto di Stato sovrano, è da addebitare ai vari trattati di pace (in parte segreti) firmati con gli Alleati, nonché ai successivi accordi bilaterali (anche questi segreti) tra Italia e Stati Uniti.

Alberto B. Mariantoni, politologo, scrittore e giornalista, ha a lungo collaborato con il settimanale “Panorama”.


Alessandro Lattanzio, La Sicilia da Parigi a Parigi

La mancanza di sovranità nazionale, evidenziata dalla presenza delle basi USA/NATO sulla nostra penisola, impedisce alla Sicilia di svolgere quel ruolo di piattaforma degli scambi e delle relazioni tra i popoli del Mediterraneo che la sua posizione geografica le consentirebbe. Come portaerei atlantista sul Mediterraneo, la Sicilia rischia invece di diventare l’imbuto delle tensioni e delle frustrazioni che scaturiscono dagli interventi militari condotti in nome della “guerra al terrorismo” e dell’ “ingerenza umanitaria”.

Alessandro Lattanzio è redattore di “Eurasia” e saggista.


Claudio Mutti, La nuova costituzione ungherese

Il 25 aprile scorso, giorno di Pasquetta, il “Magyar Közlöny” (la gazzetta ufficiale ungherese) ha pubblicato il testo della nuova “Legge fondamentale dell’Ungheria” (Magyarország Alaptörvénye), firmata in quello stesso giorno dal Presidente della Repubblica Pál Schmitt e approvata dal Parlamento di Budapest lunedì 19 aprile. Scegliendo il Lunedì dell’Angelo per pubblicare il testo della nuova Costituzione, che entrerà in vigore il 1 gennaio 2012, si è voluto collegare tale evento con la festa cristiana della Resurrezione.

Claudio Mutti è redattore di “Eurasia” e saggista.


Kees van der Pijl, La discrepanza costituzionale in seno alla UE

L’Autore intende mostrare come il programma adottato dalla Germania in seguito all’ascesa delle grandi imprese nell’economia politica globale, trovi le sue basi nell’Occidente anglofono del Nordatlantico e nella sua eredità liberale lockiana. Egli ricerca le diverse caratteristiche di questa eredità, che ha consentito al capitale di costituirsi come forza sociale transnazionale ed analizza le incompatibilità strutturali che hanno ostacolato l’integrazione dell’Unione Europea all’interno del più ampio “Occidente” e continueranno ad ostacolarla. L’Autore individua nel cuore dell’Unione Europea una “discrepanza costituzionale”: da un lato, la contraddizione tra un neoliberismo organicamente sviluppato nel contesto dello heartland lockiano e la tradizione dello Stato contendente che ha guidato per secoli lo sviluppo europeo continentale; dall’altro, il relativo vantaggio dell’Europa settentrionale rispetto ai paesi dell’Europa meridionale.

Kees van der Pijl è docente di Relazioni internazionali all’Università del Sussex (Inghilterra). Nel 2008 ha ricevuto il Deutscher Memorial Prize per il suo libro Nomads, Empires, States.


Pietro Longo, Costituzionalismo e state-building in Iraq

L’operazione Iraqi Freedom che ha abbattuto il regime del Ba‘th di Saddam Husayn ha posto il problema della ricostruzione successiva. Mentre il paese conosceva una disastrosa guerra civile ed una rivincita dei settori della società in precedenza oppressi, le operazioni di State-Building si svolgevano sotto la direzione delle forze occupanti e con una quasi totale assenza delle agenzie internazionali. L’architettura costituzionale che n’è risultata ha acceso un dibattito politico ed accademico, in merito alla genuinità della forma federale che la nuova Repubblica irachena ha assunto. Se da un lato questo principio è stato invocato al fine di garantire l’uguaglianza di tutti i cleavages, dall’altro le istanze autonomiste hanno dato luogo ad un organismo che in alcuni casi può apparire come nient’altro che la somma delle sue parti. Inoltre la scarsa partecipazione dei sunniti alle negoziazioni ha suscitato diversi interrogativi circa la reale legittimità della Costituzione approvata nel 2005.

Pietro Longo, arabista, dottorando in Studi sul Vicino Oriente all’Università l’Orientale di Napoli, è ricercatore presso l’IsAG. Si occupa di diritto musulmano e dei paesi islamici e svolge ricerche anche sulla geopolitica e le relazioni internazionali del Vicino Oriente. E’ coautore (con Daniele Scalea) di Capire le rivolte arabe. Alle origini del fenomeno rivoluzionario (IsAG – Avatar, Dublino 2011)


Come Carpentier de Gourdon, Le costituzioni dell’Impero Britannico, dell’India e del Commonwealth

La Costituzione indiana trasse ampia ispirazione da vari modelli occidentali ed in particolare anglosassoni, e fu inevitabilmente influenzata dalla struttura del Commonwealth britannico, che mirava a mantenere la supervisione della Corona sui territori dell’Impero, come dominî o regni associati. L’India accettò con riluttanza uno statuto ibrido in qualità di repubblica membra del Commonwealth che affermava princìpi socialisti, la volontà di agire da guida dei paesi decolonizzati e di costruire una Terza Forza che lottasse per la pace tra i due blocchi avversari della Guerra Fredda, discostandosi così dagl’interessi britannici e atlantici. Sin dall’Indipendenza la Costituzione è evoluta adottando vari elementi indigeni e modificando il preminente carattere legislativo angloamericano.

Côme Carpentier de Gourdon è direttore aggiunto della rivista indiana “World Affairs” e vicedirettore dello Euro-Asia Institute (Università “Jamia Millia Islamia” di Nuova Delhi).


Claudio Mutti, La “Costituzione” di Atene. Democrazia e talassocrazia

Nell’Atene del V secolo a. C. non esistette ovviamente una “Costituzione” nel senso che tale termine ha oggi in relazione allo Stato di diritto, vale a dire una carta di norme fondamentali intese a garantire gli ordinamenti politici ed a stabilire i diritti e i doveri dei cittadini. L’opera di Aristotele che viene comunemente intitolata “Costituzione degli Ateniesi” è in realtà un trattato che, dopo aver esaminato la storia di Atene sotto il profilo dei cambiamenti politici, descrive il sistema così come si presenta all’epoca dell’Autore. Se il capitolo 23 di quest’opera aristotelica presenta un certo interesse sotto il profilo geopolitico, ancor più marcato da una tale prospettiva è l’omonimo scritto pervenutoci assieme al corpus senofonteo, perché riconduce la “costituzione degli Ateniesi” e il regime democratico ad una causa eminentemente geografica: la vicinanza del mare.

Claudio Mutti, redattore di “Eurasia”, è antichista e finnugrista.


Paolo Bargiacchi, Manipolazione extraterritoriale della Costituzione americana

L’articolo descrive il punto di vista giuridico applicato alle prigioni statunitensi in territori occupati o non facenti parte dello Stato nordamericano. In particolare si sofferma sui casi di Guantanamo e Bagram, ne analizza la giurisprudenza e l’interpretazione e manipolazione delle sentenze ad opera del potere politico. Le corti di appello e la Corte Suprema degli Stati Uniti hanno, con alcune sentenze, riconosciuto l’estensione della Costituzione e delle norme internazionali che regolano il trattamento dei detenuti anche alle prigioni di Guantanamo e Bagram, ma le autorità statunitensi continuano a rifiutarsi di applicare tali norme giuridiche, compreso l’habeas corpus, comparando l’Afghanistan o Cuba, alla Germania occupata dagli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale o ad altri casi precedenti dove la prassi e la giurisprudenza, nel passato, hanno di fatto avvallato il rifiuto dell’applicazione di qualsiasi elementare diritto, compresi quelli derivanti dai trattati internazionali, da parte delle Autorità nordamericane.

Paolo Bargiacchi è professore associato di diritto internazionale presso l’Università Kore di Enna.


Lorenzo Salimbeni, La Carta del Carnaro. Irredentismo e sindacalismo rivoluzionario

La Carta del Carnaro, che Gabriele d’Annunzio promulgò l’8 settembre 1920 in una delle fasi più “rivoluzionarie” del periodo in cui ebbe i pieni poteri a Fiume, è stata a lungo ritenuta una composizione poetica aulica e barocca del poeta abruzzese, invece si tratta di un documento concepito soprattutto da Alceste De Ambris, sindacalista rivoluzionario che vi traspose concetti giuridici all’avanguardia per i tempi e che si rifacevano al filone repubblicano e mazziniano del Risorgimento italiano. Il federalismo, la riorganizzazione del lavoro attraverso le corporazioni per evitare l’annichilimento dell’individuo, i nuovi diritti che vi si prospettavano ed i compiti dello Stato, tutto in questo documento, di cui fin da principio i suoi estensori sapevano che poco sarebbero riusciti a realizzare nel contesto fiumano, voleva essere soprattutto un esempio per i popoli usciti dalla temperie della Grande Guerra per rispondere alle loro istanze sociali.

Lorenzo Salimbeni è dottorando di ricerca in Storia Contemporanea presso la Scuola Dottorale in Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Trieste. Dirigente della Lega Nazionale e socio dell’IsAG, giornalista pubblicista e operatore culturale attraverso varie realtà associative.


Giovanni Andriolo, I rifugiati somali in Yemen

Il continuo deterioramento, negli ultimi due decenni, della situazione politicosociale in Somalia ha dato luogo ad un fenomeno dalle dimensioni crescenti e dalle conseguenze imprevedibili e difficilmente controllabili: si tratta della fuga da parte di migliaia di cittadini somali verso i Paesi africani confinanti e verso le coste dello Yemen, attraverso il Golfo di Aden. Questo flusso incessante coglie impreparato il Governo yemenita e favorisce, suo malgrado, i contatti tra militanti di gruppi armati islamisti somali e yemeniti, nonché attività di traffico internazionale e di sfruttamento di esseri umani, coinvolgendo a vari livelli attori locali, regionali e internazionali. La questione si configura attualmente come una delle crisi umanitarie più gravi al mondo.

Giovanni Andriolo, dottore in Relazioni internazionali e tutela dei diritti umani (Università degli studi di Torino), è ricercatore presso l’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG).


Elia Cuoco, Se la “Linea Azzurra” si allunga di 200 miglia

Un teatro caldissimo. E a settanta miglia nautiche dalla costa un nuovo motivo di contesa tra Libano e Israele. Un motivo da miliardi di dollari. Tel Aviv ha investito tempo e risorse per garantirsi una indipendenza energetica fondamentale per la sua sopravvivenza. E non cederà tanto facilmente alle pretese libanesi. La legge nazionale per lo sfruttamento delle risorse petrolifere catapulta il Libano sulla scena come un attore non più disposto a subire passivamente lo strapotere dell’ingombrante vicino, ma deciso a far valere le sue ragioni, forte dello storico supporto francese e tedesco ma anche della mutata linea politica statunitense nell’area, che vede nel rafforzamento della leadership economica e politica libanese una chiave di volta nel processo di stabilizzazione dell’area e nella contemporanea eliminazione o ridimensionamento di Hizballah.

Elia Cuoco è un ufficiale della Marina Militare Italiana. Dopo la laurea in Scienze Politiche ha continuato gli studi in geopolitica operando al contempo in contesti internazionali sia sotto comando NATO sia ONU. Collabora con diverse riviste in ambito Ministero Difesa.


Emanuele C. Francia, Internazionalizzazione e globalizzazione

Per “internazionalizzazione” si intende il fenomeno che riguarda specificatamente l’attività di impresa oltre i confini nazionali. L’analisi della dinamica delle variabili interne ed esterne all’impresa rappresenta il punto di partenza per la comprensione del modo in cui questa può porsi o si pone rispetto ai suoi interlocutori internazionali. Se non capito e gestito, come per lo più è avvenuto in questi anni, il fenomeno della globalizzazione può avere tra suoi effetti conseguenze devastanti, soprattutto per le economie occidentali sviluppate, quella italiana compresa.

Emanuele C. Francia, manager e consulente, ha seguito per anni le operazioni cross-border per numerose imprese italiane in Europa e Stati Uniti. Da alcuni anni vive a Pechino ed è co-fondatore e partner di Emasen Consulting, una società di consulenza specializzata nei processi di internazionalizzazione. Scrive per alcune riviste economiche e collabora sia con università in Italia sia in Cina nell’ambito della ricerca e dell’insegnamento.


Konstantin Zavinovskij, Intervista a Tair Mansurov

Tair A. Mansurov è segretario generale della Comunità Economica Eurasiatica (EvrAzES). Politologo, studioso dei rapporti russo-kazaki, è stato ambasciatore del Kazakistan nella Federazione Russa.


Lorenzo Salimbeni, Intervista a Antonio Palmisano

Antonio L. Palmisano è professore associato in Antropologia culturale ed in Antropologia politica all’Università degli Studi di Trieste, corso in Scienze internazionali e diplomatiche. Tra la fine del 2002 e l’inizio del 2004 ha operato in Afghanistan come “Senior advisor” per la riforma giudiziaria all’interno del programma “Rebuilding the Justice System”, assegnato al Governo italiano dagli Accordi di Bonn del 5 dicembre 2001.


Claudio Mutti, Recensione a A. Carandini, “La leggenda di Roma”

Giacomo Guarini, Recensione a N. Irti, “Norma e luoghi”

Giacomo Guarini, Recensione a P. Longo e D. Scalea, “Capire le rivolte arabe”

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