Magazine Diario personale

Geopolitiche del gusto

Da Anacronista

Ogni volta che qualcuno ostenta la musica che ascolta, le sue letture, i posti che frequenta, i suoi consumi culturali in quanto indiretta emanazione dal suo status, il mio pensiero va alla buonanima di Pierre Bourdieu: mentre ci si crede i più very autentici, i più fighi di tutti, quelli con i gusti
giusti, resta che ciascuno tende a esibire dei consumi culturali come distintivo di classe (leggi: habitus).
Se ci stai attenta ti vedi proprio davanti la crème de la crème empirico-fattuale dei risultati di mezza sociologia di fine Novecento.
C'è quello che eh no solo musica di un certo tipo, quell'altra che oh eh solo posti di un certo tipo, quell'altro ancora che dice raga quello che conta sono i sentimenti torniamo all'autentico (ndo sta l'autentico?), quell'altro ancora che ti dice, la vita vera è in mezzo alla natura non nei libri, e ancora un altro che dice, no guarda io il rock quello figo anni Settanta, quello che critica Tiziano Ferro e Gigi D'Alessio e Sanremo (per forza), quell'altro ancora che invece Sanremo lo segue e lo commenta pure eccetera. In questo contesto chi finisce per distinguersi davvero è chi si prende gioco di tutto il meccanismo, pur facendone parte - cfr. Zalone.
Un tizio che voleva accreditarsi ai miei occhi come "colto", l'altro giorno mi ha detto che Baricco fa schifo e che ama Pasolini. "Giura!", gli faccio, incredula di fronte a gusti tanto originali.

Il "mito Pasolini", quale migliore banco di prova per la buonanima di Bourdieu?
L'esercito dei pasoliniani: mettetegli davanti uno che distrugge Pasolini e vedete cosa succede.
Non parliamo poi dei walterveltronismi di una sinistra che si autopiace nell'agiografia dell'anniversario.

Ci sono quelli che criticano i cinepanettoni e quelli che li guardano.

E' stato già detto, per caso, che riabilitare Zalone è più snob che derubricarlo a cinepanettone? (Sì).

E di "io non ho la televisione", vogliamo parlarne? (Io non ho la televisione).

Poi a un certo punto sono arrivati gli Stato Sociale, sai quella canzonetta che manda tutti affanculo - fa fico, sempre trendy l'affanculo - ma poi alla fine anche quelli hanno finito per palesarsi in tutto il loro paternalismo parasinistroide.

Una tizia sentiva il bisogno di sottolineare che lei non legge Fabio Volo. Orwell, Bukowski e Oscar Wilde invece sì.

C'è un tipo che conosco - non azzarderei la parola "amico" - che va alle mostre, a tutte le mostre. Ivi si somministra copiosi selfie. Però non dei selfie con le labbra a culo di gallina, no, nziamài! dei selfie tipo dove lui è in un angolo e fissa l'orizzonte con uno sguardo intriso di profondità intellettuali di sinistra.
E rieccoci sempre là: nella trappola dell'avere l'aria di quel che si è.
Un esempio eloquente: gli hipster.
Del resto, cosa c'è di più snob della parola "hipster"?
Non c'è scampo.

C'è un sacco di paternalismo in tutte queste esibizioni del gusto culturale, e quanti luoghi comuni nella pretesa tutta umana della distinzione. Perché non è solo paternalismo, è soprattutto un meccanismo di identificazione sociale che va a innestarsi sul terreno della, come dire, geografia politica delle classi.
Questo capodanno.
Mentre voi festeggiavate l'avvento del nuovo anno nelle vostre rispettive modalità io mi facevo esplodere Bourdieu nelle mani. Mi spiego. In città c'erano le solite quattro cose deprimenti distribuite male. Decidiamo di andare un po' in giro senza meta - io, se possibile, a una certa ciao è stato bello tante buone cose a te e a tutta la famiglia. Ma ecco che sulla stessa via a distanza di poche spanne ci sono. 1) Un reading in una libreria; 2) discoteca house all'aperto con una tizia che boccheggia al microfono e genti di varia taglia ancheggianti sui cubi. In realtà con gli amici si era convenuto: reading. Ci metto piede e mi sale dalle viscere della terra uno sbadiglio così grande che per poco non mi facevo mezzo 2016 sull'asfalto. Allora oso un - raga, per favore, per carità diddio andiamo dai truzzi*. Qui ho i coglioni a terra.

Completamente libera, finalmente, da ogni sorta di idea normativa di divertimento, penso a quello che voglio io per me ed effettivamente mi sento frizzante e libera inside in un modo che quelli della libreria, brave genti e volenterose per carità, mannaggia a me non mi restituivano. Mi serviva una situazione in cui poter essere cretina, perché in quel momento l'appesantimento mi aveva provocato tipo una reazione, una friccicosità reattiva, perciò ecco che ci imbuchiamo fra genti che danzano musiche anni Ottanta in stile Giuni Russo (respect) e Festivalbar prima del fallimento con Mediaset, quando Amadeus aveva ancora i capelli lunghi. . Andiamo oltre. Basta alto e basso, snob e poveretto. Semo tutti stronzi come ve lo devo dire. Tutta 'sta pretesa di essere meglio degli altri esibita a mezzo consumi ci rende tutti solo più ridicoli. Oltre che fastidiosamente, pomposissimamente, trombonescamente
Abbiamo tenuto nascosto tutto agli amici intellettuali.
Dire che mi sono skassata sarebbe esagerato, ma ad ogni modo, la friccicosità è stata esaudita ma questo non conta. Per favore mettetelo nella prefazione del mio prossimo libro, Al di là dello snob e del poverettopaternalisti.

(E se questo fosse altrettanto snob che riabilitare Zalone? Non riesco a spiegare bene questo passaggio).

Dicevo appunto Zalone. Non mi frega in sé e per sé di commentarlo, mi interessa il suo bourdieuismo inconsapevole applicato. Rivelatore in tal senso è stato per me il video della presentazione con De Gregori. Ci ho visto l'intelligenza che sfotte i codici status-correlati passatemi il termine - al punto che puoi permetterti di fare il verso a un cantautore che ascolterebbero quelli del reading a capodanno per intenderci, ma io faccio la tua canzone in chiave Gigi D'Alessio, e lo faccio davanti a te e ti faccio pure ridere di te stesso. Ti accompagno per mano, cioè, a prenderti per il culo da solo. Prendi tutte le manfrine paraculturali che abbiamo costruito intorno ai poli destra e sinistra, tamarro e distinto, shakeralo con una sprizzatina di Pierre Bourdieu e di retorica dell'italiano medio, spaghetti e mandolino, ed eccoti Checco Zalone.
Ciò detto, nel paese che manda al cinema solo certi "registi col posto fisso" (Mancuso) e la concorrenza si limita a gente come Ferzan Ozpetek, appena fai una cosa mezzo più inedita sbanchi per forza.


*parola figlia della geopolitica del gusto per cui snob VS tamarro.


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