GEORGIA: La morte politica di Saakashvili. Eredità di una presidenza

Creato il 06 novembre 2013 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 6 novembre 2013 in Georgia, Slider with 1 Comment
di Pietro Rizzi

Domenica 27 ottobre la Georgia ha eletto un nuovo Presidente: Giorgi Margvelashvili. È quasi difficile pensare a questo Paese senza Mikhail Saakashvili, Misha per i Georgiani.

Guardando un video presente su Georgianews che ripercorre gli anni della sua Presidenza, non ci si può esimere dal fare un bilancio su questo lasso di tempo. Il video prende avvio dall’apertura della nuova legislatura nel novembre 2003, pochi giorni dopo le elezioni caratterizzate da brogli che diedero il via alla Rivoluzione delle Rose. Eduard Shevardnadze, ex Ministro degli Esteri dell’Unione Sovietica e poi Presidente della Georgia, non riuscì a pronunciare il discorso inaugurale e fu costretto a scappare dal retro del Parlamento seguito da guardaspalle che lo coprivano, con tanto di mitra in bella vista, mentre Misha faceva il suo ingresso trionfale nell’emiciclo.

Pochi giorni dopo Saakashvili veniva eletto col 96% dei voti e la Comunità Internazionale lo osannava come colui che avrebbe portato una ventata di democrazia in tutta l’area ex sovietica. Sembra di parlare di anni luce da oggi.

La Georgia in questi anni è cambiata. Innanzitutto c’è energia e l’acqua scorre nei rubinetti (quasi sempre…). Sono stati sviluppati piani infrastrutturali di decine di miliardi di dollari, molti dei quali provenienti da aiuti americani ed europei. Tbilisi, nel bene o nel male, è cambiata completamente: palazzi avveniristici confinano con casermoni del periodo sovietico e non solo. Gli autobus pubblici sono spesso fatiscenti, ma il sistema di pagamento del biglietto tramite tessere è stato istallato prima che a Milano. Magari le strade sono completamente dissestate, ma alle fermate degli autobus il cartellone luminoso dice il tempo di attesa, l’orario e la temperatura. Le elezioni, nonostante alti e bassi, hanno mantenuto uno standard accettabile, ben superiore a quelle precedenti il 2003.

La Polizia, più simile ad un’associazione per delinquere negli anni di Shevardnadze, è stata prima riformata e poi sciolta per l’80% nell’estate del 2004 e ricreata pochi mesi dopo. La corruzione, bubbone onnipresente negli Stati ex sovietici, è stata combattuta sin da subito con una forte legislazione che ha fatto sì che stando a Transparency International l’indice Corruption Perception fosse 1.8 nel 2003 su una scala da 0 a 10 (l’Italia otteneva un ben migliore 5.3), e che nel 2012 arrivasse fino a 5.2 (piazzandosi davanti all’Italia che detiene un 4.2). La corruzione non è sparita, è ovvio, ma il cittadino medio georgiano non ne sente il peso, caso quasi unico nella regione.

La Georgia, attraverso le riforme economiche, è oggi l’8° Stato al mondo dove sia più facile fare business stando alla Banca Mondiale (l’Italia ricopre il 65° posto). La regione dell’Agiara è tornata sotto il controllo di Tbilisi dopo che il suo governatore, Aslan Abashidze, ha minacciato di renderla un’altra Abkhazia o Ossezia del sud.

Questa serie di dati è ormai in secondo piano grazie alla capacità del più grande rivale di Misha: Bidzina Ivanishvili. Quest’ultimo ha deciso di proporre un’alternativa, con il suo Georgian Dream, basata su una politica ondivaga che facesse perno sui fallimenti dell’ex Presidente. Infatti, pur presentandosi come un paladino della libertà, Saakashvili ha sviluppato un forte autoritarismo. Non a caso la popolazione carceraria georgiana era una delle più alte al mondo e le elezioni parlamentari dell’ottobre 2012, in cui il partito di Ivanishvili partiva molto arretrato, sono state decise da un video nel quale si vedevano le torture alle quali erano sottoposti i carcerati.

La sua retorica, che nei primi anni lo aveva reso apprezzato ovunque, nella parte finale della sua Presidenza era considerata una forma di boria e vanità. La guerra contro la Russia del 2008, che Misha ha voluto fortemente, è stato infine il suo più grosso errore politico: gli ha permesso di rimanere per giorni interi il vero leader mediatico del conflitto, pagandone però un prezzo eccessivo.

Un sondaggio Gallup di pochi giorni fa diceva che solo un Georgiano su cinque apprezzava l’operato dell’ormai ex Presidente: forse un risultato un po’ ingrato per colui che in quasi un decennio ha trasformato la Georgia e se ne è andato dopo che il suo candidato ha perso le elezioni: un fatto che prima di lui avrebbe fatto scalpore e che ora è dato per scontato.

–foto: RFE/RL.

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