Geremia - Capitolo 26
III. PROFEZIE DI FELICITA'
1. INTRODUZIONE: GEREMIA E' IL VERO PROFETAArresto e giudizio di Geremia[1] All'inizio del regno di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda, fu rivolta a Geremia questa parola da parte del Signore. [2] Disse il Signore: "Và nell'atrio del tempio del Signore e riferisci a tutte le città di Giuda che vengono per adorare nel tempio del Signore tutte le parole che ti ho comandato di annunziare loro; non tralasciare neppure una parola. [3] Forse ti ascolteranno e ognuno abbandonerà la propria condotta perversa; in tal caso disdirò tutto il male che pensavo di fare loro a causa della malvagità delle loro azioni.[4] Tu dirai dunque loro: Dice il Signore: Se non mi ascolterete, se non camminerete secondo la legge che ho posto davanti a voi [5] e se non ascolterete le parole dei profeti miei servi che ho inviato a voi con costante premura, ma che voi non avete ascoltato, [6] io ridurrò questo tempio come quello di Silo e farò di questa città un esempio di maledizione per tutti i popoli della terra".
[7] I sacerdoti, i profeti e tutto il popolo udirono Geremia che diceva queste parole nel tempio del Signore. [8] Ora, quando Geremia finì di riferire quanto il Signore gli aveva comandato di dire a tutto il popolo, i sacerdoti e i profeti lo arrestarono dicendo: "Devi morire!
[9] Perché hai predetto nel nome del Signore: Questo tempio diventerà come Silo e questa città sarà devastata, disabitata?".
Tutto il popolo si radunò contro Geremia nel tempio del Signore. [10] I capi di Giuda vennero a sapere queste cose e salirono dalla reggia nel tempio del Signore e sedettero all'ingresso della Porta Nuova del tempio del Signore.
[11] Allora i sacerdoti e i profeti dissero ai capi e a tutto il popolo: "Una sentenza di morte merita quest'uomo, perché ha profetizzato contro questa città come avete udito con i vostri orecchi!".
[12] Ma Geremia rispose a tutti i capi e a tutto il popolo: "Il Signore mi ha mandato a profetizzare contro questo tempio e contro questa città le cose che avete ascoltate.
[13] Or dunque migliorate la vostra condotta e le vostre azioni e ascoltate la voce del Signore vostro Dio e il Signore ritratterà il male che ha annunziato contro di voi.
[14] Quanto a me, eccomi in mano vostra, fate di me come vi sembra bene e giusto; [15] ma sappiate bene che, se voi mi ucciderete, attirerete sangue innocente su di voi, su questa città e sui suoi abitanti, perché il Signore mi ha veramente inviato a voi per esporre ai vostri orecchi tutte queste cose".
[16] I capi e tutto il popolo dissero ai sacerdoti e ai profeti: "Non ci deve essere sentenza di morte per quest'uomo, perché ci ha parlato nel nome del Signore nostro Dio".
[17] Allora si alzarono alcuni anziani del paese e dissero a tutta l'assemblea del popolo: [18] "Michea il Morastita, che profetizzava al tempo di Ezechia, re di Giuda, affermò a tutto il popolo di Giuda: Dice il Signore degli eserciti: Sion sarà arata come un campo,Gerusalemme diventerà un cumulo di rovine,il monte del tempio un'altura boscosa!
[19] Forse Ezechia re di Giuda e tutti quelli di Giuda lo uccisero? Non temettero piuttosto il Signore e non placarono il volto del Signore e così il Signore disdisse il male che aveva loro annunziato? Noi, invece, stiamo per commettere una grave iniquità a nostro danno".
[20] C'era anche un altro uomo che profetizzava nel nome del Signore, Uria figlio di Semaià da Kiriat-Iearìm; egli profetizzò contro questa città e contro questo paese con parole simili a quelle di Geremia.
[21] Il re Ioiakìm, tutti i suoi prodi e tutti i magistrati udirono le sue parole e il re cercò di ucciderlo, ma Uria lo venne a sapere e per timore fuggì andandosene in Egitto.
[22] Allora il re Ioiakìm inviò in Egitto uomini come Elnatàn figlio di Acbòr, e altri con lui.
[23] Costoro fecero uscire dall'Egitto Uria e lo condussero al re Ioiakìm che lo fece uccidere di spada e fece gettare il suo cadavere nelle fosse della gente del popolo.
[24] Ma la mano di Achikàm figlio di Safàn fu a favore di Geremia, perché non lo consegnassero in potere del popolo per metterlo a morte.