Libro quarto: Cefarlogia
XXV
DELLA MAREA TERRESTRE E DEL VESCOVO MARINO MENSONGER
A Paul Valéry [27]
Faustroll prese congedo quando la notte era ancora sospesa, come un papa, a quattro dei punti cardinali. E siccome io gli domandavo perché non restasse a bere fino alla successiva caduta momentanea del sole, lui si levò nell’asse, e, i piedi sulla nuca di Bosse-de-Nage, scandagliava a prua la nostra rotta. Egli mi confidò che aveva timore d’essere sorpreso, volgendo alla fine il tempo di sizigia, dalla marea discendente. E io fui preso da paura, perché noi vogavamo sempre dove non c’era acqua, tra l’aridità delle case, e costeggiavamo al momento i marciapiedi di una piazza polverosa. Capii che il dottore parlava della marea della terra, e credetti che fosse ubriaco, oppure io, e che il suolo fuggisse al nadir, come un basso virtuale sottratto da un incubo. Ora io so che oltre il flusso dei suoi umori e la diastole e la sistole che muovono il suo sangue circolare, la terra tende dei muscoli intercostali e respira verso il ritmo della luna; ma la regolarità di questa respirazione è dolce e pochi uomini ne sono informati.
Faustroll prese delle altezze di astri, che scrutava facilmente davanti al nefelio del cielo di una strada strangolata, e mi disse di prendere nota che il raggio terrestre, per il dislivello del riflusso, si era già accorciato di centimetri 1,4 X 10-6; dando ordine a Bosse-de-Nage di gettare l’ancora, e protestando che il solo pretesto, degno della sua Dottrina, per dare un termine al nostro cammino errante, era che sotto i nostri piedi lo spessore della terra fino al suo centro non fosse più onorevolmente profondo.
Adesso era mezzogiorno, la strettezza della viuzza deserta come un intestino a digiuno, e noi facevamo scalo, come inscrivevano le cifre dei muri, davanti alla quattromillesimaquarta casa della rue de Venise [28].
Tra i pianterreni in terra battuta, vista da porte più larghe della via ma meno aperte dell’attesa delle donne sull’uniformità dei loro letti, Faustroll agitava la questione di riporre l’asse in un rifugio profondo, quando, istruito da lui, io fui assai poco sorpreso dal sollevamento, alla soglia di uno dei più rasenti e bassi stambugi, di un uomo marino distratto dal tredicesimo libro, quello dei Mostri, d’Aldrovandi [29]: aveva l’aspetto di un vescovo e di quelli che si pescavano singolarmente, ai tempi narrati dal libro, sulle coste della Polonia.
La sua mitra era fatta di scaglie e il suo pastorale era come il corimbo di un tentacolo ricurvo; la sua pianeta, che io toccai, tutta incrostata di pietre degli abissi, si alzava facilmente davanti e dietro, ma, per la pudica aderenza del derma, molto poco sopra il ginocchio.
Il vescovo marino Mensonger s’inchinò dinnanzi a Faustroll, dette a Bosse-de-Nage una tiratina d’orecchie in delizioso dono; e, inculcato l’asse nella dimora a volta e rinserrata la valva della porta, mi presentò a Visité, sua figlia, e ai suoi due figli, Distingué e Extravagant. Poi si chiese se ci aggradava succintamente.
[27] Paul Valery (1871-1945) è il famoso poeta e saggista, autore de Le cimetière marin (1920).
[28] A Parigi rue de Venise, nei pressi del Beaubourg, è tuttora una viuzza molto stretta. All’epoca del Faustroll era famosa anche per essere un luogo di prostituzione.
[29] Si riferisce al Monstrorum Historia del naturalista, medico e filosofo bolognese Ulisse Aldrovandi (1522-1605), tomo pubblicato postumo nel 1642 da Bartolomeo Ambrosini (1588-1657), il tredicesimo della grande opera naturalistica di Aldrovandi sugli animali, di cui nove tomi uscirono dopo la sua morte.
XXVI
BERE
A Pierre Quillard [30]
Ora Faustroll sollevava con la sua forchetta verso i suoi denti cinque prosciutti interi, arrostiti e disossati, di Strasburgo, di Bayonne, delle Ardenne, di York e di Westfalia, sgocciolanti di Johannisberger, e la figlia del vescovo, in ginocchio sotto la tavola, riempiva di nuovo ogni unità della fila ascendente delle coppe ettolitre della catena senza fine, che attraversava la tavola davanti al dottore e passava vuota presso il seggio elevato di Bosse-de-Nage; io mi assetavo con la deglutizione di un montone arrostito vivo nella sua corsa imbevuta di petrolio fino alla sosta del cotto-a-puntino; Distingué e Extravagant bevevano come l’acido solforico anidro, com’io avevo osato supposto dai loro nomi, e tre delle loro gole avrebbero colmato uno stero; intanto il vescovo Mensonger si sosteneva esclusivamente con acqua pura e pipì di gatto.
Egli aveva associato un tempo quest’ultima sostanza al pane e al formaggio di Melun, ma era giunto a sopprimere la superfetatoria vanità di tali condimenti solidi. Inghiottiva l’acqua da una caraffa d’oro assottigliato fino alla lunghezza d’onda della luce verde sul vassoio di pelliccia (e non di pelletteria, compiacendosi il vescovo d’essere raffinato) di volpe recentemente scorticata di un ubriacone, di stagione, uguale al ventesimo del suo peso. Un tale lusso non a tutti è concesso: il vescovo manteneva dei ratti con grandi spese, e in sale pavimentate di imbuti, un serraglio di ubriachi fradici, di cui imitava i discorsi:
“Voi credete, disse a Faustroll, che una donna possa essere nuda ? Da cosa riconoscete la nudità di una muraglia?
– Quando è sprovvista di finestre, porte e altre aperture, professò il dottore.
– È un buon pronunciamento, rispose Mensonger. Le donne non sono mai nude, e principalmente le vecchie.”
Bevve una gran sorsata dalla sua stessa caraffa, il cui punto di sostentamento al vischioso tappeto si eresse, come una radice di cui si violi la sepoltura. Il montacarichi catenoidale delle coppe ricolme di liquido o di vento salmodiava come l’incisione al ventre di un fiume della sfilza di bandiere d’un rimorchiatore illuminato.
“Adesso, continuò il vescovo, bevete e mangiate. Visité, servici dell’astice!
– Non è stato di moda a Parigi, azzardai io, offrire questi animali, come uno stimatore tende la sua tabacchiera? Ma la gente, a quanto ho sentito dire, ha l’usanza di rifiutarli, adducendo che erano dei pluripedi pelosi e di una sozzura repellente.
– Ho hu, ho hu, condivise il vescovo. Gli astici sono sudici e non depilati, è un prova forse che sono liberi. Sorte più nobile di quella di questa scatola di corned-beef, che voi portate a tracolla, dottore navigatore, come la custodia di un binocolo salato con cui voi amate scrutare gli uomini e le cose.
“Ora, ascoltate:
L’astice e la scatola di corned-beef che portava
il dottor Faustroll a tracolla
FAVOLA
A A.-F. Hérold [31]
Una scatola di corned-beef, incatenata come un binocolo,
Vide passare un astice che li somigliava fraternamente.
Si corazzava con una dura carapace.
Sulla quale era scritto che all’interno, come lei, era senza lische,
(Boneless and economical) ;
E sotto la sua coda ripiegata
Si celava verosimilmente una chiave destinata ad aprirlo.
Innamorato cotto, il corned-beef sedentario
Dichiarò alla scatoletta automobile di conserve vive
Che se lei consentiva ad acclimatarsi,
Vicino a lui, nelle vetrine terrestri,
Sarebbe stata decorata con parecchie medaglie d’oro.
– Ha ha, “ meditò Bosse-de-Nage, ma non sviluppò le sue idee in maniera più completa.
E Faustroll interruppe la frivolezza delle chiacchiere con un grande discorso.
[30] Pierre Quillard (1864-1912), poeta e scrittore, è raffigurato da Jarry nel personaggio Distingué.
[31] A.-F. Hérold (1865-1940), letterato, è Extravagant, l’altro personaggio raffigurato da Jarry in questa parte dell’opera.
XXVII
CAPITALMENTE
Il dottor Faustroll cominciò:
“Io non credo che un assassinio incosciente sia per questo senza ragione: è indubbiamente dato da noi, senza legami con i fenomeni precedenti del nostro io, ma segue certamente un ordine esteriore, è nell’ordine dei fenomeni esteriori, e ha una causa percettibile dai sensi, che di conseguenza è un segno.
“Io non ho mai avuto desiderio di ammazzare se non a seguito della visione della testa di un cavallo, che è divenuta per me un segno, o un ordine, o per essere più esatti un segnale, come il pollice levato nei circhi, che bisognava colpire: e per tema che voi sorridiate, io vi spiegherò che per questo vi sono indubbiamente parecchie ragioni.
“La vista d’una cosa molto brutta porta certamente a fare ciò che è brutto. Ora il brutto è il male. La vista d’una situazione immonda incita ai piaceri immondi. L’aspetto d’un grugno feroce, e in cui si scorgono le ossa, induce all’atto feroce e allo spogliamento delle ossa. Ora non esiste al mondo oggetto così brutto che la testa d’un cavallo, eccetto quella della cavalletta, la quale è quasi esattamente consimile, meno la dimensione gigantesca. E voi sapete che l’omicidio di Cristo fu prefigurato da ciò: che Mosché, affinché si potessero compiere le Scritture, aveva dato il permesso di mangiare il bruchus, l’attacus, l’ophiomachus e la locusta, che sono le quattro specie di cavallette.
– Ha ha ! fece Bosse-de-Nage, en manière di digressione, ma non seppe trovare obiezione valida.
– E ancora, proseguì imperturbabilmente Faustroll, la cavalletta è un animale in qualche modo affatto mostruoso, avendo le sue membra normalmente conformate, mentre il cavallo, nato per la deformazione indefinita, ha già acquisito, fin dall’origine della sua specie, sebbene sia stato dotato dalla natura di quattro piedi forniti di dita, la prerogativa di ripudiare un certo numero di quelle dita e di saltellare su quattro unghie solitarie, esagerate e callose, come un mobile scivola su quattro rotelle. Il cavallo è un tavolo girevole.
“Ma la testa sola, senza che io sappia definire perché, forse per la sola enormità dei suoi denti e il rictus abominevole che le è naturale, è per me il segno di ogni ferocia, o piuttosto il segno della morte. E l’Apocalisse non ha nient’altro da dire per significare il quarto flagello che: ‘La Morte stava sopra un cavallo pallido’ [32]. Il che io l’interpreto così: ‘Coloro che la Morte visiterà scorgono dapprima la testa del cavallo’. E gli omicidi della guerra sono nati dall’equitazione.
“Adesso, se voi siete curiosi di sapere perché in strada, dove la testa orribile si moltiplica davanti a tutti i veicoli, io sono raramente incitato a commettere omicidio, risponderò che un segnale, per essere inteso, necessita di isolamento, e che una moltitudine non ha la qualifica per dare un ordine; e come per me mille tamburi non fanno tanto rumore quanto un solo tamburo, e mille intelligenze formano una ressa mossa dall’istinto, un individuo non è per me un individuo, se si presenta contemporaneamente assieme a parecchi dei suoi simili, e io sostengo che una testa non è una testa se non separata dal suo corpo.
“E il barone di Münchausen non fu mai più coraggioso in guerra e atto al massacro che nel giorno in cui, scavalcata la saracinesca, si rese conto che aveva lasciato dall’altra parte della trave tagliente la metà della sua cavalcatura.
– Ha ha ! esclamò a proposito Bosse-de-Nage; ma il vescovo Mensonger lo interruppe per concludere:
– Infine, dottore, fintanto che noi non converseremo con voi in presenza d’un cavallo decapitato – e finora si squartano i solipedi invece di ghigliottinarli – ci sarà permesso di considerare le vostre tentazioni omicide come un paradosso gradevole”.
Poi il vescovo ci addormentò con un’arringa maccheronica greca di cui io non percepii, scrollando le mie orecchie, che l’ultimo perfetto medio:
“ …ΣΕΣΟʹΥΛΑΣΘΑΙ”.
[32] Il riferimento di Jarry, con qualche significativa modifica, è Apocalisse 6, 7-8: “Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto vivente che diceva: «Vieni!». E subito vidi apparire un cavallo verdastro, e colui che vi stava sopra aveva nome Morte e l’Inferno lo seguiva.”, La sacra Bibbia, Edizioni Paoline, Roma 1976.
XXVIII
DELLA MORTE DI PARECCHIE PERSONE, E SINGOLARMENTE DI BOSSE-DE-NAGE
A Monsieur Deibler [33]
Dopo aver bevuto, facemmo una passeggiata per strade di bruma, e Mensonger ci precedeva. Nessuno, eccetto il dottore e me stesso, ebbe a rimarcare, l’episcopalità dei suoi ornamenti dando a pensare al popolo ch’egli fosse davvero un onest’uomo, che con il suo pastorale egli lasciava cadere le insegne, così come per svista, e le dava graziosamente da portare a Bosse-de-Nage, il quale lo ringraziava con questo sol motto: “ ha ha,” poiché era nemico, com’è noto, di ogni sproloquio ozioso.
E io non sapevo ancora per quale carità il vescovo lasciava cadere le insegne.
All’improvviso l’accartocciamento del pastorale si districò per la tenacia d’un calco dorato, sopra a uno macelleria ippofagica. Il volo planato della maschera animale e dello sguardo doppio stazionò dall’alto in basso.
Faustroll, calmissimo, accese una piccola candela profumata, che bruciò per sette giorni.
Il primo giorno, la fiamma fu rossa, e propagò il veleno categorico nell’aria, e la morte di tutti i vuotacessi e i militari.
Il secondo giorno, delle donne.
Il terzo, dei bambini.
Il quarto, si ebbe una notevole epizoozia in quei quadrupedi tollerati commestibili, alla condizione che ruminino e abbiano l’unghia divisa.
La combustione color zafferano del quinto giorno decimò tutti i cornuti e i giovani furieri degli ufficiali giudiziari, ma io ero di un grado superiore.
Il crepitio blu del sesto giorno accelerò, fin nell’immediato, la fine dei ciclisti, di tutti quelli almeno, senza eccezione, che affibbiano i loro pantaloni con zampe di aragosta.
La luce si mutò in fumo il settimo giorno, e Faustroll ebbe un po’ di riposo.
Mensonger staccava le insegne con le sue mani, avendo richiesto la scaletta di Bosse-de-Nage.
E la bruma crollò senza pesantezza in direzioni centrifughe, davanti l’apertura della grande porta d’un maneggio; e Faustroll fu di nuovo colto dalla sua demenza.
Il vescovo si dette alla fuga, non così in fretta perché Faustroll non gli arraffasse la sua mitra vivente; quanto a me, il dottore non mi toccò affatto, perché ero corazzato con il mio nome Panmuphle.
Ma Faustroll s’accovacciò sulla scimmia babbuino, squartandole quattro membra al suolo, e strangolandola da dietro. Bosse-de-Nage fece segno di voler parlare, e, il dottore avendo allentato la stretta delle sue unghie :
“Ha ha !”disse in due parole, e queste furono le sue ultime parole.
[33] La dedica di Jarry è rivolta al boia di Parigi.
XXIX
DI ALCUNI SIGNIFICATI PIÙ EVIDENTI DELLE PAROLE HA HA
Conviene sviluppare qui il consueto e succinto discorso di Bosse-de-Nage, affinché si sappia che è per ragionevole intenzione e non per celia, che noi l’abbiamo sempre riferito nella sua intera estensione, assieme alla causa la più verosimile delle sue interruzioni premature.
“HA, HA”, diceva con concisione; ma noi non dobbiamo occuparci di questo accidente, ch’egli non aggiungeva generalmente null’altra cosa.
In primo luogo ha più criterio l’ortografia AA, perché l’aspirazione h non si scriveva affatto nella lingua antica del mondo. Essa denunciava in Bosse-de-Nage lo sforzo, il lavoro servile e obbligatorio, e la coscienza della sua inferiorità.
A giustapposta a A ed essendovi sensibilmente eguale, è la formula del principio d’identità: una cosa è uguale a se stessa. È nello stesso tempo la più eccellente confutazione, giacché le due A differiscono nello spazio, quando noi le scriviamo se non nel tempo, come due gemelli non nascono assieme, – emesse dallo iato immondo della bocca di Bosse-de-Nage.
La prima A era forse congruente alla seconda, e noi scriveremmo volentieri: A = A .
Pronunciate assai speditamente, fino a confonderle, rappresentano l’’idea dell’unità.
Lentamente, della dualità, dell’eco, della distanza, della simmetria, della grandezza e della durata, dei due principi del bene e del male.
Ma questa dualità prova altresì che la percezione di Bosse-de-Nage era notoriamente discontinua, anzi discontinua e analitica, inadatta a ogni sintesi e a ogni adeguamento.
Si può arguire arditamente che egli non percepisse altro che lo spazio a due dimensioni, e fosse refrattario all’idea del progresso, che implica la figura spirale.
Questo sarebbe inoltre un problema complicato da studiare se la prima A fosse la causa efficiente della seconda. Contentiamoci di constatare che Bosse-de-Nage non proferendo ordinariamente che AA, e niente più (AAA sarebbe la formula medicale Amalgamate) , non aveva evidentemente alcuna nozione della santa Trinità, né di tutte le cose triplici, né dell’indefinito, che comincia dal tre, né dell’incondizionato, né dell’Universo, che può essere definito il Molti.
Né di altri. E in effetti il giorno in cui si sposò, provò sì che sua moglie era onesta con lui, ma non seppe se era vergine.
E nella sua vita pubblica, non comprese mai l’uso sui boulevard, di chioschi di ferro il cui nome volgare deriva dal fatto che sono divisi in tre prismi triangolari e che non se ne può utilizzare che un terzo alla volta; e restò fino alla sua morte, secondo la stigmate del capitano Kid:
BOSSE-DE-NAGE
PAPIO CYNOCEPHALUS,
che insozzava e guastava sconsideratamente ogni cosa.
È con proposito che noi abbiamo omesso di dire, essendo ben noti questi significati, che ha ha è una apertura in un muro al livello del vialetto di un giardino, una bocca-di-lupo o pozzo militare destinato a far crollare i ponti in acciaio cromato, e che AA si può ancora leggere sulle medaglie coniate a Metz. Se l’asse di Faustroll avesse avuto un bompresso, ha ha avrebbe designato quella vela particolare posta sotto l’asta buttafuori.