(A fil di rete di Aldo Grasso - Corriere della Sera) Ma il reality è veramente in crisi? E quali sono le ragioni? La questione nasce dall’osservazione di due dati simbolici. Il primo riguarda «X-Factor», il talent di Raidue. L’edizione di quest’anno pare infatti progressivamente appannarsi. Le performance d’ascolto lo confermano: se la prima edizione rappresentava il lancio (11% di share medio) e le due successive il consolidamento (rispettivamente 14% e 12% di share), quella attuale si dimostra meno riuscita, con l’ultima puntata sotto il 9% e la media sotto l’11%.
Anche il «Grande Fratello» ha visto contrarre la propria platea: l’edizione attuale, pur partita piuttosto bene, si sta progressivamente «afflosciando» (nell’ultima puntata si sono persi circa un milione e mezzo di spettatori). Si tratta di un genere che tradizionalmente riesce a catalizzare pubblico giovane, e questa caratteristica si conferma: per «X-Factor» miglior share sul target 35-44 anni (oltre 17%), per «Grande Fratello» l’età si abbassa ulteriormente, con i 15-24enni a premiarlo (35% di share). Verrebbe anche da dire che, con l’offerta che si amplia sul Dtt, «tenere» certi numeri è un’impresa.
Ma c’è qualcosa di più: il successo del reality nasce dalla capacità di «far coalizzare» pubblici diversi. A seguire GF ci sono gli «appassionati » che non possono fare a meno di identificarsi, ma anche gli «ironici» che seguono quanto accade nella casa per prenderne le distanze, denunciare una debolezza, un «guilty pleasure». Così a seguire «X-Factor» ci sono i fan della dimensionereality, ma anche i «cultori del pop», cui piace un talent di qualità. Quest’anno, entrambi i programmi sembrano aver perso una delle due dimensioni, e perciò una delle motivazioni per seguirli. Vedremo se sapranno riprendersi.
In collaborazione con Massimo Scaglioni, elaborazione Geca Italia su dati Auditel
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